- Mischa Mang - Vocals
- Achim Welsch - Guitars
- Chuck Schuler - Guitars
- Gio Soulas - Bass
- Sebastian Brauchle - Drums
- David Bertok – Keyboards
1. Lifeline
2. Mad Corner
3. Schizophrenie
4. Suffering
5. Angels Hologram
6. Time Machine
7. Finally
8. You Will Burn
9. Cheops
Lifeline
Lifeline. Probabilmente per il nome del proprio ultimo lavoro i teutonici Ivanhoe si sono ispirati alla loro lunga carriera caratterizzata però da soli cinque album.
Fortunatamente l’attenzione è riposta sulla qualità infatti si intuisce da subito che la loro proposta vuol essere tutt’altro che diretta ed orecchiabile: pochi secondi dell’opener Lifeline bastano per capire che nel mondo Ivanhoe le regole valgono quanto in un incontro di lotta libera e questo probabilmente risulta essere una delle motivazioni che non hanno permesso al moniker di varcare i gradini alti della scena mainstream.
Ma a ben vedere la vera creatura concepita dai Nostri prende ulteriormente le distanze dalle prime note di questo prodotto targato ’08, molto impostate su sonorità Dream Theater (periodo Train Of Thought) e anche la successiva Mad Corner, con le sue sfumature alla Mudvayne, via via conquista terreno a favore di una complessità creativa che attende ancora qualche passaggio per tuffarsi nel proprio sfogo più anarchico.
Infatti è in Schizophrenie che la tastiera di David Bertok sprigiona tutto il suo coraggio e si iniziano ad apprezzare le vere radici del suono Ivanhoe, un suono molto improntato sullo stile dei Pain Of Salvation: prog metal concettuale ed emotivo che attinge a man bassa dalla tradizione classica del progressive per fonderlo in un amalgama di modernità e tecnicismo in cui nessuno dei due ingredienti risulta di un grammo superiore all’altro. L’accostamento con la band svedese è lampante nella successiva Suffering dove la voce sembra assumere le sembianze di Daniel Gildenlöw in persona e la sei corde, forte del ritorno di Chris Schuler (membro originario della band), inizia ad assumere una personalità molto più impertinente.
E con la semi-ballad Angels Hologram in stile queensrychiano (band con la quale è stato condiviso più di un palco in passato), David ripesca le sonorità di One Hour By The Concrete Lake dei succitati POS e il singer Mischa Mang ripropone il classico parlato di Daniel che da solo fa venire i brividi.
Nella seconda parte l’album risulta, se possibile, ancora meglio costruito e con tutti gli strumenti che parlano uno stesso linguaggio comunicatore della complementarità di ognuno di essi basata sulla certezza che l’essenzialità stia nell’unione. Curioso notare il salto carpiato tra i suadenti intrighi di Finally ed il cadenzato riffing metal, seppur a tratti orientaleggianti, della successiva You Will Burn.
Questa omogeneità costruttiva di suoni si dipana ancora una volta in una forma del tutto nuova in Cheops che chiude il capitolo Lifeline e conta, a buon vedere, di aver aggiunto un nuovo tassello al capitolo del prog metal internazionale.
Un ottimo colpo per la SPV che da questo punto di vista difficilmente si smentisce.