- Nick Chiericozzi - Voce, chitarra
- Mark Perro - Chitarra, voce
- Ben Greenberg (aka Hubble) - Basso
- Rich Samis - Batteria
1. Turn It Around
2. Animal
3. Country Song
4. Oscillation
5. Please Don't Go Away
6. Open Your Heart
7. Candy
8. Cube
9. Presence
10. Ex-Dreams
Open Your Heart
Dopo l'acerbo esordio autoprodotto Immaculada del 2010 e il successivo, più compiuto, Leave Home del 2011, che era riuscito ad elevarli a nuovo fenomeno post-hardcore della scena alternativa statunitense agli occhi del pubblico indie, i new-yorkesi The Men ritornano nel 2012 con il loro terzo full-length Open Your Heart, pubblicato il 6 marzo nuovamente sotto l'egida della Sacred Bones.
Retrocedendo in termini di efferatezza ed epilessia hardcore rispetto agli esordi (che più volte nei due dischi precedenti aveva raggiunto livelli di violenza tali da ricordare gli esponenti più brutali del noise, raggiungendo sfuriate degne perfino del black metal), i Men proseguono con uno stile di garage/indie distorto e soffuso ancor più melodico di Leave Home, enfatizzando ulteriormente i motivi catchy e tipicamente indie celati sotto la coltre di feedback chitarristici (ormai ben lontani dalle esplosioni più brutali dei due lavori precedenti, ma che non disdegnano ancora uno stile rumoroso e concitato degno degli MC5 e Who).
Ancora più vicino allo shoegaze dei My Bloody Valentine, all'alternative rock di Dinosaur Jr. e al pop-punk degli ultimi Hüsker Dü, il sound dei Men non è più quello di un gruppo post-hardcore o noise (come ancora mostrava Leave Home), ma quello di un gruppo più propriamente indie rock che del post-hardcore e del noise sfrutta solo i muri sonori, per convogliare una musica di contro estremamente melodica, orecchiabile e studiata.
Ma ciò non indica assolutamente un totale sdoganamento dell'accattivante formula di Leave Home, perché Open Your Heart mantiene la stessa classe già dimostrata dal precedente full-length, e anzi l'album nel suo complesso appare anche più organico del predecessore (eccezion fatta per una leggera caduta di mordente nella seconda metà dell'album, ovvero proprio quella che più sacrifica la frenesia del quartetto in favore della ricerca melodica), presentando una riuscita serie di pezzi catchy ed energici fin dall'apertura del disco con Turn It Around e Animal (dirette discendenti dall'hardcore-pop di Zen Arcade e del garage-rock statunitense), la neo-psichedelia montgomeryana di Country Song e il dolce shoegaze di Please Don't Go Away.
Il lungo tripudio ipnotico di Oscillation rimanda all'ultimo David Comes to Life dei canadesi Fucked Up, mentre la ballata folk rock di Candy, la title-track e la conclusiva Ex-Dreams, i brani più orientati al melodismo catchy, sembrerebbero quasi testimoniare il totale superamento delle nevrosi hardcore di Leave Home grazie alle loro armonie indie delicate e di facile presa, se non fosse per la presenza della fulminea sfuriata di Cube, il pezzo più propriamente hardcore di tutto Open Your Heart.
La più sensibile caduta di stile arriva però sul finale: Presence riprende in modo piuttosto prolisso l'idea di Country Song, aggiungendo alla solita psichedelia dilatata una conclusione più vicina allo shoegaze, che appare però forzata e ripetitiva soprattutto alla luce di ciò che ha espresso il disco in precedenza.
Nonostante tutto, Open Your Heart rappresenta probabilmente il miglior lavoro composto finora dai Men, e i momenti in cui il gruppo concilia dinamismo punk e fraseggi indie mostrano delle potenzialità notevoli. Ma per quanto più compiuto rispetto a Leave Home o Immaculada, Open Your Heart rimane ancora un album di assestamento che risente nuovamente (seppur in maniera minore) della stessa incapacità del gruppo nel riuscire a mantenere l'album allo stesso livello per tutta la sua durata. La critica indie è in ogni caso già adorante, e l'album rimane un ascolto decisamente consigliato, soprattutto per ciò che ha da proporre nei pezzi più ispirati.