MCA - Vocals, bass
Mike D - Vocals, drums
Ad-Rock - Vocals, guitar
Mario Caldato, Jr. - Producer, Keyboards, Engineer
Marcel Hall - Vocals on "The Biz Vs. The Nuge"
James Bradley, Jr. - Percussion
Drew Lawrence - Percussion
Money Mark - Organ, synthesizer, keyboards, clavinet, wurlitzer
Art Oliva - Percussion
Juanito Vazquez - Percussion, conga, cuica
1. Jimmy James – 3:14
2. Funky Boss – 1:35
3. Pass the Mic– 4:17
4. Gratitude – 2:45
5. Lighten Up – 2:41
6. Finger Lickin' Good – 3:39
7. So What'cha Want – 3:37
8. The Biz Vs. The Nuge – 0:33
9. Time for Livin' – 1:48
10. Something's Got to Give – 3:28
11. The Blue Nun – 0:32
12. Stand Together – 2:47
13. Pow – 2:13
14. The Maestro – 2:52
15. Groove Holmes – 2:33
16. Live at P.J.'s – 3:18
17. Mark on the Bus – 1:05
18. Professor Booty – 4:13
19. In 3's – 2:23
20. Namasté – 4:01
Check Your Head
Con la fine degli 1980s e lo sciame mediatico suscitato dal fenomeno grunge attorno al rock alternativo tutto, i Beastie Boys, reduci da un debut bestseller e innovativo come Licensed to Ill (1986, tra i primissimi dischi ad iniettare elementi rock nell'hip-hop) e dalla maturità artistica conseguita dall'inaspettato e sorprendente Paul's Boutique (1989, l'album dominato da un sampling torrenziale e sperimentalismi bizzarri che trasporta l'hip-hop intero verso una nuova dimensione, gettando le basi per tutto l'hip-hop sperimentale futuro), decidono di dare una svolta più heavy al loro sound, ma tale scelta non viene determinata dal voler abbracciare il successo commerciale, come invece vari loro detrattori continueranno a sostenere per anni.
Se i Beasties avevano abbandonato i facili samples chitarristici su ripetitiva base hip-hop dei loro primi pezzi, come She's On It, e di buona parte del loro debut Licensed to Ill, in favore della ricerca e affinatura delle tecniche di sampling in Paul's Boutique, era infatti perché i primi non costituivano ormai più un'innovazione, a differenza dei secondi; e di conseguenza, con il terzo full-length Check Your Head, registrato tra il 1991 e il 1992, i tre non si lasciano influenzare più di tanto dal rock che affolla le classifiche, quanto più che altro dal proprio stesso passato, implementando nel sound (ormai divenuto radicalmente personale ed esplosivamente creativo) molti degli stilemi rock e hardcore che avevano determinato in primis la loro formazione musicale quand'erano ancora teenager.
I Beastie Boys, nel confezionare Check Your Head, scrivono così un altro album "crossover", stavolta però molto più variegato rispetto al debut, e permeato da un'irresistibile vena anarco-creativa che convince molto di più rispetto a quel lavoro giovanile, in cui la carica ribelle era più che altro quella di Rick Rubin, fatto che in quel disco faceva spesso emergere la sensazione che ai tre ragazzi le canzoni stessero davvero "strette".
Ingiustamente e inspiegabilmente sottovalutato per anni da gran parte della critica (ma non dal pubblico, che lo premierà con un doppio platino) a partire dall'uscita, Check Your Head scodella invece una lunga lista di tracce (una ventina in tutto) infarcita di vere e proprie perle, che non solo vanno a situarsi tra i vertici della beastie-discografia, ma assieme a Paul's Boutique completano anche interamente le fondamenta artistiche sulle quali il trio svolgerà tutta la propria futura carriera. Siamo di fronte, infatti, al disco con cui i Beasties diventano a tutti gli effetti musicisti totali, capaci di concepire una forma stilistica che osserva il rock e l'hip-hop a 360°: animati da una frenesia giocosa irrefrenabile, i Beasties catturano idee da qualsiasi fonte, infilano sample a ruota quando vogliono, imbracciano gli strumenti reali quando pare a loro, passano attraverso i "generi" ignorandone completamente l'esistenza.
Questa forma mentis, la migliore possibile in musica (i generi sono solo linee guida nel dialogo tra critica e pubblico, non si capisce perché gli artisti dovrebbero auto-limitarsi scegliendone uno o l'altro), nasce da quella particolare formazione teenageriale prima hardcore-punk e poi hip-hop felicemente assorbita dalla band, e viene in quegli anni alimentata dal crescere in qualità e popolarità del filone crossover-rock di Red Hot Chili Peppers, Faith No More e Living Colour, da cui i tre vengono positivamente influenzati ma che probabilmente sentono anch'esso ancora troppo stretto e codificato (si tratta in fondo sempre di band, di partenza strettamente rock o funk: i Beastie Boys vanno oltre non solo al funk-rock, ma perfino al concetto stesso di band).
Se al primo ascolto il disco nel suo complesso può sembrare confuso e incoerente, c'è in realtà una divisione precisa al suo interno: in un gruppo di pezzi, la band si concentra in una micidiale mitragliata di fusioni tra rock e hip-hop ognuna con differenti influenze musicali, in un secondo gruppo di pezzi prende il sopravvento una voglia di ricollegarsi alle radici afroamericane delle loro passioni, che i tre individuano nel funk-soul.
Su quali segnalare tra le singole tracce del primo "gruppo", che come base di partenza evolve le intuizioni della loro Looking Down the Barrel of a Gun, c'è solo l'imbarazzo della scelta: si tratta di una sequenza incredibile, che occupa quasi interamente tutta la prima metà dell'album, assalendo l'ascoltatore concedendogli in mezzo appena un paio di skit per dargli il tempo di riprendersi. L'opener Jimmy James è già programmatica e devastante: propulsa da un ribollente basso e da beat esagitati e sporchi, viene percorsa di continuo da degli scratch fantastici, tra i migliori nell'intera storia dell'hip-hop; la grandiosa Pass the Mic, uno dei loro massimi vertici di sempre, è un capolavoro postmoderno costruito su sample geniali (riff di chitarra elettrica, bassi metafisici, synth elettronici scratchati, beat caotico) e mostra i tre rapper alternarsi al microfono in maniera funambolica (specie nell'ultima strofa); la rockettara Gratitude (con un messaggio come "When you've got so much to say / It's called gratitude, and that's right", completamente opposto al trend contemporanei del rock), suonata interamente su strumentazione rock, è costruita su di un giro di basso tanto ruvido e noise quanto catchy, avvolto da distorsioni e tastiere d'organo analogico di memoria blues; So What'cha Want è retta da strofe rap in voce distorta su di una indimenticabile e devastante batteria marziale e sincopata, e il sample chitarristico che viene usato come chorus resta uno dei momenti più memorabili; la brutale Time for Livin' è un brevissimo pezzo hardcore-punk tirato a mille, e resta il migliore e più travolgente tra tutte le loro escursioni passate e future nei territori heavy rock e punk; Something's Got to Give , su di un tappeto sonoro calmo e riflessivo, viene avvolta da voci effettate che ogni tanto fanno capolino con brevi frasi (le liriche contengono un messaggio pacifista) o nenie orientaleggianti che ricordano lo stile di Mike Patton; Finger Lickin' Good getta un tappeto di beat percussivi come base a un ricorrente motivo di flauto, stacchi di tanpura, comparsata di Bob Dylan campionato; Stand Together mixa un rap effettato condotto quasi del tutto dalla rabbiosa voce di MCA, fiati dissonanti da free jazz, distorsioni elettroniche futuristiche.
I Beasties tornano al tipico stile di Paul's Boutique solamente in Professor Booty, un ottimo pezzo dal classico stampo hip-hop, dominato da una grooveggiante linea di basso.
Anche in questo album sono praticamente assenti i chorus, rimpiazzati da parti musicali, spesso campionate o scratchate, atte a spezzare il flow delle strofe. Il lavoro è poi, per la prima volta, incentrato non su voci e samples, ma sulla composizione musicale; tale elemento è tra l'altro fortemente ribadito nei pezzi appartenenti al secondo "gruppo", come POW, Lighten Up, Groove Holmes, In 3's, e la conclusiva pacata meditazione Namasté, tutti strumentali di matrice funk, che partono dalle soluzioni sonore groovy tipicamente Motown per iniettarvi influenze ora soul, ora jazz, ora reggae.
Anche se con un paio di skit/filler (forse) di troppo, e senza una suite più lunga e cerebrale come quella che chiudeva Paul's Boutique, Check Your Head è uno dei capolavori dei Beastie Boys, forse in assoluto il disco più rappresentativo del loro eclettismo, e resta un traguardo storico ed influente per tutta la storia della musica: con quest'album, il trio ha definitivamente abbattuto, spazzato via, polverizzato tutte le barriere tra il mondo del rock e quello dell'hip-hop. Per chi viene dopo, non c'è più alcuna scusa.