Voto:
8.5 / 10
Autore:
Carlo De Donno
Genere:
Etichetta:
Warp Records
Anno:
2013
Link correlati:
Line-Up:
Marcus Eoin – composizione, design, artwork
Mike Sandison – composizione, design, artwork
Tracklist:
1. Gemini - 2:56
2. Reach for the Dead - 4:47
3. White Cyclosa - 3:13
4. Jacquard Causeway - 6:35
5. Telepath - 1:32
6. Cold Earth - 3:42
7. Transmisiones Ferox - 2:18
8. Sick Times - 4:16
9. Collapse - 2:49
10. Palace Posy - 4:05
11. Split Your Infinities - 4:28
12. Uritual- 1:59
13. Nothing is Real - 3:52
14. Sundown - 2:16
15. New Seeds- 5:39
16. Come to Dust- 4:07
17. Semena Mertvykh- 3:30
Boards of Canada
Tomorrow's Harvest
È il Record Store Day 2013, in un negozio di dischi di New York appare un enigmatico singolo 12'' intitolato ------ / ------ / ------ / XXXXXX / ------ / ------: è l'inizio della campagna di marketing virale per l'uscita del nuovo album dei Boards of Canada. I giganti dell'elettronica e dell'IDM tornano dopo sette anni dall'uscita, nel 2006, del loro ultimo EP Trans Canada Highway.
Tomorrow's Harvest viene rilasciato il 5 giugno 2013; segue l'ultimo album dei BoC, The Campfire Headphase, che deluse amaramente la critica nel 2005, dimostrandosi un album poco solido e, a tratti, noioso. Dopo anni di lavoro, la cui fase più importante è stata, come spiega Marcus Eoin, legare tutte le idee, le melodie, e le creazioni in un corpo unico, Tomorrow's Harvest si presenta all'ascoltatore come un album che ha tutte le carte in regola per diventare un classico della musica elettronica.
I fratelli scozzesi hanno in molte occasioni rivelato di essersi ispirati in gran parte ai maggiori compositori di colonne sonore degli anni '70. Mike Sandison cita in particolare Carpenter, Frizzi, Harrison e Isham.
E le influenze si percepiscono sin dai primi secondi: Gemini è una traccia che potrebbe essere benissimo la colonna sonora di un film sci-fi. Oscura, misteriosa e tesa, si apre con una amichevole fanfara, come per rassicurare l'ascoltatore del fatto che i prossimi, intensi e pesanti 62 minuti saranno solo un'esperienza indotta.
Segue Reach for the Dead, singolo di lancio dell'album. Questa si apre con un imponente tappeto ambient cadenzato da sicuri colpi di grancassa, fino all'esplosione della trascinante e inedita melodia del synth, intrecciata strettamente con le percussioni, per poi chiudersi nuovamente con un ambient etereo che dipinge un tocco di speranza nel “soundscape” decisamente post-apocalittico delle prime due tracce e, come vedremo, dell'album intero.
White Cyclosa può essere considerato un interludio, un break notturno, piacevole e necessario per introdurre quello che è la composizione più lunga e più complessa dell'album: Jacquard Causeway. Questa si sviluppa, su un tempo 3/2, in un electro-valzer di loop continui, ognuno leggermente diverso dall'altro, dove le melodie mutano aumentando la tensione espressa dal brano, percepita anche grazie alla particolare scansione ritmica. La drammaticità del pezzo raggiunge livelli critici a metà traccia, con melodie che potrebbero far pensare all'urlo disperato di un uomo sull'orlo del baratro, quando, improvvisamente, dal nulla emergono suoni di speranza che cambiano drasticamente il mood della composizione, la quale si chiude con uno degli episodi più ottimisti dell'album.
Un altro interludio affascinante viene posto necessariamente come chill-out: Telepath richiama le sequenze numeriche di Gyroscope in un sound molto più disteso, onirico e fuori dal tempo.
Ma è pronta ad esplodere Cold Earth, tra gli episodi migliori di Tomorrow's Harvest, un brano coinvolgente e trainato dal ritmo serrato delle percussioni. Insieme a Reach for the Dead è il pezzo più orecchiabile e accessibile dell'album; un album che se si chiudesse qui meriterebbe il voto pieno.
Uso il condizionale, perché dopo questa prima parte intensa e irresistibile, i BoC si impantanano. Nella restante parte dell'album sono poche le tracce che reggono il confronto con le prime sei. Transmisiones Ferox, Sick Times e Collapse annoiano, bisogna aspettare Palace Posy, con il suo ritmo inedito e i synth imponenti affinché si risvegli un po' l'atmosfera di Tomorrow's Harvest. La seguente Split Your Infinities risulta troppo evanescente e suona come un interludio lievitato. Uritual, d'altro canto, è un altro intermezzo ben fatto e intrigante, che apre per Nothing is Real, la quale, a dispetto del titolo, è una nostalgica ballata elettronica dal sound ottimista.
La parte finale dell'album, seppur non ai livelli di quella iniziale, è comunque elettronica di altissimo livello. Sundown è un intermedio ambient dalle tonalità cupe, precede New Seeds, brano in cui il duo scozzese mette da parte il downtempo dominante in tutto il full-length, e che risulta coinvolgente già dal primo ascolto. Non sarà un “instant classic”, ma si mantiene nella media.
Tomorrow's Harvest si avvicina alla chiusura con Come to Dust, definita da Sandison un reprise di Reach for the Dead, altra traccia interessante in cui i synth disegnano belle melodie in un atmosfera che sembra segnare un nuovo inizio, la rinascita dopo la caduta. Ottimismo che però viene travolto dall'ultimo pezzo dell'album, Semena Mertvykh, alla lettera “I semi dei defunti”, in cui il duo si ispira deliberatamente ai lavori di Isham. Tomorrow's Harvest si chiude quindi con la composizione più cupa, triste e pessimista, imprimendo nella mente dell'ascoltatore uno scorcio di quelle che potrebbero essere le rovine di una civiltà distrutta da un'apocalisse.
Le prime volte che ascoltai i Boards of Canada, mi auto-imposi una regola ben precisa: non giudicare un loro pezzo prima di averlo ascoltato almeno una decine di volte. Le loro composizione sono spesso complesse e hanno bisogno di tempo per essere capite a apprezzate a pieno. Quest'album, tuttavia, smentisce questa mia regola: le tracce sono molto più immediate e orecchiabili. Tomorrow's Harvest ha tutte le carte in regale per diventare un classico del duo scozzese, un'ora di elettronica raffinata e intelligente; una finestra su un mondo post-apocalittico non molto lontano dal nostro da un punto di vista temporale. Di sicuro non musica per tutte le orecchie, ma, alla fine, meglio così.