- James LaBrie - voce
- John Petrucci - chitarra, backing vocals
- Jordan Rudess - tastiere
- John Myung - basso
- Mike Portnoy - batteria, percussioni, backing vocals
1. In The Presence Of Enemies Pt. 1
2. Forsaken
3. Constant Motion
4. The Dark Eternal Night
5. Repentance
6. Prophets Of War
7. The Ministry Of Lost Souls
8. In The Presence Of Enemies Pt. 2
Systematic Chaos
A due anni di distanza dal discusso Octavarium, torna una delle band che più divide gli appassionati dell'intera scena rock/metal, quei Dream Theater che ad ogni nuova uscita fanno gridare al capolavoro i loro più fedeli sostenitori e contemporaneamente alla definitiva debacle, poi sempre rinviata, i loro più acerrimi detrattori. E dire che una serie di ottime uscite come Images And Words del 1992, il successivo Awake o il concept Scenes From A Memory del 1999, avevano inizialmente messo d'accordo un po' tutti e contribuito a donare risonanza a questo monicker facendolo assurgere in pochi anni ai primissimi posti delle preferenze in ambito progressive metal.
Systematic Chaos è il nono studio album del combo newyorkese, il primo edito dalla nuova label Roadrunner, e prosegue, pur senza ricalcarlo, il discorso già intrapreso con il suo succitato predecessore, per cui sarà facile aspettarsi un sound più pesante e tirato, che in questo nuovo lavoro assume connotati ancor più evidenti e in alcuni casi al limite del thrash, e non mancheranno neanche, come avremo modo di vedere, varie autocitazioni e similitudini con altre numerose band, che spesso portano quella fazione ostile alla presente band a marcare la cosa come cronica mancanza di idee che sfocierebbe poi in evidenti casi di plagio.
La voce di LaBrie non ha mai particolarmente brillato per intensità ed espressività, ma era stata comunque in grado di presenziare degnamente episodi drammatici ed evocativi, come ad esempio nel caso di The Spirit Carries On, attualmente invece risulta ancor più fredda e distaccata, nonostante sembri acquisita una maggiore versatilità che permette di alternare vocals aggressive a linee vocali più evocatice e soavi, mentre i vari strumentisti Petrucci, Ruddess e Portnoy trovano nelle lunghe ed articolate composizioni libero sfogo per i loro virtuosismi o i loro eccessi, sempre dipende da che punto si guardi la cosa.
In The Presence Of Enemies è la lunga suite divisa in due parti che ha il gravoso compito di aprire e chiudere il lavoro, la Pt. 1 inizia con una lunga parte strumentale caratterizzata dal riffing aggressivo di John Petrucci e dagli inserti tastieristici di Ruddess, lo strumentale acquista man mano in melodia fino a sfociare, dopo i cinque minuti, nella parte cantata, il brano comunque risulta ben amalgamato, alternando parti più heavy e tirate ad altre più melodiche e posate. Rispetto al precedente Octavarium non ci sono le facili melodie pop-oriented, tipo quelle di I Walk Beside You, in ogni caso l'aspetto melodico non è che venga meglio valorizzato in brani quali Forsaken, che nel complesso risulta più grintosa ed oscura, senza rappresentare tuttavia un capitolo esaltante della loro discografia, arriva poi Constant Motion, caratterizzata da un inizio e da strofe che in maniera fin troppo evidente sembrano richiamare lo stile dei Metallica (che sia un effetto della loro rivisitazione di Master Of Puppets?), la similitudine con Blackened in particolare salta facilmente all'orecchio anche del più profano ascoltatore, e solo nella seconda parte il brano riacquista la sua essenza progressive, anche la seguente The Dark Eternal Night si rifà ai Metallica e agli stessi Dream Theater di Train Of Thought, dando vita ad un pezzo ancor più aggressivo e thrashy, in cui abbiamo riff pesanti e vocals filtrate e distorte, con Portnoy che nelle strofe accompagna in seconda voce uno spento LaBrie, che meglio invece si esprime nelle aperture melodiche coincidenti con i refrain, mentre un po' su tutto il brano è possibile cogliere delle autocitazioni che vanno da The Dance Of Eternity a The Glass Prison, ma sempre riviste sotto una visuale più aggressiva e modernista.
La lenta e riflessiva Repentance continua la saga sull'alcolismo, andandosi così a collocare, con le sue atmosfere oscure, come naturale prosieguo di The Glass Prison (Six Degrees Of Inner Turbulence), This Dying Soul (Train Of Thought) e The Root Of All Evil (Octavarium), l'inizio sembra riprendere il tema principale proprio di This Dying Soul mostrando poi lungo il brano un sound che sembra ricercare una sorta di compromesso tra Pink Floyd e Tool, mentre a metà brano Petrucci consegna un solo degno di nota che anticipa la parte parlata, invece Prophets Of War riprende un discorso già intrapreso in Octavarium che consiste nel riprendere lo stile proprio dei Muse per riadattarlo al metal classico, purtroppo il tentativo non pare pienamente riuscito ed il confine tra la semplice influenza e la copia/imitazione è davvero labile, ma la vera particolarità del presente brano sta nel fatto che LaBrie & Co. pare abbiano reclutato una cinquantina di fan per registrare i chorus presenti nel brano.
The Ministry Of Lost Soul è più teatrale ed evocativa, tanto da ricordare i tempi di Scenes From A Memory, il lento e melodico inizio viene ben interpretato dalla voce suadente ed emotiva di LaBrie, poi arriva la lunga parte strumentale, molto più dinamica e caratterizzata principalmente dall'eccellente lavoro dietro le pelli di Portnoy e dal guitar-work di Petrucci, mentre nel finale si riprende il cantato iniziale ma in una nuova visione più solare e vitale, un brano emozionante, che nonostante la sua lunghezza (quasi quindici minuti) non stanca minimamente l'ascoltatore, infine In The Presence Of Enemies Pt. 2, il brano più lungo ed articolato dell'album, ma anche il più caotico e male amalgamato, il cui inizio ventoso si ricollega alla parte conclusiva della Pt. 1, prima di alternare in maniera non sempre efficace e riuscita repentini cambi di tempo e sfuriate metal, che ne fanno un pezzo non pienamente riuscito nonostante non manchino spunti interessanti.
Systematic Chaos rappresenta comunque, nonostante i suoi alti e bassi e l'eccessiva durata complessiva, ben 78 minuti e non sempre di alta qualità, un discreto lavoro ed un notevole passo in avanti rispetto ai due predecessori, anche se qui c'è l'aggravante di perseverare nell'errore, già presente in dosi ancor più massicce in Octavarium, di rifarsi fin troppo da vicino al sound di altre band, come Pink Floyd, Muse o Metallica. Certo però che se il loro intento, come dichiarato dagli stessi membri, era quello di dar vita ad un lavoro in grado di cogliere le diverse sfaccettature dei Dream Theater, capace quindi di essere tecnico ed al tempo stesso pesante, aggressivo ed al contempo emotivo, il risultato è stato, anche se non in pieno, almeno in parte raggiunto.