- Caleb March (aka Chris Bug) - Voce
- Ivan Lip - Chitarra
- John Skultrane - Basso, Elettronica
- Andrew Smith - Batteria
1. Burn the Worm
2. New Electronix
3. Nature Boy
4. Bodies in the Dunes
5. Cyclotron
6. Beg Like a Human
7. Dogboy
8. West World
9. Hang'em High
10. Crime Time
The Horror
Nell'opera dei Pop. 1280, quartetto proveniente dall'underground new-yorkese, si riflettono gli stessi incubi che popolavano l'immaginario dei complessi no wave negli anni '80, come già dimostra il moniker, ripreso dall'omonimo romanzo giallo di Jim Thompson.
La band è infatti dedita già da vari anni (il primo singolo risale al 2009) a una musica efferata, dominata da distorsioni taglienti, percussioni martellanti e svariate contaminazioni elettroniche, che a seguito della pubblicazione dell'EP The Grid (rilasciato nel 2010 per la Sacred Bones Records) aveva suscitato un certo interesse in un discreto numero di ascoltatori.
A due anni di distanza, sempre sotto l'egida della Sacred Bones, i Pop. 1280 si ripresentano sulle scene con il loro primo full-length The Horror, che riprende il discorso da dove era stato interrotto su The Grid.
Ancora una volta, è proprio dalla tradizione artistica di New York che bisogna partire per poter comprendere la musica della band: i Pop. 1280 sfogano una musica violenta e psicotica, riprendendo i muri alienanti di feedback introdotti dai Velvet Undeground (adottandoli però a schemi e riff più vicini a quelli del noise degli anni '80 e '90), le percussioni ossessive a metà strada tra le pulsioni di Maureen Tucker e gli sfoghi più brutali di Roli Mosimann, l'elettronica disturbante dei Suicide e le macabre danze psychobilly dei Cramps; su questo tessuto strumentale si erge infine la voce di Chris Bug, stonata e nasale, in linea con la depravata struttura musicale.
A differenza di The Grid, però, l'enfasi non è più data solamente dall'esecuzione epilettica e dai rumorismi chitarristici, ma anche dalle strutture claustrofobiche e dal carattere psicologico dei pezzi, che pertanto risultano ora più vicini alla dark-wave (probabilmente una certa influenza deriva anche dal recente lavoro dei Soft Moon, con cui i Pop. 1280 condividono non tanto la proposta - che pure ha punti di contatto nella base ritmica di impostazione post-punk e in certi utilizzi dell'elettronica - quanto il sentimento di desolante angoscia).
I dieci brani che compongono The Horror constistono in delirii maniacali e depravati che si situano musicalmente a metà strada tra le dissonanze noise, il nichilismo no wave e la furia punk.
Quelle di Burn the Worm e New Electronix sono esecuzioni febbricitanti che sfogano il lato più rumoristico della musica del quartetto, ma il terrorismo psicologico della musica dei Pop. 1280 si sublima anche nelle costruzioni più lente di Beg Like a Human, nei cui sei minuti viene dipinto uno scenario metropolitano gotico e funereo, in un improbabile punto d'incontro tra God Machine e Swans.
Il discorso noise viene ripreso dai Pop. 1280 nei modi più disparati, ora ordinando le distorsioni della chitarra in strutture più spigolose e quasi geometriche (Nature Boy e Hang'em High), ora stabilendo un legame più vistoso con la dark-wave gotica (l'anthem oscuro e robotico di Bodies in the Dunes), ora abbandonandosi a sfoghi fulminei di pochi minuti (West World, che illude con un'apertura southern prima di tramutarsi in un'orgia feroce di rumori e percussioni), prorompendo infine nelle mirate esplosioni di fragore assordante del chorus di Crime Time.
A donare un'atmosfera ancora più angosciante a The Horror è però la componente elettronica dell'album: un pulsare subdolo e incessante, che all'occorrenza si evolve in fischi, distorsioni e rumori di vario genere, che pervade tutto il disco e costruisce, amalgamandosi ai riff di chitarra e alla base ritmica, una trama musicale oscura e profonda.
I Pop. 1280 avranno forse perso la visceralità e la grezza spontaneità di The Grid, ma la tensione sotterranea ed inquietante di The Horror non è meno terrificante delle esibizioni distruttive dell'EP precedente.