- Derek Sherinian - tastiera
- Rufus Philpot - basso
- Virgil Donati - batteria
1. Alien Hip Hop
2. Desert Girl
3. Matrix Gate
4. The Thinking Stone
5. Space Foam
6. Poland
7. Snuff
8. Kingdom Of Dreams
9. Quantum Factor
Quantum
Si ripresentano i Planet X dell'ex Dream Theater Derek Sherinian, nati come side-project nel 1999, giungono adesso al loro quarto album, senza considerare Live From Oz del 2002, con questo nuovo lavoro interamente strumentale, che si prodiga in un progressive/fusion tutto teso a mostrare le straripanti abilità tecniche dei musicisti coinvolti nel progetto, ed in tal caso la parte del leone la fanno lo stesso Derek alle tastiere ed il grande Virgil Donati alla batteria.
Che dire, di certo loro si saranno divertiti a suonare in queste nove tracce, dando libero sfogo alle loro immense doti tecniche, la perizia di mr. Donati nel drumming è davvero sbalorditiva, come del resto la performance di Sherinian e gli altri, ma per chi ascolta è davvero un'impresa ardua giungere alla fine dell'album senza esser colto da noia e sbadigli, a meno che non ci sia una innata propensione verso questo genere musicale.
Già dall'opener Alien Hip Hop è facile notare come chitarre e tastiere entrano in perfetta simbiosi dando vita ad una sola melodia, che però risulta fin troppo flebile, e troppo poca varia anche da una traccia all'altra, così episodi come Desert Girl o The Thinking Stone si distinguono più che altro per la loro maggiore attitudine fusion, in cui far confluire il progressive tanto caro all'ideatore del progetto ad un'essenza tipicamente jazzistica, il tutto avvantaggiato dalla produzione limpida e pressoché perfetta e dalla grande performance di questi musicisti che riescono a trovare una perfetta coesione, dando così alle varie composizioni una compenetrazione strumentale senza eguali.
Purtroppo, anche volendo andare oltre nell'analisi delle varie composizioni, c'è ben poco altro da dire, a causa di un song-writing non certo fantasioso o trascendentale, anzi al contrario è proprio questo il vero punto debole di Quantum, mentre Poland sembra essere l'unico squarcio di luce in grado di attirare l'attenzione dell'ascoltatore in mezzo ad un lavoro che ben poco ha da offrire a chi ascolta, se non la constatazione dell'alta tecnica dimostrata, a dimostrazione del fatto che le peripezie e le perizie tecniche da sole non bastano a concepire un buon album.
Da dire che per i più affezionati ed avvezzi a questo tipo di musica, Quantum ha da offrire forse quanto di meglio si possa desiderare, ragion per cui con lucida obiettività bisogna tener conto anche di quest'aspetto, ma in una visione più globale questo discorso non ha più alcun riscontro. Infine un plauso particolare, oltre che alla bravura tecnica dei vari membri coinvolti e alla produzione, alla bellissima copertina, al momento tra le più belle che ci sia capitato di vedere in questo 2007.