Voto: 
5.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
R&S
Anno: 
2011
Line-Up: 

- James Blake - Voce, programming

Tracklist: 

01. Love What Happened Here
02. At Birth
03. Curbside

James Blake

Love What Happened Here

Tra i tanti musicisti del duemilaundici, quelli capaci di contraddistinguersi per una folta produzione con modalità di schemi diversi non sono molti. In cima alla lista, o comunque prossimo alla prima posizione, vi è certamente James Blake. Non è un caso difatti che la storia degli ultimi anni di questo giovanissimo ragazzo sia molto spesso concisa con quella della dubstep, molto carente di qualità nelle rispettive "alternative" ( basti pensare all' ultimo duetto Pinch & Shackleton), in assenza d' altro ( ovvero di Burial). Partito a spron battuto con una serie in sequenza di tre EP, il giovane londinese fa uscire l' album omonimo d' esordio nei primi mesi di questo stesso anno, riscuotendo numerose lodi per gli undici movimenti di soul non canonico, in equilibrio tra elettronica e cantautorato; stupisce soprattutto l' uniforme livello qualitativo che riesce a tenere James Blake, quantomeno abile nella profonda ricerca tesa sempre verso il pop.

Possiamo tranquillamente relegare il suddetto episodio nell' angolo degli oggetti di maggiore impatto, materiale di buonissimo potenziale nonché più onesto del Blake pensiero, che appena immerso nell' avventura da artista ha preferito affidarsi in modo particolare al suo pianoforte, non essendo un grandissimo conoscitore dell' elettronica in generale e precisamente dell' etichetta dubstep subito addossatagli. Ma è soprattutto per il tramite delle extended play che James si permette di sperimentare, di prendere confidenza con l' armamentario elettronico. Andando oltre i primi abbozzi contenuti in The Bells Sketch e CMYK, in cui prevalentemente si celano melodie in prova e piuttosto confuse l' una con l' altra, ed evitando del tutto il fallimentare recente Enough Thunder, eccessivamente bolso e abulico per tentare di accomunare scorci ambient col pop, l' EP Klavierwerke lascia esterrefatti se rapportato con tutti gli altri lavori: l' imponente title-track e le altre tre tracce sono infatti inverosimilmente calate in un contesto che tra dubstep e downtempo si rivela inedito e memore dei tempi andati con Dntel, anche se qui dentro ci sono moltissimi altri variegati aspetti.

Ma oramai James Blake non pensa più a questo, i tanti elogi ricevuti lo hanno caricato di chissà quale illusione profetica da poter facilmente arrivare a pensare al concetto di artista universale, dimenticandosi così delle atmosfere e dei silenzi che lo hanno portato alla fama. Il nuovo singolo / EP Love What Happened Here manda all' aria definitivamente pure Pan e Order preferendo occuparsi ( forse definitivamente) di troppe diverse aree contemporaneamente. Naturalmente si sbaglia: come da previsione i tre brani si perdono entrambi in una monotona paralisi creativa, divergendo persino dall' ambiente elettronico per il mood da a cappella che si sta impossessando in maniera maggiore di ogni suo brano. Gli accenni funky ipotizzati nella title-track, per esempio, vengono immediatamente fatti annegare in una serie di basi / metronomo, sferragliare plastico di tastiere e sample vocali hip-hop, in modo tale da troncare con ogni definizione armonica ma bensì lanciarsi nella sola opaca accelerazione di tali elementi. Attitudine buona solo per i suoi acclamatissimi sing-along nei live a cui non si riesce a trovare nè una definizione nè un senso, perfettamente sottolineata dai rimanenti due episodi, la falsa techno At Birth e l' ancor trash da artigiani ghetto Curbside, per nulla ispirati o dotati di un sol guizzo accomunabile a qualcosa di originale.

Quella di Blake tutt' oggi appare decisamente materia astratta per veri musicologi, o addirittura filo-elettronici. Nel giro di pochi mesi la sua arte si è dissolta in qualcosa di unicamente trendy, senza un filo di pathos emotivo e nemmeno sensibile al genere che si porta in dote. Love What Happened Here accorre impietosamente a mostrare il vuoto, come se il party funebre di Enough Thunder non fosse bastato. Speriamo che ben presto si rimetta al pari con le sue migliori performance in studio, altrimenti per James Blake si potrebbero prospettare tempi duri. Durissimi.

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