- Derek Sherinian - tastiera
- John Petrucci - chitarra
- Zakk Wylde - voce
- Yngwie Malmsteen - chitarra
- Simon Phillips - batteria
- Tony Franklin - basso
- Brad Gillis - chitarra
- Brian Tichy - batteria
Guests:
- Billy Idol - voce
- Slash - chitarra
1. Czar of Steel (06:01)
2. Man With No Name (06:55)
3. Phantom Shuffle (04:21)
4. Been Here Before (04:30)
5. Blood of the Snake (06:09)
6. On the Moon (04:34)
7. The Monsoon (06:08)
8. Prelude to Battle (02:55)
9. Viking Massacre (04:58)
10. In The Summertime (03:51)
Blood Of The Snake
Dopo la dipartita con i Dream Theater, il talentuoso tastierista Derek Sherinian aveva intrapreso dal 1999 la carriera solista, sotto il suo stesso nome o sotto altri pseudonimi (come Platypus, Planet X, ecc.), dedicandosi completamente alla stesura di brani strumentali, capaci di esaltare le sue elevate doti tecniche alle tastiere.
Nel caso di Blood Of The Snake, Derek ha cercato di andare ben oltre i precedenti Inertia (2001), Black Utopia (2003) e Mythology (2004), tutti pubblicati dalla tedesca Inside Out, includendo all’interno della line-up del disco personaggi di grande spessore tecnico e stilistico, quali John Petrucci (Dream Theater), Slash (Guns'n'Roses), Yngwie Malmsteen e Brad Gillis (Night Rager) alle chitarre, supportati tutti da un tessuto ritmico d’eccezione, formato da Tony Franklin al basso e da Simon Philips (Toto) e Brian Tichy (Pride And Glory, Ozzy Osbourne) alla batteria.
Se a tutte queste presentazioni, si aggiunge il fatto che una canzone di Derek è interpretata alla voce dal celebre Zack Wylde (Black Label Society) e la cover di In The Summertime, che chiude l’album, vede lo stesso Slash alla chitarra, affiancato dallo storico Billy Idol alla voce, si potrebbe urlare al capolavoro.
Tuttavia, purtroppo Blood Of The Snake è tutt’altro che un capolavoro: Sherinian è deciso a sperimentare generi diversissimi tra loro, dal solito Progressive Metal alla Fusion/Jazz di estrema raffinatezza, dal sound un po’ rude e leggermente sabbathiano di Man With No Name fino alla rivisitazione finale di In The Summertime, a dir poco pacchiana ed inutile.
Certamente quando viene lasciato spazio a Derek e alle sue tastiere, i risultati sono discreti, soprattutto in episodi come l’impetuosa title-track o il bellissimo Jazz di On The Moon. Sono però anch’essi capitoli attorniati da un alone per nulla convincente, dato che appaiono abbastanza amorfi e scontati, oltre che inseriti disorganicamente in un unico album.
Non si comprende inoltre la funzione della cover di In The Summertime, versione largamente modificata della famosa di Mungo Jerry che imperversava nei Settanta: sono queste le maggiori pecche di un platter concepito forse per aumentare l’elenco delle pubblicazioni di Derek.
Gli album solisti ormai sono tutti collocabili su questa scia: lo strumento portante è sempre all’avanguardia rispetto a suoni, tecnica di composizione ed approccio, ma il risultato complessivo è totalmente deludente, privo di quegli elementi che contraddistinguono un buon album plasmato con sacrificio e determinazione da una formazione stabile e ben affiatata.
Blood Of The Snake rappresenterà l’album delle all-stars della musica Rock odierna, ma il suo succo è veramente poco, una commistione esagerata di stili che porta l’ascoltatore ad annoiarsi su un miscuglio confuso di timbri e di soluzioni musicali.
Si spera quindi che Derek entri nella mentalità di chi preferisce militare in una band ben coordinata al suo interno piuttosto che scorrazzare libero da solista: un esempio può essere raffigurato dal suo predecessore nei Dream Theater, l’altrettanto esperto tastierista che ha realizzato ottime opere con i Chroma Key e gli O.S.I..
Il deludente Blood Of The Snake probabilmente farà ragionare il buon Derek, che rimane comunque uno dei tastieristi migliori della scena Progressive internazionale, dotato di enormi potenzialità, completamente vanificate in prodotti discografici di questo tipo.