- Troy Sanders - Basso, voce
- Brent Hinds - Chitarra, voce
- Bill Kelliher - Chitarra, voce
- Brann Dailor - Batteria, voce
1. Oblivion
2. Divinations
3. Quintessence
4. The Czar
5. Ghost of Karelia
6. Crack the Skye
7. The Last Baron
Crack the Skye
Pochi gruppi negli ultimi anni hanno saputo ritagliarsi un ruolo così importante nella scena rock moderna come i Mastodon. E ancor meno gruppi sono riusciti a far seguire al clamore da loro suscitato delle prove capaci di lasciare a bocca aperta la maggior parte degli ascoltatori e della critica.
Ebbene, i quattro di Atlanta questa volta sono davvero andati vicino al colpaccio, perchè hanno dato alla luce una sorta di piccolo capolavoro, un gioiellino di progressive, sludge, hard, 'core, metal e chi più ne ha più ne metta letteralmente sbalorditivo. Un prodotto maiuscolo, di livello clamorosamente superiore a buona parte di quello ascoltato negli ultimi tempi. Un lavoro semplicemente incredibile per due semplici motivi: non presenta un singolo momento di debolezza per l'intera durata del disco ed è costruito con un songwriting compatto ed unito che ha quasi del maniacale.
Il gruppo, come confermato in diverse occasioni, vuole omaggiare il progressive settantiano e le sonorità a volte psichedeliche tipiche di quel periodo, seguendo una strada percorsa da molti (non ultimi i Mars Volta). Ma sarebbe estremamente riduttivo bollare Crack The Skye come un album revisionista: il sound sviluppato dai Mastodon supera ed ingloba allo stesso tempo il prog più classico e tecnico di band come i King Crimson per lanciarlo nel terzo millennio, in un dimensione metal strisciante ed epica, intima e multi-esperienziale, toccando punti di pura extra-dimensionalità che non fanno rimpiangere addirittura i Pink Floyd.
Richiami al passato che si fondono in un presente delineato per raggiungere un stile futuristico nel tentativo di "aprire una breccia nel cielo" della percezione, andare al di là della materialità di un momento e bucare la sottile parete dell'esistenza. Un viaggio che approda circolarmente in strati sempre più profondi della coscienza umana.
I Mastodon elevano all'ennesima potenza le caratteristiche che li hanno incoronati come tra i più talentuosi artisti rock degli ultimi anni: batteria a lunghi tratti quasi jazzistica, ma al contempo potente e profonda; un basso rotondo ed avvolgente; riff strutturalmente corposi ed un duettare di voci rabbiose e disperate. A questo si aggiunge un'indole melodica a cui è stato dato pieno spazio, con una prelidizione per le soluzioni arabeggianti.
Veramente troppo difficile stilare una classifica delle singole tracce: la loro composizione presuppone un ascolto continuo, in grado di far fluire la musica nella mente di chi si approccia al disco. Sicuramente vi sono due momenti centrali da sottolineare: The Czar, una sorta di piccola suite divisa in quattro movimenti come nella tipica tradizione del progressive più settantiano in cui si alternano momenti più introspettivi ad altri più grintosi per dar vita ad un riffing complesso e ricco, e The Last Baron, lunghissima canzone conclusiva che nei suoi tredici minuti di durata mette in spledida mostra tutti gli elementi tipici del sound dei nostri, in un'abbuffata di groove e melodia praticamente perfetta. Ma non si possono dimenticare tutti gli altri momenti positivi, dall'opener Oblivion che ci getta subito in una dimensione sonora diversa, multiforme e liquida, passando per Divination, che quasi con un balzo indietro ci riporta ai tempi accattivanti e mordenti di Leviathan, e via di seguito Quintessence, Crack The Skye (dove si nota la presenza come ospite di Scott Kelly dei Neurosis) e Ghost Of Karelia: non una virgola fuori posto, un'esperienza musicale profonda ed piena.
Se questo non è un capolavoro, poco ci manca. I Mastodon non sbagliano un colpo e anzi superano ogni volta se stessi quasi come se prendessero acqua da un pozzo di creatività senza fondo. La capacità di fondere diverse anime a questo livello, tanto da far sembrare certe soluzioni teoricamente distanti come complementari, dimostra il talento assoluto di questi quattro musicisti incredibili. Un disco imperdibile a cui probabilmente la storia assegnerà un voto ancora più alto.