- Dan Barrett - musiche, voce, chitarra
1. The Haunting Presence
2. Blackest Bile
3. Grave Filled With Books
4. Empty Churces
5. I'm Going to Do It
6. Spectral Bride
7. No One Is Ever Going to Want Me
8. A Sleeping Heart
9. Buried Above Ground
Giles Corey
Il ritorno di Dan Barrett non porta, come ci si aspettava, il marchio Have A Nice Life. Per l’occasione, il compositore statunitense (balzato agli occhi di pubblico e critica col sopraccitato progetto e con l’intelligente Enemieslist, etichetta indipendente per la cosiddetta home-made music) tira fuori un progetto solista nuovo di zecca, il cui nome riporta in auge la bizzarra figura di Giles Corey, allevatore statunitense di fine ‘600 accusato di stregoneria e torturato (fino a provocarne la morte) durante il celeberrimo processo alle streghe di Salem.
Affreschi folk-gotici che riescono a rievocare nella maniera più intensa e viva ciò che era Giles Corey e, soprattutto, ciò che erano Salem e l’America del tempo. Musica come arte descrittiva, come racconto e rievocazione storica in parallelo allo scavo interiore. Dan Barrett abbraccia la propria chitarra acustica, la immerge nell’inchiostro e scrive senza sosta una storia macabra e gotica, richiamo ad un ricordo insinuatosi nelle radici più antiche della memoria americana. L’abbandono dell’oscurità e del malessere urbano spinge la mente degli HANL vero le pianure desolate, verso il freddo e la solitudine dei boschi, verso l’inquietudine delle chiese abbandonate e della propria interiorità. Paura e depressione, stregoneria e una blackness bizzarra perché trasformata dalla vecchiaia del legno e dall’umidità dei campi.
Giles Corey è un esordio sorprendente nonostante la figura a cui fa capo sia divenuta una sorta di santone underground che pare aver già dato tutto il suo spirito in musica nella manciata di progetti in cui è entrato (Have a Nice Life e Planning For Burial su tutti). Evangelizzato il proprio dogma enemieslistiano, Dan Barrett pare non aver affatto accusato la pressione mediatica creatasi attorno al suo lavoro “artigiano”, anzi, pare che la moltitudine di occhi posatisi sulla sua vita artistica stiano fungendo da veri stimolatori e catalizzatori della sua interiorità. Musica sporca e rarefatta, pervasa da un misticismo ancestrale, da un atmosfera misteriosa, inquieta, vibrante, introdotta da The Haunting Presence che fa un po’ da sintesi iniziale delle coordinate stilistiche dell’album: pianoforti modulati, voci sofferenti, melodie dal gusto molto dark e, infine, atmosfere maledettamente avvolgenti. Poi c’è Blackest Bile che si apre a sapori quasi psych-folk, in seguito ripresi nelle fasi conclusive da A Sleeping Heart e Buried Above Ground. E ancora Empty Church, meditativa ed eterea, gioiello dell’album, e poi rarefazioni atmosferiche e lamenti riverberati che proseguono con I’m Going to Do It (sorta di cerimonia religiosa dei boschi) e No One Is Ever Going to Want Me, più ritmata ma ugualmente nebbiosa e decadente.
Un disco di sicuro non perfetto e largamente migliorabile (episodi come Grave Filled With Books risultano un bel po’ soporiferi) ma che ci mostra un lato di Dan Barrett nuovo e diverso. Se il suo spleen più “acustico” poteva essere scorto già dal monolite Deathconsciousness, col progetto Giles Corey questa attitudine e questa ricerca atmosferico-tematica si manifestano nella loro forma più ancestrale e artigianale, continuando a scavare quel limbo nero di buio, solitudine e perdizione che prese meravigliosamente vita nel 2008 con quella malvagia, commovente riflessione sulla consapevolezza della morte.
"Acoustic music from the industrial revolution"