Il pop scandinavo ha da sempre avuto un ingrediente segreto che gli conferisce una grandezza e un'aura sublime, elevata, difficile da spiegare a parole, un ingrediente riconoscibile all'orecchio di molti, ma stranamente indecifrabile dagli artisti al di fuori della Scandinavia. Da sempre ha avuto una propria identità definita e da sempre è cresciuto e cresce mediante attrazioni magnetiche, dovute probabilmente all'instacabilità di quel freddo polare o all'isolamento forzato dei periodi invernali. Questo è ormai un fatto assodato e non smetteremo di ripeterlo. Alcuni degli esempi più marcati per quanto riguarda lo scorso anno e nel panorama svedese in particolare - giusto per citarne qualcuno - sono stati, tra i tanti, il ritorno degli Acid House Kings, i glitterati Sound of Arrows di Pet Shop Boysiana memoria, la riconferma della cantautrice scandinava di punta Lykke Li (attenzione che quest'anno il tuo posto potrebbe essere messo a dura prova) o l'esordio di Tobias Isaksson sotto il moniker Azure Blue.
Ma il nuovo anno, oltre a nuovi umori, porta anche nuove esperienze, e mentre gennaio lo passiamo tra hammond, pedal steel e chorus delle sorelle Klara e Johanna Söderberg, aka First Aid Kit, febbraio, non da meno, decide di non partire in sordina con il ritorno del pop etereo e scintillante dei finnici Burning Hearts, autori nel 2009 di quell'intrigante e primaverile Alboa Sleeping. Il duo, composto da Jessica Rapo, già vocalist di Le Futur Pompiste, ed Henry Ojala, batterista dei Cats on Fire e bassista dei Magenta Skycode, ci propone qua il loro secondo LP Extinctions, tra balli di atmosfere fredde ed umorali, in un percorso verso un'idea personale di pop-song che allo stesso tempo ricordi modelli più o meno nobili, aggiungendo in ultimo quel pizzico di distensione lontana e distaccata. Molte delle storie dell'album sono infatti tragiche e dedicate a persone e creature che non esistono più. Creature estinte, staccate da una vita terrena che più non gli appartiene e passate a semplice memoria. Questo scenario dissertivo, se vogliamo, potrebbe sembrare un po' inquietante, un po' apocalittico, insistendo su toni quasi macabri nelle proprie percezioni depressive, ma va detto che la maggior parte delle canzoni suonano sempre speranzose nelle loro armonie, con occhi sempre aperti e veleggiante al futuro, ne è un esempio lampante Modern Times.
Il titolo e la copertina, riassumono in fatti le prime righe del brano di apertura:
On The Last Day Of The Decade spiana la strada agli argomenti malinconici a seguire. La spaziosa e unicamente calda voce della Rapo si adatta perfettamente al fianco della cauta e lussureggiante strumentazione di Ojala, ed ogni traccia è segnata da strutture pop deliberatamente elaborate con cura in cui l'attenzione al dettaglio è sempre presente, ma mai invadente. L'enfasi del suono dei Burning Hearts - in antitesi con gli altri gruppi del duo - è spostato e incentrato sull'atmosfera; quell'atmosfera nordica e un po' asettica che conferisce il gelo necessario a trasfigurare i suoni in immagini. La desolazione circolare di
Into The Wilderness, singolo che anticipò l'EP del 2011 in cui la ritroviamo insieme a
Burn Burn Burn, ne è un incalzante esempio:
"Into the wilderness, away from the loneliness...". I riferimenti sono abbastanza limpidi, vi è infatti una forte complicità nel ripescaggio dagli
Stereolab o dagli epigoni degli svedesi
Sambassadeur, sia nell'uso intelligente dei suoni sintetici mischiati a blandi microsuoni, sia nell'armoniosa voce femminile. Gli arrangiamenti sono abbastanza naturali e creano una sensazione di spazio aperto, in cui ci si muove liberamente tra distese dinamiche di
The Swallows, le cui carezze melodiche sono alternate da sferzate ritmiche, i repentini cambi di ritmo del secondo singolo (
Burn Burn Burn) con cui il pezzo accelera, rallenta ed accelera di nuovo nel suo refrain Looperiano o nei leggeri ed eleganti downtempo di
Trade Winds. L'elettro-acustiche
The Beast e la conclusiva
Deep Waters, dai tratti più classicamente indie pop, deviano una dimensione aggiuntiva che apre le tende della nostra cameretta, abbracciando e percependo in ultimo sospiri e brezze polari estinte ma facenti sempre parte di noi, e riuscendo ad offrire anche accenni di qualche inaspettata irregolarità.
Canzoni di grande immediatezza e forza comunicativa, da veri maestri di un modo di costruire quel pop sospeso tra nostalgia, modernariato e amore spontaneo e universale per la melodia pura, semplice e brillante. Davanti a questa apparente e falsa mestizia non possiamo fare altro che rimanerne attoniti e abbandonarci per l'ennesima volta in queste eteree e sublimi alchimie nordiche, aspettando e provando ad immaginare quale possa essere la prossima aurora.