Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Genere: 
Etichetta: 
Sub Pop
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Dee-Dee - Voce, chitarra
-Jules - Chitarra, voce
-Bambi - Basso
-Sandy - Batteria, voce

Tracklist: 

01. Always Looking

02. Bedroom Eyes

03. Just a Creep

04. In My Head

05. Heartbeat

06. Caught in One

07. Coming Down

08. Wasted Away

09. Teardrops on My Pillow

10. Hold Your Hand

Dum Dum Girls

Only in Dreams

Per riuscire a capire solamente in minima parte la portata del nuovo capitolo discografico delle Dum Dum Girls, orfane da un bel pezzo della fuoriclasse Frankie Rose, bisogna focalizzarsi su due precisi ed importantissimi fattori. Il primo è quello che vede alla produzione Sune Rose Wagner del famoso duo The Raveonettes, mentre il secondo riguarda una chiara e precisa influenza - Molto simile a quella che ha portato gli Arcade Fire ad incidere Funeral - dichiarata in maniera esplicita dalla stessa Dee-Dee, ovvero una sventura riguardante la madre, malata di tumore. Ne scaturisce di conseguenza un lavoro sicuramente più maturo, incredibilmente evoluto e ricco, nell' accezione nobile ed incantevole del termine. Riportando alla mente l' EP pubblicato ad inizio anno, altresì i motivi trainanti di questo alquanto suggestivo Only In Dreams appariranno in tutta la loro magniloquente intenzione. He Gets Me High, senza coprire i meriti con parafrasi semplicistiche, sebbene composto da sole quattro tracce sapeva distinguersi dalle migliaia di uscite indie-rock che in quel periodo andavano ad accavallarsi l' una sopra l' altra per il semplice fatto di saper creare una definita e riconoscibilissima cifra stilistica, pur mantenendosi nei ristretti contorni di questa uscita, edita a scopo narrativo per svelare in modo alquanto simpatico quei precisi suoni per cui provano una innata passione. Proprio qui l' ensamble si rivelava come uno dei più validi in ambito rock, per la capacità di miscelare eccitanti feedback noise-pop di chitarre con una sapiente attività di songwriting della frontwoman Dee-Dee. Caratteristiche che ne hanno fatto risaltare la capacità di guardare con un particolare occhio la musica, evidenziata con l' abbacinante cover There Is A Light That Never Goes Out, ricca di un' infinita saggezza e frutto non dell' improvvisazione dell' ultima ora, ma bensì di un progetto vissuto a pieno regime.

Rara dote che le ha portate ad insistere su un certo tipo di suono e farlo proprio, crescendo artisticamente in maniera spropositata ( ed il fatto anche di sapersi risparmiare, testimoniato dal live alla Salumeria della Musica di Milano, rientra nel kit per diventare grandi). Cercare di definire un suono, però, è un atto estremamente difficile ed audace ( limitarsi al college-rock dei sixties dell' esordio I Will Be non le avrebbe forse condotte ad una carriera duratura?), qualcosa che non si inventa da un giorno all' altro o meglio ancora qualcosa che non si può configurare con una sola uscita discografica, per quanto lodevole. Ma è proprio con l' uscita di Only In Dreams che l' intento del quartetto, parzialmente rivelato con l' anteprima di He Gets Me High, finalmente si concretizza, apparendo non più adesso utopico, o peggio ancora derivativo. Le scorribande adrenaliniche all' insegna del migliore post-punk riconducibili ai primi due episodi discografici dei Blondie ed alle Las Robertas si sacrificano in questo nuovo episodio per dare spazio ai testi, mai così personali e di un livello impensabile se andiamo a raffrontarli con il disco d' esordio, raffinandosi implicitamente ed iniziando a dialogare apertamente con quell' impasto di guitar pop e surf rock che ad oggi corrisponde al nome di New York City sound. Precisamente, Only In Dreams è la rivisitazione in chiave malinconica di Belong dei Pains of Being Pure at Heart ( che a sua volta era la rivisitazione pop dello shoegaze degli Adorable: un suono, come si suol dire, dalle mille facce), e più di un elemento viene in soccorso a questa tesi: la prosa poetica figlia del maledettismo del rock di indole wave, le melodie di più ampio respiro coincidenti molto spesso con veri e propri climax, gli spleen melodrammatici di nomi come Pulp ed il cantato recitato di una tra le voci più raffinate dell' indie-rock odierno ( siamo passati da un modello in stile Carcass dei Siouxsie and the Banshees per approdare ad una forma più intonata della più rilassata Bethany Cosentino)... Eccola qua, la ricetta che fù dei The Jesus And Mary Chain e Pastels al contempo, in mano a quattro signorine che ai tempi dell' università sapevano passare da un disco dei My Bloody Valentine ad uno dei Vaselines così, come se fosse la cosa più naturale al mondo.

Ma adesso, che anche sulla fredda e piovosa Manchester ha iniziato a battere forte il sole, le caratteristiche di un suono così tanto abusato non sembrano avere più un gran senso: in questo si superano le Dum Dum Girls quando scelgono di confondere tutta questa concreta sostanza di riferimenti con il loro solito mix tra il pop degli eighties ed il surf-rock al passo coi tempi. Dall' iniziale Always Looking, scontro frontale tra gli Housemartins più commerciali e twee proprio con i Raveonettes di Ignite prima citati, ci si può accorgere anche ad occhi chiusi ( ad eccezione, naturalmente, di chi non vuol vedere nemmeno tenendoli aperti) dell' originalità della formula, mentre con Beedroom Eyes, traccia bugiarda nell' evocare la musica da cameretta ma coerente e fresca quando si tratta di far suonare le No Joy assieme alle elucubrazioni di chitarre di Vivian Girls e affini, già riescono a far entrare l' ascoltatore in un mood ossessivo di emotività a costo zero. Niente da fare, sono cresciute notevolmente, e si sente: i primi secondi di Just a Creep pongono le basi per una ballata bella e buona, ma ancora una volta le chitarre vanno a delineare un pezzo energico, smantellando le perplessità di chi quel suono l' aveva già sentito dai Beach Fossils. Sune Rose Wagner, come detto ad inizio di recensione, si dimostra la vera arma in più di questo secondo disco: poche canzoni sanno mescolare prose tormentate alla maniera di Patti Smith con un ritmo scheletrico e ridotto all' osso tipico degli Eternal Summers come In My Head e Caught in One, e se tutto ciò viene eseguito in maniera pressoché perfetta in questo Only In Dreams è anche merito del bel moro danese, che qui si mantiene in linea con il progetto pop-gaze che lo stesso sta portando avanti da anni con l' altro membro Sharin Foo. Heartbeat ad esempio senza un abile lavoro di mixaggio in studio sembrerebbe uno dei tanti pezzi garage-rock scritti dai Cloud Nothings, ma che con le evidenti pulizie apportate diventa qualcosa di estremamente romantico. Coming Down, settima traccia in scaletta, è stata anche la prima ad essere estratta dal lotto di dieci brani seppur molto diversa da quello che è il loro modo di fare musica. Ma il motivo è palese, evidenziato da quel "coming down" ripetuto sempre più debolmente: la canzone, interpretata da Dee-Dee qui con un cantato in stile Anna Calvi, è il vero tributo alla madre, una ballata mai tediosa ma anzi incantevole. Wasted Away riporta il disco sui binari giusti imbastendo, se ancora ce ne fosse stato bisogno, una vera e propria prova di forza evidenziata nella cavalcata di chitarre shoegazy che riporta alla mente gli scatenati Ringo Deathstarr. Teardrops on My Pillow è l' ultima chicca che le quattro ci offrono prima di chiudere, con quelle intessiture melodiche che sembrano vogliano rincorrere mostri del calibro di Psychedelic Furs o meglio ancora Suede, mentre la trama scarna della conclusiva Hold Your Hand viene oscurata inevitabilmente dal livello delle altre tracce, ma non per questo non riesce a rievocare le improvvisazione delle prime Raincoats.

Davvero, ma sono queste le Dum Dum Girls capaci di trame fulminanti tipiche dell' attitudine punk? La risposta, dopo l' ascolto di Only In Dreams, non appare più così scontata. Il suono si è sicuramente arricchito, così come evoluti appaiono i giochi melodici di puro stampo twee-pop dell' esordio. La voce agli antipodi sporcata ( ma non troppo) dall' effetto lo-fi adesso domina la scena, sicura di poter e saper dominare la scena e guidare le varie parti verso un suono che non soffre più adesso di quella pericolosa urgenza espressiva. Only In Dreams, a conti fatti, ha tutte le credenziali per rimanere impresso tra i migliori dischi degli ultimi dieci anni, in particolare per aver fatto uscire una band indie-rock da caratteristiche ormai sorpassate oppure da stereotipi quali il ritornello potente o gli handclapping, rinnovando come detto prima un suono sempre più suggestivo come quelli della new wave e del seguente guitar pop. E a chi ancora ha il coraggio di parlare di hype e di album troppo sbrigativi nei minutaggi, con i dovuti rapporti tra vecchio e nuovo per non rischiare di cadere nell' accusa di eresia ricordiamo che anche The Queen is Dead degli Smiths dura quasi quanto Only in Dreams.

"Il futuro del rock appartiene alle donne" - Kurt Cobain

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