- Paolo Saporiti - voce, chitarra acustica
- Lucio Sagone - batteria, percussioni
- Christian Alati - chitarra elettrica, basso, pianoforte
1. The World Comes Around
2. Human Perversion
3. Fear Of Love
4. Play
5. red Eyes
6. Waitin' On A Friend
7. God
8. We All, We'll Wait In The Fire
9. Don't You Think
10. I Threw 'Em All Off
11. Did You Hit Me?
12. Prison
Don Quiból
Docici ballate malinconiche a cavallo tra tradizione Folk cantautoriale e rivisitazioni più psichedeliche o sperimentali fanno dell’album omonimo di debutto dei Don Quiból un’opera interessante e raffinata all’interno del panorama Indie italiano.
Musica acustica ed elettrica si fondono con efficacia, per dare vita ad uno stile personale che sa conservare l’introspezione tipica dei grandi cantautori, senza perdere l’accessibilità dei generi più contemporanei: Paolo Saporiti riesce a conferire un tratto unico alla musica dei Don Quiból, grazie ad un tono vocale capace di adattarsi a registri vari ed eleganti; le chitarre e la batteria invece tessono delle linee meditative e poetiche, vero punto di forza del full-lenght d’esordio di una band particolare e diversa dalle solite proposte nel genere folcloristico.
Basti accostarsi all’opener The World Comes Around per comprendere quale sia la qualità del suono del terzetto, sospeso tra motivi Folk acustici, venature Blues ed aloni psichedelici dove la batteria si fa più incisiva. Human Perversion rimane più chiusa nel suo guscio oscuro, per esplodere a tratti con le aperture strumentali, mentre Fear Of Love, una delle tracce migliori, assume proprio la forma della ballata persa e suggestiva. Gli intervalli soffici ed avvolgenti di Play si contrappongono al ritmo incalzante di Waitin’ On A Friend, per costruire un’atmosfera tutt’altro che scontata e banale. Paolo Saporiti sa elevarsi al di sopra delle sezioni strumentali, garantendo una gradevolezza e una musicalità che rapiscono l’ascoltatore e cullando con abilità su un tappeto di elaborate percussioni.
Gli elementi sperimentali emergono in God, nelle distorsioni delle chitarre e negli effetti che si susseguono più ci si avvicina verso una conclusione che si spegne verso il nulla.
Melodie ricercate vengono arrangiate con un gusto ed una sensibilità tipici di chi ha una profonda esperienza del panorama musicale del passato e delle nuove proiezioni verso il futuro dell’Indie.
In definitiva, sebbene sia presente qualche punto morto e fin troppo vuoto (I Threw ‘Em All Off), il risultato finale di Don Quiból è sopra la media degli altri prodotti discografici che vengono immessi nel mercato italiano. Si consiglia pertanto il lavoro a coloro che apprezzano particolarmente le sonorità Indie ricercate, il Folk Rock, la Psichedelia meno acida ed altisonante e i timbri pià votati alle moderne soluzioni Post Rock. Un plauso va infine alla Canebagnato Records che ha creduto in questi tre ragazzi, supportando la pubblicazione di un’opera diversa e ben curata sotto il profilo professionale.