- Steven Wilson - Voce, Chitarra elettrica, Pianoforte, Basso, Tastiere, Harmonium, Percussioni
- Jordan Rudess - Pianoforte
- Steve Hackett - Chitarra elettrica
- Mike Outram - Chitarra elettrica
- Sand Snowman - Chitarra acustica
- Tony Levin - Basso, Stick
- Nick Beggs - Basso, Stick
- Trey Gunn - Basso
- Markus Reuter - U8 Touch Guitar
- Nic France - Batteria
- Pat Mastelotto - Batteria
- Trey Gunn - Warr Guitar
- Theo Travis - Sassofono soprano, Clarinetto, Flauto
- Ben Castle - Clarinetto
- London Session Orchestra - Archi
- Dave Stewart - Archi
Disc 1: Deform to Form a Star
1. Grace for Drowning
2. Sectarian
3. Deform to Form a Star
4. No Part of Me
5. Postcard
6. Raider Prelude
7. Remainder the Black Dog
Disc 2: Like Dust I Have Cleared from My Eye
1. Belle de Jour
2. Index
3. Track One
4. Raider II
5. Like Dust I Have Cleared from My Eye
Grace for Drowning
Apprezzato dagli amanti della musica pschedelica all'epoca degli esordi dei suoi Porcupine Tree, acclamata star del firmamento neoprogressive poi con gli ultimi risvolti della sua carriera (che oltre ai Porcupine Tree conta ora una svariata serie di side-project rivolti alle più disparate tendenze rock), Steven Wilson è attualmente uno dei volti più riconosciuti nell'ambito rock inglese, anche per via delle sue recenti occupazioni come produttore di importanti act metal (Opeth e Anathema su tutti) e del suo ultimo progetto di remixaggio della discografia storica dei King Crimson.
Tra i suoi vari progetti Wilson non si era fatto mancare nemmeno una carriera solista, esordendo nel 2008 con la psichedelia d'ambiente di Insurgentes. Così, a tre anni dalla pubblicazione di quell'album, Wilson ritorna sulle scene il 25 settembre 2011, con Grace for Drowning, che recide molti dei collegamenti con la musica di Insurgentes preferendo approfondire la lunga tradizione progressive rock e jazz-rock istituitasi in Inghilterra (e non solo) tra la fine degli anni '60 ad oggi, in quasi ogni sua minima sfaccettatura.
L'album è stato subito accolto con grande entusiasmo tra gli amanti del progressive rock settantiano, anche se in realtà Grace for Drowning è ben lontano dall'essere un capolavoro (o anche solo un buon disco): in questo lavoro, non a caso concepito durante l'operazione di remixaggio dell'opera dei King Crimson, Wilson non fa altro che convogliare tutta la sua passione per la musica progressive rock, inserendo in modo decisamente citazionista riferimenti ai grandi esponenti del rock inglese degli anni '60 e '70, in un enciclopedico quanto poco personale tributo ai propri beniamini musicali.
Per questo, per quanto formalmente ben costruito e strutturato nelle sue varie componenti, Grace for Drowning non è altro che un retaggio di arrangiamenti magniloquenti di archi e tastiere, basi ritmiche jazz e manieristiche sonorità oniriche ripescate pedissequamente da King Crimson, Van Der Graaf Generator, Yes e Henry Cow, rilette saltuariamente con un occhio più moderno (ovvero attraverso la lente del progressive metal dei Dream Theater o attraverso l'art rock kitsch dei Muse), senza mai raggiungere un livello di sincerità o personalità tale da rendere appetibile il disco se non agli amanti irriducibili del rock inglese anni '70.
Le due metà di Grace for Drowning sono pensate come due album indipendenti l'uno dall'altro - secondo quanto ammesso dallo stesso Wilson -, tant'è che entrambe sono dotate di un proprio titolo autonomo (Deform to Form a Star e Like Dust I Have Cleared From My Eye rispettivamente), ma la proposta che riservano è più o meno la stessa, con semplici variazioni di referenti stilistici da un pezzo all'altro: i brani si limitano a sfilare con una serie di clichè ben eseguiti tecnicamente (anche grazie a una serie di sessionmen di prima scelta arruolati da varie formazioni progressive rock/metal, quali Steve Hackett, Pat Mastelotto, Tony Levin, Jordan Rudess, Theo Travis e Dave Stewart), che mostrano però implacabilmente una grande carenza di contenuti, poiché troppo improntati all'emulazione pedissequa delle influenze di Wilson. Nei momenti più dinamici (Sectarian, Remainder the Black Dog) Grace for Drowning si muove così tra dinamiche geometriche jazz-rock (ereditate dalle cervellotiche costruzioni di King Crimson e Henry Cow), sontuosi tappeti di mellotron, barocchi contrappunti vocali e opulenti arrangiamenti di archi, intervallati da assoli di chitarra rubati al progressive metal dei più recenti Porcupine Tree e da fraseggi di sax che strizzano l'occhio ora ai King Crimson (nei momenti più caotici) ora ai Van Der Graaf Generator (nei momenti più decadenti); d'altra parte, Wilson non rinuncia nemmeno a momenti più dolci e più vicini alle ballate del progressive rock tradizionale (Deform to Form a Star), a intermezzi acustici dal sapore nordico e opethiano (Belle de Jour, Track One), né a tappeti dal sapore trip-hop (No Part of Me, Index), sempre coronati dal gusto massimalista e citazionista degli arrangiamenti strumentali di Wilson. Il disco non lesina nemmeno pezzi pop più catchy (Postcard, in cui il britpop contemporaneo incontra gli arrangiamenti eccentrici del pop dei Moody Blues, o la ballata beatlesiana Like Dust I Have Cleared From My Eye) e una sterminata suite di ventitrè minuti (Raider II), che racchiude tutte le diverse sonorità e atmosfere del disco, dal jazz-rock raffinato e cristallino di Hatfield & the North e National Health a quello romantico dei King Crimson, passando per lo spigoloso rock sperimentale degli Henry Cow, condito di volta in volta con flauti à la Jethro Tull, delicate note di pianoforte di ispirazione wakemaniana o distorti riff hard/progressive tipicamente alla Rush.
Concludendo l'ascolto degli oltre ottanta minuti di musica racchiusi in Grace for Drowning, è difficile non mettere in dubbio la sincerità dell'operazione di Steven Wilson: per tutta la sua durata, il disco non fa che mostrare una parata di formalità che non è altro che un tributo al rock inglese degli anni '60 e '70 - ovvero il rock più raffinato, certosino e forzatamente intellettuale di sempre -, presentando ancor meno sostanza degli esponenti che già quarant'anni prima ne celavano maldestramente la mancanza dietro tecnicismi di facile presa sul pubblico. Ciò non mette in dubbio la professionalità delle composizioni, che rimangono l'opera di uno dei più esperti musicisti in ambito progressive di questi anni, come dimostra la precisione e la varietà dei referenti di stili e sonorità che Wilson adotta in questo lavoro.
Gli appassionati di musica progressive difficilmente non lo ameranno, mentre gli altri non potranno che risentire del passatismo che permea tutto Grace for Drowning.