Voto: 
8.3 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Etichetta: 
Alone Records
Anno: 
2009
Line-Up: 

- Marco Serrato Gallardo
- Ricardo Jimenez Gómez
- Borja Diaz Vera
 

Tracklist: 

1. Marcha de la santa sangre (02:40)
2. Ascensión (26:27)
3. …y la muerte no tendrá dominio (04:19)

Orthodox

Sentencia

Terzo full-length per gli Orthodox, trio sivigliano tra i più brillanti e avanguardisti della scena Doom europea, nonché nome di punta dell'etichetta iberica Alone Records, al fianco del gruppo fin dai suoi primi passi.
Già, quei primi passi in bilico tra Doom/Drone e Sludge di “Gran Poder” (2006), devastante macigno che già metteva in luce le grandi potenzialità della band, poi riconfermate nel sontuoso e ipnotico secondo disco “Amanecer en puerta oscura” (2007), album che fece effettuare agli Orthodox uno straordinario salto di qualità e personalità.

L'evoluzione, inarrestabile, continua: questo nuovo, meraviglioso “Sentencia” progredisce rispetto ad “Amanecer...” tanto quanto quello si allontanava da “Gran Poder”.
Il primo colpo vincente degli spagnoli è quello di aver saputo focalizzare ancora meglio le proprie idee, condensando il tutto in una mezz'ora abbondante, un vero toccasana per un genere che spesso si dilunga in maniera incontrollata. Un prologo e un epilogo di una manciata di minuti ciascuno, e in mezzo la gargantuesca “Ascensión”, pezzo-cardine del lavoro, della durata di ben venticinque giri d'orologio.

Il prologo “Marcha de la santa sangre” è un'introduzione che deve tutto o quasi alle soundtracks western di Ennio Morricone, con eleganti rintocchi di chitarra classica ad aprire il brano, una cinematografica tromba a condurre il tema e una batteria marziale a scandire i tempi con cui il nostro sguardo si posa sugli assolati e desertici altipiani della Spagna centrale. Nota a margine (ma non troppo): fate tesoro della presenza della chitarra elettrica che fa l'eco alla tromba: questo breve cameo è difatti l'unico momento di “Sentencia” in cui potrete udire all'opera la sei-corde elettrica di Ricardo Jimenez Gómez.

Così come il titolo del brano pare un ovvio tributo al quasi-omonimo (fatto salvo un accento dovuto alla traduzione) album di John Coltrane, allo stesso modo le musiche di “Ascensión” possono essere ricondotte chiaramente a un'origine ben definita: nascono infatti dalle intuizioni ascoltate in “Templos”, il brano più lungo e sperimentale di “Amanecer en puerta oscura”, e partendo da quella base sviluppano un discorso tutto nuovo.
Un discorso che, come già anticipato, prescinde – incredibilmente e totalmente – dalla presenza delle chitarre e che invece è principalmente affidato alle evoluzioni del pianoforte, strumento-principe del nuovo corso degli Orthodox. I tasti d'avorio tessono linee minimaliste, apocalittiche e dalla grande carica drammatica, in un'estasi Free Jazz alla quale contribuiscono in maniera decisiva sia la frenetica batteria (non prorompente poiché spesso saggiamente spazzolata, seppur con impeto muscolare e primordiale) sia il rotondissimo suono del contrabbasso, protagonista indiscusso delle basi ritmiche, sfuggenti e scivolose, con cui il pianoforte si trova a dialogare.

In questo nuovo sound degli Orthodox ci sono tanti, meravigliosi silenzi ed il sound è assolutamente arioso e scarno, eppure l'atmosfera è opprimente, vibrante, tormentato come nei più roboanti momenti di “Gran Poder”.
La tensione accumulata dalle frenetiche incursioni del contrabbasso è solo salturiamente stemperata dal morbido suono del clarinetto, nei momenti in cui questo strumento viene utilizzato per soffici modulazioni sonore che legano tra loro le varie sezioni del brano; in altri segmenti, anche il clarinetto diviene oggetto di improvvisazione Free, e viene spremuto, torturato, spinto al limite del rumorismo in una catartica ascensione corale in cui anche la voce in odore di invocazione mistica di Marco Gallardo fa la sua parte per ricreare quelle sensazioni che fanno suonare questo disco come 'terribilmente Orthodox' nonostante le differenze musicali che corrono tra “Sentencia” e il passato del gruppo.

Discorso simile si può fare per la chiusura di “…y la muerte no tendrá dominio”, che riporta invece ad un clima di rigore catacombale, con un monumetale organo a spadroneggiare sopra le tambureggianti sferzate di una batteria tornata a marciare rigidamente.

Sai penitenziali e odore d'incenso, un convento sperduto in un deserto infuocato, allucinazioni e visioni tra l'ascetico e il lisergico, chitarre abbandonate in un angolo del monastero e tre figure incappucciate impegnate in un rituale in cui la visione musicale si spinge ben al di là di quanto fosse stato il limite dell' “Ortodossia” fino a poco prima.

“Sentencia” è Free Jazz dalla grande atmosfera spirituale, al contempo caotico e silenzioso, suonato tenendo fermamente in mente il Doom Metal, “Sentencia” è avanguardia Rock imprigionata in ambientazioni sacrali dipinte da lente pennellate pianistiche e fragorose bordate di contrabbasso.
Un disco che per spirito d'intraprendenza e ampiezza della visione musicale, ha più di un punto in comune con il recente Monoliths & Dimensions dei Sunn, e che come quel disco solleverà critiche asprissime dagli ascoltatori di vecchia data, così come – si spera – riceverà grandi lodi da parte di chi ha seguito con crescente interesse l'evoluzione sempre più imprevedibile del gruppo, oramai giunta ad una maturazione ottimale.

Un'ascensione da non perdere.
 

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