Come tradizione, Rockline.it vi propone una lista di quelli che riteniamo essere stati i migliori album dell'anno appena concluso.
Le nostre recensioni e la nostra playlist Spotify torneranno utili a chi vorrà saperne di più sui nostri dischi dell'anno.
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The Haxan Cloak, "Excavation"Se non siamo di fronte al miglior album mai prodotto nel genere dark ambient, poco ci manca. Excavation riesce a prendere spunti da una cronologia musicale vasta, che prende slancio dal minimalismo classico e dall'industrial vecchia scuola, dalla musique concrète a Lustmord, dalle evoluzioni autoriali del Trent Reznor di The Fragile alle malinconie del gothic rock, dal dubstep di Burial all'ambient sofisticato di Elegi e Demdike Stare, tenendone conto senza mai rivelarle del tutto, e sviluppando una formula stilistica personale in cui vengono completamente sciolte, restando presenti solo come eco, e fungendo da palco per un grande spettacolo di sonorità suggestive ed evocative. |
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Kurt Vile, "Wakin on a Pretty Daze"Wakin on a Pretty Daze presenta un passo in avanti in maturità e originalità: sembra che Vile abbia compiuto una full immersion nella discografia dei Sun Kil Moon di Mark Kozelek, ma anche nel jangle pop degli 1980s e 1990s, traendo poi una sua sintesi personale delle due influenze ed applicandovi poi i suoi modelli di riferimento classici (il cantautorato americano 1967-1975). Pur con i suoi pregi e le sue imperfezioni, Wakin on a Pretty Daze resta senza dubbio il miglior disco folk rock del 2013. |
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Low, "The Invisible Way"Se qualcuno ci chiedesse di citare un disco che all’oggi rappresenti la tradizione musicale americana nel contemporaneo, probabilmente risponderemmo con The Invisible Way, l’ultimo album dei Low. |
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The Flaming Lips, "The Terror"Il ritorno di una delle poche band capaci, in quasi trent’anni di storia, di portare avanti un discorso sempre legato alla psichedelia senza mai imbalsamarla o cristallizzarla in stilemi datati. The Terror è un album che piega le leggi dello spazio-tempo: mai un disco composto di tracce così lunghe è volato via così in fretta. |
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Boards of Canada, "Tomorrow's Harvest"Anticipato da una campagna di marketing virale, Tomorrow's Harvest si è rivelato essere un album con tutte le carte in regola per diventare un classico del duo scozzese, un'ora di elettronica raffinata e intelligente; una finestra su un mondo post-apocalittico non molto lontano dal nostro. |
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Grouper, "The Man Who Died in His Boat"Forte della release di un paio d'anni prima, il doppio A I A, che costituisce probabilmente la sua summa stilistica (oltre ad essere uno dei più rilevanti dischi del nuovo decennio), Liz Harris prosegue la propria carriera con un altro affascinante album, privo di sezione ritmica e giocato ancora su suggestioni oniriche, sonorità ricche, riverberi, melodie penetranti. |
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Murcof & Philippe Petit, "First Chapter"First Chapter è un saggio di musica da camera per manipolazioni elettroniche e droni che si dipana in tre composizioni che si pongono al crocevia tra dark ambient, kosmische Musik e musica contemporanea, tratteggiando una solenne colonna sonora per la mitologia greca e nordica. |
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Pop. 1280, "Imps of Perversion"A un solo anno dal buon debutto The Horror, i Pop. 1280 pubblicano il loro secondo full-length Imps of Perversion, un felice aggiornamento della loro formula, che adesso mostra un lato più selvaggio e feroce, già emerso nel primo EP The Grid. Imps of Perversion si rivela per certi versi ancora più riuscito di The Horror, e pone definitivamente i Pop. 1280 tra i gruppi revival meno modaioli e più interessanti di questi anni. |
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Clutch, "Earth Rocker"Passati i vent’anni d’attività non-stop, il quartetto del Maryland sembra non presentare alcun segno d’invecchiamento né voglia di riposarsi. Il decimo album in studio, Earth Rocker, è anzi un passo avanti in ferocia e tiraggio rispetto al (valido) precedente Strange Cousins from the West, del 2009. Un piccolo, grande disco di puro rock "terreno", che conferma ancora una volta la possibilità di poter guardare alla tradizione rock, blues e hard rock in maniera né nostalgica né passatista, ma invece costruendovi sopra tirando fuori una formula esplosiva, personale e moderna. |
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Ulver, "Messe I.X - VI.X"In occasione del ventennale di carriera gli Ulver sfruttano un invito della Tromsø Chamber Orchestra e si regalano il “disco con l'orchestra”, una delle poche cose che mancava alla loro discografia. Ne viene fuori un album personale e curioso, per quanto non innovativo in senso assoluto: a cavallo tra musica contemporanea, kosmische musik e manipolazioni industrial-ambient, ma comunque ammantato di quella nostalgia che è da sempre l'anima dei dischi targati Ulver. |
Come sempre, abbiamo uno spazio dedicato alle miglori produzioni di casa nostra:
di seguito i tre migliori dischi made in italy del 2013.
Bachi da Pietra, "Quintale"Quintale è il disco più duro dei Bachi Da Pietra: un compendio naturale, un'evoluzione ovvia che stabilisce senza remore quali sono le origini, le influenze e gli ascolti che il duo Dorella/Succi come un virus letale prima o poi dovevano diffondere. Ed il bubbone è qui, purulento in tutta la sua nuda e scabra bellezza. |
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Massimo Volume, "Aspettando i Barbari""Aspettando i Barbari" è di sicuro l'album più scarno dei Massimo Volume, il più introspettivo ed in ombra, si concederà meno facilmente degli altri. E' il loro album più post-rock e più lividamente new-wave, con dei suoni più che mai densi. |
Marnero, "Il Sopravvissuto"Il post-hardcore che si scrolla di dosso la noia del suo recente passato, che ignora il presente e che è incapace (come tutto e tutti) di guardare al futuro. E ritorna ad essere hardcore per l’urgenza del racconto ancor prima che per la forma, che forse hardcore neanche è. |
Quest'anno abbiamo deciso di menzionare anche un paio di debut album particolarmente interessanti.
Forest Swords, "Engravings"Dopo un paio di EP, Engravings è il debutto su full-length dell'inglese Matthew Barnes sotto il moniker Forest Swords. Il disco esce per quella Tri Angle che nello stesso anno pubblica un altro dei vertici del 2013, Excavation di The Haxan Cloak. Se le coordinate atmosferiche-ambientali dei due dischi per certi versi si avvicinano, così come la solida ed esperta spinta produttiva che si riflette nell'estrema cura sonora di entrambi, l'album di Forest Swords si distanzia tuttavia dai toni cupi e industriali di Krlic, ed esplora invece una avvolgente, onirica, impalpabile fusione di dub e beat downtempo da una parte, puro ambient atmosferico dall'altra, e forti contaminazioni che vanno da Ennio Morricone, al minimalismo di Steve Reich, alla folktronica di Four Tet, al mix ambient-classica targati Kreng, all'ondata della neo-psichedelia degli anni 2000. |
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Pharmakon, "Abandon"L'esordio su full-length del progetto Pharmakon (moniker della new yorkese Margaret Chardiet), intitolato Abandon ed edito dalla Sacred Bones, si rivela uno degli episodi più oltranzisti e annichilenti di tutto il 2013 musicale. Su un tessuto conteso tra le cacofonie power electronics di Prurient, le dissonanze del noise rock industriale degli Swans e le atmosfere purulenti e soffocanti dei Throbbing Gristle, Chardiet si improvvisa novella Diamanda Galas (più per l'interpretazione disperata che per effettive capacità tecniche) in una distruttiva e aberrante celebrazione del crollo psicologico dell'era moderna, che si conclude con la terrificante Sour Sap, una After Cease to Exist per gli anni Duemila. |
Abbiamo selezionato anche due delusioni dell'anno: l'accostamento che ci è parso più naturale è stato quello tra due "giganti" che, tornati entrambi dopo vent'anni, hanno solamente finito per gettare un'ombra negativa sul proprio mito.
My Bloody Valentine, "m b v"L'improvviso ritorno dei My Bloody Valentine, a 21 anni dall'ultimo storico album Loveless, mostra una band incapace di replicare i guizzi più creativi e le melodie indovinate che resero grande quell'album. La cosa peggiore è che il tutto viene dilatato, diluito ed esasperato con l'intento di suonare alienante e minimalista, ma finendo solo per suonare estremamente ripetitivo, monotono e alla lunga noioso e poco interessante. Pochi i guizzi melodici degni di nota, quasi impalpabili i giochi vocali che mancano del minimo spessore, quasi nessun valido contrappunto chitarristico, la costante dell'album è l'immobilismo sonoro. Una nota "positiva" è che non esistono riempitivi nell'album, ma andrebbe notato che ciò sussiste solo perché l'album stesso è di per sè un riempitivo dall'inizio alla fine... |
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Black Flag, "What The..."Forse il ritorno "classico" più tragico di tutto il 2013, What The... esce per la classica SST a diciotto anni dall'ultimo full-length dei Black Flag. Con una line-up comprendente solo Greg Ginn e Ron Reyes dei membri storici del gruppo, i Black Flag suonano più stanchi, inefficaci e meno creativi che mai. Stendendo un velo sulla prestazione vocale di Reyes (costretto in un ruolo di cantante e narratore fermo concettualmente agli anni Ottanta) e sulle composizioni (che sono, di per sé, su uno standard umano di mediocrità), è l'esecuzione di Ginn a raccomandare What The... per i futuri contest per il peggiore come-back album di sempre. Le sue velleità art-punk non sono mai sembrate così prive di direzione e di mordente come su questo disco, e il missaggio piatto e monodimensionale del lavoro gioca un ruolo chiave nel rendere i riff di Slow Your Ass Down, This Is Hell e Get Out of My Way tra i più imbarazzanti dell'anno. |
Terminiamo la nostra rassegna con le top10 personali dei nostri redattori,
da spulciare nel caso cerchiate qualche nome in più.
Matthias Stepancich
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Emanuele Pavia
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Edoardo Baldini
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Gioele Nasi
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Giulio Magliulo
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Alessandro Mattedi
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