- Shane MacGowan - voce, chitarra
- Jem Finer - banjo, mandola, sassofono
- Philip Chevron - chitarra, mandolino, voce
- Terry Woods - cetra, concertina, mandolino, banjo, salterio, chitarra, voce
- Spider Stacy - tin whistle, voce
- James Fearnley - fisarmonica, piano, salterio, chitarra, violoncello, percussioni
- Andrew Ranken - batteria, percussioni, armonica, voce
- Darryl Hunt - basso, voce
1. If I Should Fall from Grace with God
2. Turkish Song of the Damned
3. Bottle of Smoke
4. Fairytale of New York
5. Metropolis
6. Thousands are Sailing
7. Fiesta
8. Medley: The Recruiting Sergeant/The Rocky Road to Dublin/The Galway Races
9. Streets of Sorrow/Birmingham Six
10. Lullaby of London
11. Sit Down by the Fire
12. The Broad Majestic Shannon
13. Worms
If I Should Fall from Grace with God
Anni ‘80: nei sobborghi di una Londra sotto il decennio conservatore di Margaret Thatcher, tra povertà, disoccupazione, alcolismo, immigrati irlandesi ed una scena punk ormai in pieno declino, nasce qualcosa di completamente nuovo: arrangiamenti rigorosamente folk, passione per le tradizioni, attitudine punkeggiante e sregolata, carattere alcolico e proletario, i Pogues incarnano lo spirito di un’intera generazione, e dopo il timido ma validissimo esordio Red Roses For Me esplodono sulla scena inglese e d’oltreoceano con il secondo album Rum Sodomy And The Lash, che cambierà per sempre la storia del rock.
I Pogues non ebbero però il tempo di godersi il successo: il periodo tra l’85 e l’88 fu un momento difficile per la band londinese, che a causa del fallimento della Stiff Records fu costretta a due anni di tour a tappe forzate in Europa ed America, a cui si aggiunsero problemi di salute (il chitarrista Philip Chevron sarà temporaneamente sostituito dal grande Joe Strummer nel corso dello storico tour americano dell’87) e cambi di line-up (la bassista Cait O’Riordan, abbandonato il gruppo per sposarsi con Elvis Costello, fu sostituita da Darryl Hunt, e il nuovo ingresso Terry Woods portò ai Pogues la sua grande esperienza in fatto di strumenti tradizionali come banjo, mandolino, cetra e concertina); insomma, la band non era nelle condizioni di produrre nuovo materiale, e si limitò a rilasciare il breve ma validissimo EP Poguetry In Motion.
Durante quei due anni, però, la creatività di Shane MacGowan e compagni non si era affatto esaurita: anzi, i Pogues si preparavano a consacrare la loro carriera con il loro capolavoro assuluto: If I Should Fall From Grace With God.
Se i dischi precedenti avevano rappresentato un nuovo approccio alla dimensione della musica tradizionale, essi non avevano ancora dato prova della completa capacità compositiva dei Pogues, in quanto costituiti in buona parte da brani tradizionali riarrangiati; è invece con If I Should Fall From Grace With God che la vena creativa della band, ed in particolare del cantante/poeta ShaneMacGowan, trova completa realizzazione nella sua grandezza.
L’apporto di Terry Woods rende il suono più completo, così come quello di Andrew Ranken che, per la prima volta, utilizza un drumset completo: il risultato è un gruppo folk che suona con una potenza ed una velocità da rock band, e un affiatamento che rende perfetti tutti gli arrangiamenti; il tutto perfettamente esaltato dalla produzione di Steve Lillywhite, storico produttore britannico.
Dal punto di vista musicale, inoltre, If I Should Fall From Grace With God è qualcosa di completamente innovativo: Turkish Song Of The Damned mischia senza ritegno ritmi orientali e tzigani con sferzate celtiche, Bottle Of Smoke è pura furia punk ingabbiata in stupende melodie folkeggianti, Metropolis è il tentativo di fondere le linee melodiche del tin whistle con basso, piano e fiati di ispirazione jazz, e Fiesta, retaggio della passione di Jem Finer per la musica spagnola, si accosta con fiati e ritmi scatenati alla musica tradizionale iberica; quest’ultimo brano, pur avendo avuto un grande successo piazzandosi come singolo nella top 30, si rivela in realtà decisamente inferiore agli altri episodi, dimostrando come gli esperimenti musicali dei Pogues siano di gran lunga migliori quando la band mantiene almeno alcuni elementi del folk irlandese.
Il risultato è infatti decisamente riuscito e innovativo anche quando i Pogues si mantengono in canoni più tradizionali, dagli scatenati ritmi da ballo di Sit Down By The Fire alle melodie incalzanti di Medley, in cui la band propone un collage di tre brani della tradizione nazionalista irlandese (The Recruiting Sergeant, The Rocky Road To Dublin e Galway Races) riarrangiati nello stile irriverente che li caratterizza, per arrivare alla title-track, vero e proprio capolavoro dei Pogues, che forse più che in ogni altro pezzo riescono in questo caso a mettere assieme la loro anima folk, nelle frizzanti melodie di fisarmonica, banjo e chitarra, e quella rock, nel drumming incalzante e nella voce tagliente e coinvolgente; la voce di Shane MacGowan è infatti ciò che rende questo album il vero capolavoro che è; un poeta maledetto e ribelle, che ci parla di un mondo di morte, fango, alcool, scommesse e spiriti maligni, con una voce tagliente, alcolica e strafottente, che riesce a far rivivere con un realismo inimitabile mille emozioni e situazioni.
Ma i Pogues sanno essere anche riflessivi e sentimentali, ed ecco allora straordinarie ballate come Lullaby Of London e The Broad Majestic Shannon, dove su lente melodie acustiche la voce strascicata di Shane riesce a far convivere nella sua poesia cruda immagini dolci e commoventi con un universo popolato di spiriti e sobborghi degradati; giungiamo così alla vera hit dell’album, quello che è il brano più conosciuto in assoluto dei Pogues: Fairytale Of New York. I Pogues mettono temporaneamente da parte gli elaborati intrecci di banjo e chitarra e i ritmi scatenati, e un pianoforte accompagna l’incalzante duetto tra Shane e Kristy MacColl, moglie di Lillywhite; il brano è uno dei migliori mai scritti dalla band, e ancora una volta nel testo Shane MacGowan gioca con talento tra gioia e crudezza, tra dolci dichiarazioni d’amore e sboccati insulti (la canzone viene tuttora proposta su MTV in versione censurata), entrambi interpretati alla perfezione dai due cantanti.
Nonostante le menti principali della musica dei Pogues siano Shane MacGowan e Jem Finer, autori di tutti i brani citati in precedenza, gli altri componenti della band non mancano di sottolineare la loro competenza in quanto a songwriting; così nascono altre due canzoni che vanno a completare un album già perfetto nella sua eterogeneità: Thousands Are Sailing, opera del chitarrista Philip Chevron, è un commovente resoconto dell’epopea degli emigrati irlandesi, mentre Streets Of Sorrow, scritta e cantata da Terry Woods, apre uno scenario toccante sulla tragedia degli scontri nell’Irlanda del nord, per poi passare il testimone a Shane MacGowan che, nella seconda parte della canzone, Birmingham Six, sfoga la sua rabbia ed il suo disprezzo nei confronti delle istituzioni inglesi, che negli anni ‘70 arrestarono, torturarono e incarcerarono ingiustamente numerosi irlandesi sospettati di fare parte dell’IRA, poi riconosciuti innocenti solo nei primi anni ’90. Nel caso a questo punto si che i Pogues siano diventati una band troppo seria, lasciando da parte la loro componente più folle e popolare, ecco che il disco si chiude con la breve Worms, macabra e scherzosa reinterpretazione di una sconosciuta canzone tradizionale da parte di Andrew Ranken.
Oltre che il loro capolavoro assoluto, If I Should Fall From Grace With God fu l’album di maggior successo della band londinese, e alla sua uscita si piazzò al numero 3 della classifica inglese; in seguito, l’album venne ristampato su cd con l’aggiunta delle ottime The Battle March Medley e South Australia, e in seguito pubblicato con l’aggiunta di numerosi inediti e b-sides; nel corso delle varie edizioni l’album venne inoltre proposto con due copertine differenti: una con la semplice foto di gruppo della band, l’altra costituita da un fotomontaggio nel quale i Pogues prendono il posto di un famoso ritratto dello scrittore irlandese James Joyce.
Per concludere, If I Should Fall From Grace With God è l’album in cui i Pogues raggiungono la loro piena maturità artistica, e che non riusciranno mai più ad emulare a causa della sregolatezza che li porterà lentamente verso l’autodistruzione, prima di risollevarsi con la recente reunion. Con If I Should Fall Grace With God siamo di fronte ad un capolavoro del folk, del rock, della musica in generale, con il quale i Pogues si ritagliano il loro posto nella storia, e nel cuore di tutti gli ascoltatori che vengono catturati dalla loro musica, sia che essi li abbiano visti nascere, sia che essi, vent’anni dopo, ne riscoprano lo straordinario talento.