Voto: 
9.6 / 10
Autore: 
Edoardo Baldini
Etichetta: 
Music For Nations
Anno: 
2001
Line-Up: 

- Mikael Åkerfeldt - chitarra, voce
- Peter Lindgren - chitarra
- Martin Lopez - batteria
- Martin Mendez - basso

 

Tracklist: 

1. The Leper Affinity (10:23)
2. Bleak (09:16)
3. Harvest (06:01)
4. The Drapery Falls (10:54)
5. Dirge For November (07:54)
6. The Funeral Portrait (08:44)
7. Patterns in the Ivy (01:53)
8. Blackwater Park (12:08)

Opeth

Blackwater Park

Un parco oscuro dove i raggi del sole non riescono a trapassare le fronde degli alberi che circondano lo stagno di acqua salmastra: questo l’artwork disegnato da Travis Smith per onorare Blackwater Park, quinto lavoro di studio degli svedesi Opeth. L’opera costituisce il culmine di maturità del song-writing della band, poiché l’evoluzione che aveva seguito My Arms, Your Hearse con lo splendido Still Life non si è sopita e Blackwater Park rappresenta il passo geniale che corona la formazione scandinava come una delle più innovative del panorama Death svedese.

Ognuna delle otto tracce che compone il disco delinea nell’orizzonte dell’immaginario un paesaggio diverso per ciascun ascoltatore, un paesaggio sempre contraddistinto dall’elemento naturale legato alle emozioni dell’anima, tema caro a Mikael Åkerfeldt e al resto del gruppo. Non sono assolutamente stati abbandonati gli aspetti stilistici che avevano caratterizzato Still Life e quindi anche Blackwater Park si presenta intriso di un Death melodico unito a passaggi Progressive di notevole rilievo, che riescono ad incidere profondamente nel complesso globale di ogni canzone; non sono nemmeno state dimenticate le chitarre acustiche che in ogni lavoro degli Opeth hanno spezzato l’andamento dei brani arricchendo con le loro atmosfere cariche di depressione e di solitudine.

La malinconia tipica di tutti i prodotti precedenti prende forma già dalla prima monumentale The Leper Affinity, dall’alone misterioso che irrompe in un vortice aggressivo e che sgorga nel growl disperato ed espressivo di Mikael; non mancano certamente, sia gli intermezzi acustici e corali che richiamano i giochi altalenanti di Still Life sia le dolci note di pianoforte che, suonato da Steven Wilson dei Porcupine Tree, immette nella seconda Bleak. La violenza del primo impatto svanisce quasi nella sezione centrale Progressiva e nei bridge dotati di raffinata grazia che alleggeriscono la struttura del pezzo, sicuramente uno dei più coinvolgenti di Blackwater Park, forse quello che fa immedesimare maggiormente l’ascoltatore nel panorama naturalistico della ballata Harvest: sostenuta costantemente dalla chitarra acustica Harvest sospinge verso meandri ancora inesplorati, facendo visitare una campagna impregnata di tristezza e di abbandono. Diametralmente opposta riguardo i sentimenti che riesce a trasmettere è The Drapery Falls, colossale traccia di dieci minuti di durata, in cui le parti si alternano rispetto a Bleak: cantata soprattutto con lo splendido clean vocal di Mikael, questa si apre nelle sonorità nella sezione centrale per lasciare spazio ad un ruggito feroce e ad un delirio momentaneo che improvvisamente svanisce; la doppia cassa si ferma e riaffiorano i temi iniziali, che concludono la canzone in modo impeccabile.
Gli arpeggi di Dirge for November ricordano quasi l’epoca trascorsa di Orchid, quella degli intervalli acustici toccanti e profondi, così mirati nella loro posizione all’interno della struttura della traccia e così sensibili. Dirge for November fugge via leggermente, impreziosendo il tessuto musicale raggiunto già dai precedenti episodi e costituendo il capitolo più demoniaco e atteso dell’opera.

Il ritmo inarrestabile di The Funeral Portrait coinvolge nei riff intricati disegnati dalle due chitarre e il break Jazz/Progressive intermedio con relativo assolo appassionato fa comprendere il livello raggiunto dalla formazione svedese, giustamente considerata da molti come il collegamento più vivo tra il Rock degli anni ’70 e il moderno Death Metal. Patterns in the Ivy rompe con efficacia la folle corsa verso la title-track, Blackwater Park, in cui il growl si fa più acuto e determinato; non viene però trascurata la solita melodia che accompagna ogni creazione degli Opeth e il brano risulta vicino agli Edge of Sanity di Crimson: stacchi fugaci e riprese fulminanti guidano attraverso il percorso di chiusura dell’album.
Sembra inverosimile che i minuti siano volati e le note di ciascuna canzone siano omai parte integrante di noi stessi: Blackwater Park ha rappresentato la prova più complessa per la band di Åkerfeldt, che è uscita da questa pubblicazione a testa alta, dimostrando di essere una realtà straordinaria del Rock/Metal contemporaneo.

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