- Kelly Shaefer - Voce
- Chris Baker - Chitarra
- Jonathan Thompson - Chitarra, Basso
- Steve Flynn - Batteria
1. Second to Sun
2. Fictitious Glide
3. Fraudulent Cloth
4. Live and Live Again
5. Faux King Christ
6. Tortoise the Titan
7. When the Beast
8. Third Person
Jupiter
Gli Atheist non hanno bisogno di molte presentazioni: la band ha infatti segnato in modo indelebile la storia del metal estremo nei primi anni '90 e, tra il 1989 e il 1993, ha rilasciato tre capolavori che hanno inventato, sviluppato e contaminato, mediante influenze fusion e musica latino-americana, la frangia più tecnica e raffinata del death metal. La loro proposta troppo all'avanguardia per il pubblico del periodo e anche una certa dose di sfortuna, però, hanno precluso al gruppo il successo meritato e pertanto, subito dopo la pubblicazione di Elements, questo si è sciolto nell'indifferenza quasi generale.
Ma la reunion del 2006 (seguita subito dopo dalla pubblicazione del loro unico album live Unquestionable Presence: Live at Wacken) ha affermato gli Atheist come un vero e proprio culto tra gli ascoltatori di metal più aperti e appassionati ai generi più contaminati. Non è perciò una sorpresa che, dopo l'annuncio di una nuova fatica, il loro ultimo Jupiter sia stato uno dei ritorni più attesi degli ultimi anni nel panorama estremo.
Ma nel 2010 gli Atheist sono ben diversi dalla loro ultima incarnazione in Elements: nonostante al momento della reunion fosse prevista totalmente la line-up classica - quindi Rand Burkey alla chitarra, Kelly Shaefer alla voce, Tony Choy al basso e Steve Flynn alla batteria -, Burkey è stato impossibilitato a suonare con la band per problemi legali, mentre Choy ha lasciato la band poco dopo aver cominciato le sessioni di registrazione a causa di screzi con gli altri musicisti. Così il complesso conta, oltre ai già citati Shaefer e Flynn, i nuovi chitarristi Chris Baker (precedentemente negli Gnostic con Steve Flynn, nonché già dal 2006 membro degli Atheist con cui ha partecipato pure al Wacken 2006 immortalato nel loro cd live) e Jonathan Thompson (che con l'assenza di Choy si è improvvisato anche bassista) per registrare il loro nuovo lavoro.
Anche lo stile risulta ovviamente diverso rispetto ai dischi precedenti (seppur sempre riconoscibile e riconducibile al sound della discografia storica, in particolare Unquestionable Presence), partendo dal timbro di Shaefer - molto più rauco a causa di anni di poco esercizio nello screaming, passati invece a fumare e bere, e dell'influenza dovuta al suo lavoro negli ultimi anni con i Neurotica, che lo rendono decisamente più "alternative" -, passando alle linee di basso (comprensibilmente meno virtuose e folli, nonostante Thompson faccia comunque un buon lavoro) e finendo con il song-writing, più vicino a quello libero di Unquestionable Presence, ma con un forte ridimensionamento di breakdown e stacchi fusion in favore di influenze quasi mathcore e djent. È inoltre da citare la produzione, che rispetto ai lavori precedenti appare molto più moderna, rumorosa e vicina agli standard del death metal degli ultimi dieci anni, che toglie ulteriormente il ruolo da protagonista che il basso ha sempre avuto negli Atheist, valorizzando invece le chitarre e la batteria.
Per godere appieno del disco, infine, è necessaria una doverosa precisazione: con questo nuovo album, gli Atheist sono naturalmente ben lontani dal voler portare alla luce un lavoro rivoluzionario. Lo scopo della band, infatti, non è quello di suonare una musica sperimentale come in Elements o in Unquestionable Presence, bensì un metal raffinato ed estremo al contempo, come loro hanno istituito ormai 20 anni fa, senza troppe pretese di stravolgere per una quarta volta il genere. Proprio per questo, chi si aspetta una nuova e radicale innovazione rimarrà facilmente deluso, e non giudicherà Jupiter per quello che in fin dei conti è, ovvero un disco death metal ben suonato, arrangiato e composto.
Tale discorso trova una conferma fin dalle prime note di Second to Sun, il pezzo più vicino ad Unquestionable Presence di tutto l'album, che mostra una band dinamica e con ottime idee sia sul piano chitarristico che nella base ritmica: le chitarre si lanciano in riff e assoli splendidi, sempre riconducibili al classico sound Atheist seppur rimodernizzato e contaminato da influenze alternative e mathcore, mentre Shaefer mostra una voce dallo stampo molto nu/alternative (tanto da ricordare fortemente Chad Gray in certi passaggi) condito con sporadici scream, il tutto sorretto dalla batteria di Flynn, il quale mostra tutta la fantasia, l'inventiva e la tecnica dei tempi d'oro.
Fictitious Glide, invece, presenta degli Atheist più violenti e tecnici, come si può facilmente presagire dall'intro di batteria e chitarra e come viene ampiamente dimostrato successivamente sia dagli ottimi riff che dalla lunga sezione solistica, la quale anche nei momenti più barocchi cattura l'ascoltatore grazie al sostegno di una base ritmica che ricorda molto i breakdown di basso e batteria di Unquestionable Presence.
Segue dunque Fraudulent Cloth, violenta critica alla Chiesa, che prosegue la scia abbozzata dal pezzo precedente senza mostrare segni di cedimento e che presenta alcuni tra i migliori riff del disco, i quali impediscono il minimo calo della qualità globale del prodotto, seppur l'assolo sia decisamente troppo autoindulgente.
Sfortunatamente non si può dire lo stesso per l'inferiore Live and Live Again, che, oltre a una breve quanto evitabile introduzione di violoncello (quasi come fosse una mera bozza dell'idea vera e propria), mostra il chorus probabilmente più ruffiano e irritante mai concepito dagli Atheist, nonostante nella seconda metà (e soprattutto con il solo) ritorni su standard qualitativi superiori.
Un'introduzione molto vicina ai Mastodon di Leviathan apre Faux King Christ, altra critica alla religione sulla scia dei concept di Piece of Time, che riporta nuovamente Jupiter su livelli molto buoni (nonostante non raggiunga quelli del trittico d'apertura), mentre Tortoise the Titan alterna momenti poco convincenti a riff invece più ispirati. Con When the Beast si ha invece uno dei capolavori (se non il capolavoro) di Jupiter, in cui il quartetto mostra appieno la sua ispirazione in fase compositiva presentando parti di chitarra tecniche e accattivanti tanto nei riff (che spaziano da un technical death metal che riporta alla mente pure i Death di Human a momenti molto vicini quasi ai Sepultura di Roots) quanto nell'assolo, un drumming ispiratissimo e variegato, e una delle prove vocali migliori di Shaefer.
Ma a seguire uno dei momenti più alti degli Atheist del nuovo millennio vi è il parto senza dubbio peggiore di sempre della band: un riff pacchiano, in salsa quasi Iron Maiden, introduce Third Person, che prosegue su percorso non troppo distante e in cui l'elemento migliore è dato dalla base ritmica sempre sopra le righe, chiudendo in maniera indegna, con lo stesso riff d'apertura in fade-out, quello che s'era rivelato come un ottimo ritorno del gruppo.
In soli 32 minuti si esaurisce quello che si rivela comunque un graditissimo e convincente ritorno. Jupiter come già affermato non è nulla di epocale ma al contempo non è assolutamente un disco da sottovalutare: il confronto con i primi tre lavori è ovviamente impietoso, ma ciò non toglie che le idee in fase compositiva qui dimostrate siano molto buone. Nonostante alcuni momenti tra i peggiori della loro discografia, questo album rimane comunque degno di nota, e mostra come si debba suonare il technical death metal in un periodo in cui ormai tale stile è stato ridotto a mero esercizio di tecnica, proponendo una musica vicina alla genuinità dell'old-school ma (fortunatamente) modernizzata e aggiornata.
Consigliato a ogni fan del metal estremo più raffinato e ragionato.