- Stephen Richards - voce, chitarra
- Mike DeWolf - chitarra
- Phil Lipscomb - basso
- Jarrod Montague - batteria
1. Mine (03:49)
2. Poem (03:09)
3. Everything (03:26)
4. Art (04:42)
5. Myself (03:47)
6. When (04:04)
7. Fault (03:19)
8. Sumtimes (04:29)
9. Breathe (04:17)
10. Like (04:38)
11. Dreams (03:43)
12. Time (03:20)
Welcome
Dopo Gift, esordio decisamente mediocre seppur con un paio di pezzi degni di nota, i Taproot pubblicano Welcome nel 2002.
Album di successo e di consacrazione per la band, Welcome è molto probabilmente l'ultimo album classificabile come "nu-metal" degno di nota, assieme all'omonimo dei Passenger (uscito nel 2003). Dopo il 2003, difatti, i gruppi etichettabili "nu-metal" non proporranno più nulla di particolarmente positivo, mentre le band valide abbandoneranno tutti i maggiori stilemi del genere.
Una produzione senza dubbio più curata accompagna una sufficiente maturazione, sia a livello compositivo sia a livello culturale: se Poem è il classico singolo pop-metal di lancio, che comunque stavolta trasmette una personalità reale e non delle idee scimmiottate da altre band (anche se vi è presente un po' di alone derivante dai Disturbed), l'opener Mine dà invece l'impressione che Stephen e soci abbiano ascoltato e assimilato Undertow dei Tool, e l'ottima Art colpisce notevolmente non solo per le delicate melodie ma specialmente per l'inserimento di una sezione d'archi.
Everything, When, Breathe, Like e Dreams si fanno tutte notare positivamente, mescolando in maniera eccellente (e non scontata o trendy) al nu-metal forti influenze post-hardcore ed emo-core.
Troppe influenze dei Disturbed sono invece presenti su Myself e Fault, che peccano di poca creatività.
Sumtimes invece ricalca un po' troppo i Deftones più hardcore, ma le sue chitarre convincono, specie per come fanno terminare il brano, e la finale Time stupisce per le sue soluzioni schizofreniche.
Sicuramente un album compatto, omogeneo, e rappresentante un passo in avanti nella capacità compositiva del quartetto, che a quanto pare trova finalmente una propria stabilità, ed in special modo è Stephen a crescere maggiormente, soprattutto nelle proprie intuizioni vocali per i controcanti.
I singoli Poem e Mine mandano in pezzi le chart americane (specie il primo), e trainano l'album verso il traguardo del mezzo milione di copie; ciononostante, la Atlantic si comporterà nuovamente in modo poco corretto con il gruppo, rifiutando di far girare alla band un video anche per Art (che lo avrebbe certamente meritato).