- Ritchie Blackmore - chitarra acustica, chitarra elettrica, mandolino, Hurdy, Gurdy, tamburello, percussioni rinascimentali
- Candice Night - voce, cori, arpa Shawm, Recorder, Pennywhistle, cornamusa
- Sir Robert of Normandie - basso, cori
- Carmine Giglio - tastiere
- Pat Regan - tastiere
- Chris Devine - violino, viola, flauto
- Mike Sorrentino - percussioni
- Albert Dannemann - zampogne
- Richard Wiederman - trombe
- John Passanante - trombone
1. Written in the Stars (04:49)
2. The Times they are a Changin' (03:33)
3. I Still Remember (05:42)
4. Home Again (05:24)
5. Crowning of the King (04:31)
6. Fayre Thee Well (02:07)
7. Fires At Midnight (07:32)
8. Hanging Tree (03:47)
9. The Storm (06:08)
10. Mid-Winter's Night (04:30)
11. All Because of You (03:36)
12. Waiting Just for You (03:13)
13. Praetorius (Courante)(01:57)
14. Benzai-Ten (03:48)
15. Village on the Sand (05:04)
16. Again Someday (05:08)
17. Possum's Last Dance (02:42)
Fires at Midnight
La bellissima avventura chiamata Blackmore’s Night, dal nome dei due membri del gruppo, ovvero il grande chitarrista dei Deep Purple e Rainbow Ritchie Blackmore e la sua compagna Candice Night, continua nel 2001 con il terzo capitolo discografico, Fires at Midnight.
E’ pregevole poter ascoltare musica celtica e medievale nel terzo millennio, unita ad un approccio Folk Rock totalmente settantiano, con melodie uniche nel loro genere, oniriche e suadenti. L’immaginazione cavalca verso tempi e luoghi lontani ascoltando le bellissime ballate composte da Ritchie, che si dimostra non solo chitarrista eccezionale in fase di song-writing e di interpretazione, ma anche musicista attento a ricalcare le tradizioni della sua Gran Bretagna.
Sebbene il duo inglese avesse già stupito negli anni precedenti questo Fires at Midnight con i due album Shadow of the Moon, in cui compariva il celebre Ian Anderson al flauto traverso, e Under a Violet Moon, Ritchie non manca di soluzioni geniali che rispecchiano lo stile Folk progressivo degli stessi Jethro Tull o dei dimenticati The Amazing Blondel. Unica eccezione a questo mix folcloristico dalle atmosfere magiche è la voce di Candice Night, dai timbri caldi ed espressivi, che fanno rimembrare i motivi medievali raffinati ed eleganti.
Emozioni si susseguono durante l’ascolto di Fires at Midnight e, come per i passati capitoli discografici, si dipinge un quadro che ritrae cantori dagli abiti curiosi all’occhio moderno, tutti disposti con i loro menestrelli attorno ad un fuoco. Danze dimenticate e posate che riscuotono l’attenzione con le note e i temi dell’onnipresente chitarra classica e Folk di Ritchie, già a partire da Written in the Stars, potente e ritmata canzone, supportata da trombe e tastiere che creano un alone maestoso. Certamente di grande effetto anche tutti gli strumenti dell’epoca impiegati in questo Fires at Midnight, quali mandolini e fiati incantati.
A parte la stupenda cover posta come seconda traccia dell’album, l’eterna The Times They are Changin’ dell’immortale Bob Dylan, riproposta in chiave ancora più Folk dell’originale, i restanti quindici pezzi che formano l’album sono soavi perle acustiche di elevato livello compositivo.
Non è neanche possibile analizzarle separatamente poiché ognuna è intrisa di melodie piacevolissime, affascinanti e fatate, quale la voce di Candice, vera trasportatrice dell’opera e filo conduttore tra tutte le fatiche discografiche della band.
Solo le percussioni e il tamburello scandiscono i ritmi delle ballate, insieme alla “partecipazione popolare”, che si manifesta nel battito delle mani che accompagna tanti episodi, quale Home Again.
L’ultima considerazione per Fires at Midnight va fatta riguardo la maturità dimostrata da Blackmore nel continuare a credere e a portare avanti un tale progetto, distante nelle sonorità e negli intrecci strumentali da qualsiasi proposta odierna: gli appassionati dello spirito popolare dei Jethro Tull, gli amanti della musica celtica e medievale/rinascimentale, i fan di tutto il Progressive degli anni ’70 e i fanatici Hard rockettari dei Deep Purple e Rainbow potranno comprendere la svolta stilistica subita da questo grande musicista, che ha contribuito alla concretezza di tante realtà del Rock dagli anni ’60 fino ad oggi, rimanendo sempre in prima linea e cercando spesso trovate compositive non accessibili alla totalità del pubblico, ma pur sempre gradevoli e coinvolgenti.