- Grutle Kjellson – Basso e Voce
- Ivar Bjørnson – Chitarra, Effetti
- Arve Isdal – Chitarra
- Herbrand Larsen – Tastiera, Voce
- Cato Bekkevold – Batteria
1.Clouds
2.To the Coast
3.Ground
4.Vertebrae
5.New Dawn
6.Reflection
7.Center
8.The Watcher
Vertebrae
Due anni son passati dall'interlocutorio “Ruun” e quattro dal formidabile “Isa” e per gli Enslaved è già tempo di guardare nuovamente avanti, di tuffarsi ancora una volta senza voltarsi indietro. “Vertebrae” è il titolo del nuovo lavoro di questi storici alfieri del Metal norvegese, un titolo nato in maniera curiosa, essendo venuto in mente a Ivar Bjørnson leggendo un'intervista a Tom Waits: la vertebra, la spina dorsale, viene vista come forza fisica e spirituale di un essere, ma anche come punto di collegamento tra i suoi stati evolutivi. E si può ben dire che gli Enslaved fin dal loro primissimo, ragguardevole EP “Hordanes Land” (che nel 1993 fece parte di uno split con gli Emperor che ha fatto storia) hanno mantenuto una personalissima coerenza, una visione di fondo che lega l'uno all'altro i loro (pur molto differenti) lavori in una saldissima 'colonna vertebrale', contraddistinta da una qualità invidiabile, nonostante col tempo i norvegesi guidati dal duo Kjellson- Bjørnson siano passati da un innovativo Black-Viking Metal ad un altrettanto imprevedibile Progressive-Black che coniuga influenze estreme ad altre più sperimentali o atmosferiche.
“Vertebrae” è la naturale prosecuzione di tutto questo: un burbero screaming (oramai non più straordinario come ad inizio carriera, ma ancora efficace) e una suadente voce pulita (modulata con singolare intelligenza tra toni dolci, misteriosi o più robusti – sicuramente tra le carte vincenti del lavoro) si alternano con frequenza per caratterizzare a dovere i vari brani; le chitarre propongono sia devastanti turbini di furia Black Metal (l'introduzione di “New Dawn” ricorda a tutti il nobilissimo pedigree del gruppo di Bergen in ambito Black) sia, più frequentemente, escursioni Progressive imbastardite dalla potenza metallica dell'esecuzione di Bjørnson e Isdal, mentre il drumming veemente (ma a tratti capace anche di apprezzate raffinatezze) di Cato Bekkevold contrasta piacevolemente con gli accompagnamenti ben ponderati delle tastiere di Herbrand Larsen.
Un flavour psichedelico accompagna diverse sezioni di questo album, specie nelle fasi iniziali: “Clouds” e “To the Coast” sono segmenti nebulosi, sfuggenti, gelidi spazi astratti in cui le sei corde si fanno ruvide, asciutte e violente oppure melliflue e misteriosamente risonanti a seconda del momento, tra assoli accennati con pennellate morbide e una base ritmica in costante evoluzione, così come la sfuggevole elettronica di sfondo – notevole anche “Ground”, che continua in questa via tra realtà e sogno riprendendo alcune lezioni dei Pink Floyd e nascondendo tra luci ed ombre melodie notevolissime, un assolo apprezzabile ed un riffing che molto sa comunicare, nella sua presunta semplicità; un discorso analogo si può fare anche con l'ultima “The Watcher”, tutta tesa a convergere verso un palpitante, brevissimo stacco atmosferico di elettronica sotterranea e soffusa verso il terzo minuto, attimo di quiete prima dell'ultima tempesta elettrica.
Più progressivo il centro del disco, con il riffing compatto della pregevole title-track e il quarto d'ora delle due cadenzate (e stupende) “Reflection” e “Center” a rappresentare la sezione più ostica dell'album: niente concessioni alla tecnica fine a sé stessa ovviamente, piuttosto un intrico di melodie e strutture che vanno a dipanarsi solo dopo aver assorbito a lungo il nettare di queste composizioni; “Vertebrae”, infatti, è tutto fuorchè un disco immediato, che difficilmente impressionerà ai primi ascolti, ma che rivela doti conturbanti e fascinose se ci si prende l'impegno di andare a scavare: sotto i vestiti, la pelle e l'aspetto esteriore, superando anche carne, organi ed ossa ed arrivando al nucleo di tutto. Le vertebre della spina dorsale.
Enslaved: Una volta tanto, basterebbe il nome.
Loro ci mettono anche la sostanza: non perdetevi, quindi, "Vertebrae".