- Dave Barnes (Drums)
- Alex Roberts (Bass)
- Colin Bowers (Guitars)
- Imran Haniff (Voice)
Over the Bluffs
E' inevitabile che l'immaginifico inglese riaffiori di anno in anno sotto forma di grandi ritorni e nuove interpretazioni di suoni che qualcuno, erroneamente, potrebbe credere spenti, declassati ed offuscati dopo tanta mitizzata altezza, quella primordiale, genitrice e mistificatrice di luccichii cristallini ed al contempo Miserabili. Tratti che il più delle volte si pensa possano e debbano rimanere irripetibili ed immutabili nei secoli. Niente di più errato perché la musica, soprattutto la continua ricerca della 'perfect pop song', è in continuo divenire. E tutto ciò anche se le carte della partita sono già state giocate, già familiari, già segnate; tutto ciò anche se la partita ha un risultato scontato; anche se le carte non vengono mischiate. Lo sono un esempio, in ultimo, due gruppi che hanno segnato un ritorno (una riconferma) e un debutto in dischi che non ti aspetteresti, si parla di Wild Swans (2011) e di Northern Portrait (2010), gli uni appena tornati a macinare quel jangle melodico e decadente che ha attraversato gli sfaccettati 80, gli altri nati a ridarne vitalità. E questo nonostante la portata concettuale e la capacità di sublimazione poetica sia, per entrambi, su altri livelli rispetto a quei Miserabili che noi tutti conosciamo.
Il quartetto The Holiday Crowd, qui proposto, ne è un terzo esempio per questo inizio di 2012. Provenienti da Scarborough, Toronto, si affacciano in un panorama forse inusuale per quei territori, me non per questo meno valido. L'esordio Over the Bluffs, uscito sia su New Romantic che su Shelflife Records è visto in questo senso come una ripresa di quelle fralezze che ormai sono parte di noi, assimilate, di quelle luci che non si spegneranno mai. Un EP allungato, o forse un LP accorciato, vedetela come volete, quello che importa sono quelle 7 gemme racchiuse all'interno. Il disco è raccontato come delle "lettere d'amore per Scarborough" città dove il cantante Imran Haniff e il chitarrista Colin Bowers sono cresciuti. Certo, non siamo a Manchester, ma ognuno innalza le proprie lodi a quei posti tangibili che conosce, che ha vissuto, che lo hanno segnato, seppur nel loro piccolo.
Never Speak Of It Again, è canzone d'apertura e singolo di lancio. Il pezzo si stende con una base di artefatti jingle jangle, cori soffusi ed un timbro quasi distaccato e narcisista. E' la voce di Imran che per l'intera durata incanta l'ascoltatore con sensibilità, riflessioni e saliscendi vocali tra un tappeto melodico di riff genuini - di primo impatto - ma puliti e squillanti. Niente di più semplice, niente di più perfetto. Quella perfezione di rintocchi cristallini che ritroviamo in While She Waits e che sono stati simbolo di un transitorio Jangle inglese che tra l'86 e l'89 ha visto la sua massima esposizione: Close Lobsters (I Kiss The Flower In Bloom), Hey Paulette (I Really Do Love Penelope), Jesse Garon & The Desperadoes (Splashing Along), Big Red Bus (Cathedral Walls), 1000 Violins (Halcyon Days), McCarthy (Red Sleeping Beauty), The Rileys (Stupid) e un'infinità di altri gruppi che non stiamo qua ad elencare, ma che ne utilizzavano la sua immediatezza per esprimere la propria estetica. Painted Like a Forest, vertice estremo di questi intrecci, si muove forse verso territori più post-punk pur mantenendo un'assodata struttura-canzone dai classici connotati pop. I labirinti di note senza spigoli di Pennies Found tra cui Imran si perde senza matassa sono un altro gioiello luccicoso, dei bagliori focosi a cui ci si avvicina per natura e ispirazione, perché inevitabilmente attratti, quella perfezione pop tanto cercata e pretesa da tutti, quella compiutezza a cui molti cercano di avvicinarsi e che per molti è linfa vitale, quello splendore che in repentini avvicinamenti potrebbe scottarti, ma che forse, se ci guardiamo alle spalle, è stato più volte toccato... o forse no.
There is a light that just goes on.