- Dan Swanö - tutti gli strumenti
1. Sun of the Night (05:14)
2. Patchworks (04:59)
3. Uncreation (05:40)
4. Add Reality (06:17)
5. Creating Illusions (04:13)
6. The Big Sleep (05:17)
7. Encounterparts (06:06)
8. In Empty Phrases (05:58)
Moontower
Siamo nel 1998, e Dan Swanö produce finalmente la sua prima fatica personale: Moontower. Questo è un anno segnato da cambiamenti, innovazioni e anche abbandoni, come quello del genio di Orebro dalla band da lui stesso creata e portata avanti, gli Edge Of Sanity. Una dipartita che ha lasciato una lacuna incolmabile per il gruppo svedese che però, in qualche modo, ha contribuito nell’esaltare la vena solista di un compositore che con questa uscita ha definitivamente messo tutti a tacere. Moontower, tanto per mettere le cose in chiaro, non è album semplice: non perchè dominato da virtuosismi o barocchismi vari, ma perchè ci presenta un Dan Swano mai visto prima, un Dan Swano lontano anni luce dal suo periodo d'oro nel death, un Dan Swano che riabbraccia prepotentemente il suo amore per il prog retrò e lo miscela col suo inossidabile genio metal, dando vita ad un album unico nelle intenzioni e nei risultati (fatto sta che in molti, nella fattispecie i fan più intransigenti ed estremi degli EoS, non hanno buttato giù questo disco).
Sun Of The Night apre le danze del disco e lo fa nella maniera migliore: tastiera spaziale, chitarre rocciose, melodie gelide e un growl devastante sono l'esoscheletro di questo capolavoro prog-death di pregevole fattura, strabiliante anche per il pizzico di follia tramite cui Swano abbina gli effetti tastieristici (maledetti retrò) alle rombanti masse chitarristiche.
Patchwork non è da meno e, seppur sciogliendosi lungo binari melodici più aperti dell'opener (lo splendido ritornello, tra i momenti migliori dell'album), ripercorre con la stessa efficacia i suoi abbinamenti strumentali, con quei pattern di tastiera che esplodono, si dimenano sovrastando addirittura le chitarre e dando a Moontower un tocco sfacciatamente neoprog (a tratti sembra davvero di ascoltare i Marillion armati di growl e distorsioni), come dimostrato anche dalla più sdolcinata Uncreation (quasi un tributo ad uno dei primi progetti di Swano, gli Unicorn)
Add Reality, poi, è la ciliegina sulla torta che fa letteralmente impennare il disco e riempie la sua atmosfera di patine ora malinconiche ora più amare ma, come sempre, incisive e melodicamente impeccabili. E se gli occhi non si sono ancora sgranati (il cuore, suppongo, a questo punto è già bello che ipntoizzato) ecco che Creating Illusions irrompe con tutto il suo geniale armamentario di follie sintetiche e riffing da puro headbanging heavy metal, spianando perfettamente la strada al lato più ombroso del disco; dimensione che la banale The Big Sleep (come del resto la conclusiva, scontata e ripetitiva In Empty Phrases) non approfondisce positivamente e che sta alla geniale Encounterparts raccogliere ed ampliare a dismisura (e il brano si rivela più azzeccato che mai per questo compito, tanto da confermarsi come tra i punti più alti, visionari e contorti dell'album).
Moontower è l'occhio di Swano che si apre e che assorbe e assembla tutte le sue influenze maggiori, dando vita ad un album estremamente insolito ma altrettanto geniale, fatto di melodie provenienti da galassie lontante, accostamenti stilistici azzardati ma resi con maestria assoluta, arrangiamenti istrionici ma perfettamente funzionali alla buona riuscita del disco. Come lo stesso Dan Swano ci ha confidato durante una piacevole intervista: "ho voluto fare un album Death Metal come se fosse stato suonato nel 1972" e, a ben pensarci, la grandezza di Moontower risiede proprio in questo esperimento che per Swano è stato anche un pò gioco e per noi una sensazionale magia.