- Denis Bélanger (Snake) – Voce
- Daniel Mongrain (Chewy) – Chitarra
- Jean-Yves Thériault (Blacky) – Basso
- Michel Langevin (Away) – Batteria
1. Target Earth
2. Kluskap O'Kom
3. Empathy for the Enemy
4. Mechanical Mind
5. Warchaic
6. Resistance
7. Kaleidos
8. Corps Étranger
9. Artefact
10. Defiance
Target Earth
In ambito metal, il nuovo lavoro dei Voivod rappresenta uno dei dischi più chiacchierati di tutto il 2013.
Fin dal 2010, quando il batterista storico della band, Michel "Away" Langevin, aveva dichiarato che la storica formazione thrash era impegnata nella scrittura di nuovo materiale (seppur solo nell'estate 2012 le varie voci di corridoio si siano concretizzate definitivamente nell'annuncio di un imminente nuovo full-length firmato Voivod), il pubblico metal si era immediatamente (per quanto comprensibilmente) scagliato contro l'operazione. Con la morte di Denis "Piggy" D'Amour nel 2005, il gruppo ha perso uno dei massimi talenti della storia del genere, nonché il più genuino genio dietro le partiture cibernetiche che hanno reso i Voivod leggendari, e mentre i due dischi immediatamente successivi alla tragedia (vale a dire i non esaltanti Katorz del 2006 e Infini del 2009) sfoderavano ancora costruzioni e composizioni partorite dalla sua mente, un nuovo album del gruppo avrebbe significato il primo lavoro in trent'anni di carriera della band senza la presenza del suo indiscusso mastermind.
Quando infine il 22 gennaio 2013 la Century Media ha pubblicato il full-length (intitolato Target Earth), si è rivelato compiuto il miracolo.
La nuova line-up - che non comprende solo il nuovo Daniel "Chewy" Mongrain (già leader dei Martyr) come chitarrista, ma soprattutto il ritrovato Jean-Yves "Blacky" Thériault, bassista storico dei Voivod che aveva abbandonato la band nel 2002 per essere sostituito dall'ex-Metallica Jason Newsted - non solo è riuscita a sfoggiare un'efficace prova esecutiva riuscendo a evitare tanto facili autocitazionismi quanto la banalizzazione della musica cervellotica per cui i Voivod si sono sempre contraddistinti, ma nelle dieci tracce di Target Earth dà anche prova di aver trovato un'insperata affinità creativa, superando qualitativamente i suoi mediocri predecessori.
I pezzi di questo Target Earth si riallacciano stilisticamente non tanto agli ultimi full-length Katorz e Infini quanto al periodo maggiore della carriera del gruppo, quello in cui i Voivod si evolsero da band speed/thrash dalle tematiche belligeranti a sofisticata e futurista progressive/thrash band sul finire degli anni Ottanta. In effetti, la maggior parte delle composizioni dell'album potrebbero essere state concepite nel periodo di transizione tra Killing Technology e Dimension Hatröss: la componente thrash è ben radicata nel sound di questi Voivod, come dimostrato dai riff duri e rocciosi di chitarra così come dalle accelerazioni tipicamente speed metal (ricordando, in certi momenti, anche i Mekong Delta di inizio anni Novanta), ma su queste partiture si riversano dissonanze e armonie inusuali di chitarra (con un Mongrain degno erede del D'Amour più cervellotico dei tempi d'oro), oltre a liquidi arrangiamenti fantascientifici e vagamente psichedelici, secondo la migliore tradizione dei Voivod più progressivi.
Alla luce di queste considerazioni si potrebbe bollare Target Earth come un'operazione piuttosto anacronistica e, in effetti, questo nuovo album non aggiunge granché alla discografia essenziale dei Voivod.
Eppure, è difficile non rimanere impressionati dalla efficace prova del quartetto, estremamente competente a livello tecnico e, per quanto sicuramente con l'occhio rivolto al periodo anni Ottanta del gruppo, ribollente di idee da far impallidire tutti i nuovi gruppetti della scena revival thrash che pure ai Voivod devono molto, i sopravvalutatissimi Vektor in testa.
Complice anche un talento melodico invidiabile, che riesce a calare in queste strutture cervellotiche momenti più orecchiabili (merito soprattutto delle prove vocali di Denis "Snake" Bélanger, che con il suo timbro androide riesce a donare un indiscutibile appeal ai vari pezzi dell'album), i brani di Target Earth risultano almeno godibili anche nei momenti meno incisivi, che solitamente coincidono proprio con i momenti in cui a dominare sulla musica dei Voivod è il mestiere.
È ciò che accade per esempio nella title-track, che apre il lavoro con la solita commistione di speed metal propellente (dovuto in particolar modo al basso di Blacky, pivot ritmico del sound dei Voivod per tutto l'album, che talvolta deve sopperire pure alla mancanza di consistenza della batteria di Away, troppo spesso messa in secondo piano dalla produzione dell'album) su cui Chewy ricama fraseggi chitarristici spaziali e progressivi, in uno stile che, per quanto improntato al tributo alla peculiare tecnica di Piggy, si rivela fin da subito più tecnico nella fase solistica, più tipicamente metal nel riffing, ma meno alieno nelle atmosfere rispetto al suo illustre predecessore.
La successiva Kluskap O'Kom procede quindi in un esercizio stilistico sulla scia del pezzo precedente, prima di arrivare all'inusuale Empathy for the Enemy (aperta da un'interessante overture folkloristica orientaleggiante cui segue un pezzo progressive metal molto più disteso e onirico) e quindi ai primi vertici di Mechanical Mind, in cui i Voivod si cimentano in una prova d'eccezione, a partire dall'introduzione cibernetica fino ad arrivare al climax nella seconda metà del brano che concilia le disarmonie liquide della chitarra di Chewy con le possenti strutture thrash della base ritmica, e di Warchaic, che si mostra meno legata al thrash metal preferendo invece un approccio progressive metal più dissonante e geometrico.
In Resistance emergono perfino riferimenti al metal dei Neurosis e dei Mastodon, nell'impatto monolitico e nel riffing rispettivamente, mentre Kaleidos si cimenta in un prog/thrash più disarmonico e sghembo (con tanto di citazione alle ripartenze epilettiche del classico Inner Combustion da Nothingface) ma al contempo meno notevole rispetto ai brani immediatamente precedenti; si rivelano migliori invece la più violenta Corps Etranger, che si distingue più che per meriti musicali per un utilizzo esotico e inaspettatamente ammaliante della lingua francese nel brano, e soprattutto Artefact, terzo apice del full-length che ritorna agli episodi più sperimentali di Dimension Hatröss.
Defiance chiude quindi il disco con un inquietante minuto e mezzo di metal spaziale e dissonante, quasi lasciando l'amaro in bocca per come, in pochissimo tempo, questo pezzo riesca a sfoggiare una classe ben superiore a quella mostrata da episodi più sottotono del full-length di oltre cinque o sei minuti.
Quello che infatti rappresenta il maggior difetto di Target Earth non è tanto l'eccessiva influenza del periodo anni Ottanta della band che permea tutto il lavoro, ma l'eccessivo minutaggio che sacrifica molte delle buone idee in formati troppo diluiti, che finiscono per rendere stucchevoli alcuni pezzi del disco (come ad esempio avviene in Target Earth o Resistance). Ma ciononostante, questo album rimane un felicissimo aggiornamento delle sonorità dei classici Voivod suonato con le tecnologie e l'esperienza del nuovo millennio, e già questo rappresenta una gradita sorpresa, per un gruppo con oltre trent'anni di carriera alle spalle.