Voto: 
4.0 / 10
Autore: 
Roberto Fabbi
Etichetta: 
Dragonheart/Audioglobe
Anno: 
2007
Line-Up: 

- Gabriele Grilli - voce
- Matteo Carnio - chitarra
- Christian Grillo - basso
- Emiliano "Kiske" Bertossi - batteria

Tracklist: 

1. Grotesque & Arabesque: Tales Of The Grotesque And The Arabes
2. Grotesque & Arabesque: Coma
3. Grotesque & Arabesque:The Imp Of The Perverse
4. Uncanny Midnights Of The Bride
5. Burning Cathedrals
6. Black Art
7. The Buried
8. Maldoror

Fury 'N Grace

Tales of the Grotesque and the Arabesque

Nato nel 1994, il progetto nostrano Fury 'N Grace ha trovato molte difficoltà nell’imporsi nella conoscenza del grande pubblico. Uscire con un album di debutto ben dodici anni dopo la nascita del gruppo non è da tutti. Due lavori passati non hanno trovato pubblicazione: Mephisto's Waltz (1998) e Inferno (2003), cosa che ha messo la band in una condizione di notevole difficoltà. Ora finalmente abbiamo davanti un album vero e proprio, Tales Of The Grotesque & The Arabesque. Possiamo iniziare.

Il riff di apertura dell’album e appartenente alla title-track appare potente, decisivo, ma mal accompagnato dal pezzo di batteria che lo rende banale e obsoleto. La voce non è decisamente il massimo, la presenza di grandi e frequenti aperture tonali che stonano contribuiscono al degrado generale. Nulla da dire sulla parte tecnica: la bravura non manca, ma non viene qui sfruttata al meglio, anzi. La parvenza generale è che ogni strumento se ne vada per conto suo, generando una cosa che non si può proprio definire armonia. Il problema è ricorrente in tutte le tracce, come avviene anche nella successiva, in cui troppo prolisso e monotono risulta l’intro, che conduce ad una malinconica e triste parte vocale, per poi sfociare finalmente nella canzone vera e propria. Coma risulta tuttavia una traccia che spicca appena nell’indifferenza generale caratteristica di tutti gli altri pezzi. Non brilla di luce propria, ma questa traccia rappresenta uno spiraglio, una speranza che il resto della produzione sia altrettanto, se non più valido. Buono il riff di apertura di The Imp Of The Perverse, ma scontato e banale risulta ancora una volta il resto della song: ormai è chiaro il tentativo da parte dei Fury ‘N Grace di emulare i più grandi del progressive, tentativo abbastanza mal riuscito: i pezzi, lunghi e ripetitivi sembrano brutte copie di capolavori provenienti dal repertorio Dream Theater: l’elemento di differenza più spiccante è senza dubbio la voce tirata, quasi strozzata di Gabriele Grilli. Non male l’incipit di Burning Cathedrals: stranamente chitarra e batteria sono complementari e si incastrano dando un buon risultato. Il tutto è purtroppo rovinato dalla voce, che porta la traccia su una struttura lineare tipica, in cui ogni strumento sembra indipendente, e non riesce a legarsi con gli altri. Una cosa risulta lampante: la parte strumentale riesce bene o male a generare un decente insieme delle varie parti, fino a quando non subentra la parte vocale, che trascina tutto il resto con sé, in una profonda voragine di insofferenza. Le tracce, molto lunghe, si fondono l’una nell’altra, rendendo evidente il fatto di essere prive di un ritornello, di un “climax” in cui l’azione trova un punto di risoluzione: la buona abilità tecnica dimostrata non trova dunque il modo di esprimersi pienamente, relegando ad esempio, la sei corde a recitare riff scontati e ripetitivi che non portano a nulla di radicale. Lo stesso vale per percussioni e basso, che risultano, nell’insieme, poco incisivi.

L’inquietante inizio di The Buried, reso dalla presenza del pianoforte, porta ad un buon pezzo di chitarra, batteria e basso, che viene stranamente ben accompagnato dai primi secondi della parte vocale. Questa canzone, tra le più lenta e scandite, rende chiara una cosa: la voce di Grilli trova maggiore assonanza nella parte melodica e lenta piuttosto che nei numerosissimi tentativi di arrivare dove evidentemente non può. Lentamente ci trasciniamo verso l’ultima canzone: Maldoror. Non pessimo è l’intro, svolto dalla chitarra in pulito e dalla voce, che risulta sorprendentemente gradevole nell’interpretare questo pezzo basso e lento. Quel che sembrava l’intro non era altro che la canzone in sé: poco più di due minuti per quest’ultima traccia che cominciava ad interessare, cosa dovuta alla eccessiva lunghezza delle altre canzoni. Non ci siamo. Non possiamo far altro che apprezzare un minimo lo sforzo e dimenticare questo disastroso risultato, augurando allo stesso tempo al quartetto italiano di riuscire in qualcosa di più, porsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli, cosa che sembra non essere stata fatta in Tales Of The Grotesque & The Arabesque, che appare come un lavoro estremamente banale e superficiale.

 

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