Voto: 
6.0 / 10
Autore: 
Paolo Bellipanni
Etichetta: 
Touch
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Fennesz - chitarra, programming, musiche

Tracklist: 

1. Liminal
2. July
3. Shift
4. Sevem Stars
5. Reshift

Fennesz

Seven Stars

L'attesissimo ritorno di Christian Fennesz su full-lenght si fa ancora attendere. A tre anni di distanza dall'ultimo, spiritualissimo Black Sea, l'artista austriaco opta per la più ristretta piattaforma dell'Ep, concentrando in cinque tracce nuove contaminazioni e nuovi paesaggi interiori. Seven Stars - questo il nome dell'ultimo 10'' - amplifica le radici e le intuizioni ambientali del precedente album, mostrandoci il genio mitteleuropeo nella sua dimensione più astratta e, per certi versi, spaziale. A risentire direttamente di questa nuova impostazione è, ovviamente, il Fennesz più chitarristico e romantico: in Seven Stars la chitarra fennesziana (giusto per intenderci: non una chitarra qualsiasi, ma un calderone infinito di suggestioni e atmosfere) scompare quasi ed emerge in superficie solo in rarissimi casi, lasciando per il resto spazio ad una corrente elettroacustica come non mai liquida, distesa e avvolgente. 

Liberato dalle frammentazioni del glitch, dall'elettronica più visionaria e dalle intuizioni strumentali più labirintiche, Fennesz si apre al mondo dell'ambient come un bambino che sta finalmente entrando nel mondo che aveva sempre sognato. In fondo trattasi di una conseguenza di fatti assolutamente prevedibile, visto che il precedente full-lenght si era (non poco) sbilanciato verso le dissoluzioni timbriche e l'evocatività più lineare tipiche della musica d'ambiente.
Ma se le sponde ambientali di Black Sea erano ancora profondamente pervase da correnti di spleen e da un uso del silenzio come non mai drammatico ed emotivo, Seven Stars sospende la ricerca elettroacustica di Fennesz verso uno stato di angelica stasi cosmica. Filtrata in questa sorta di mondo iperuranico in cui nè il tragico, nè la tensione interiore, nè la volontà di rottura e di sperimentare emergono con forza, la musica di Fennesz si eleva, diventa immateriale e, in qualche caso, anche lontana dalla sua, per così dire, storica umanità, e con questo termine intendo la peculiarissima capacità dell'artista austriaco di far percepire la propria fragile essenza umana anche all'interno dei più intricati labirinti della tecnologia e della più fredda sperimentazione elettronica.

Dalle profondità nere dei mari ignoti alla lucentezza delle stelle e dei pianeti: Seven Stars è ascesi cosmica nel nome e nelle intenzioni, proprio in virtù di questa leggerezza espressiva e di questo taglio atmosferico estremamente soave e controllato. Così Liminal apre il limbo dell'Ep, filtrando i melodismi estivo-crepuscolari dell'indimenticato capolavoro Endless Summer in una (a tratti eccessivamente melò) distesa di suoni fatta di luci intermittenti e voci della natura; aspetti che l'omonima Seven Stars riprende, richiamando le costruzioni emotive di Venice e coadiuvandole ad un inaspettato accompagnamento di batteria "slo-jazz". Uno spazio incontaminato e cullante spezzato però dal lento progredire elettronico del gioiello July, che di Seven Stars rappresenta l'espressione più cupa, funerea e visionaria. Trasportato da soundscapes elettroniche dense e alienanti, il brano spinge la ricerca di Fennesz verso la durezza del drone ambient e verso un taglio atmosferico decisamente più opprimente, in netto contrasto con i restanti voli onirici dell'Ep. Shift e Reshift ottimizzano infatti l'approdo fennesziano all'ambient etereo e "ascensionistico", sciogliendosi in lunghe danze cosmiche che, però, di brillantezza e particolarità non è che ne abbiano poi così tanta. Il paradosso, al di là dell'indiscutibile maestria compositiva del musicista austriaco, è proprio qui che sta: nel momento in cui Fennesz abbandona la frammentarietà del glitch e l'arcobaleno timbrico della propria chitarra, tutto sembra subire una lenta ma costante involuzione. Piatta e di certo tutt'altro che originale, le sperimentazioni ambient integrali dell'austriaco non avvolgono mai interamente e scivolano via con estrema naturalezza, laddove avrebbero dovuto strisciare e insinuarsi tra il sangue e la pelle.

Finito l'ascolto di Seven Stars, a rimanere non è molto, o almeno - come nel mio soggettivissimo caso - non quanto ci si aspettava: l'artista austriaco continua a confermarsi come geniale manipolatore sonoro e vero e proprio ingegnere timbrico, ma nell'ultimo Ep, nonostante le buone premesse, scarseggiano il suo intimismo più vibrante e la sua unica capacità di emozionare attraverso la pura destrutturazione del suono.
Sebbene si tratti di un semplice Ep di passaggio, da Fennesz ci si aspetta sempre il massimo. Sempre

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