L’ultimo decennio è stato di sicuro il più prolifico in termini commerciali per l’intera scena indie, che poggia comunque le sue radici ben più lontano. Con la diffusione planetaria del cosiddetto DIY (“do it yourself”), che ha consentito a chiunque sapesse minimamente suonare uno strumento e possedesse un pc di “fare musica”, una buona fetta dell’attenzione pubblica musicale è stata conquistata dalle produzioni caserecce, lo-fi, appunto “indipendenti” dalle major, o che comunque tali pretendono di apparire. Da ciò si è originata un’infinita progenie di piccole band da strapazzo, il cosiddetto “landfill indie”, scadente e tutto nell’ottica della “one hit wonder”, così come hanno avuto modo di spiccare anche molti bravi artisti. È in quest’ottica che, nel 2005, sono arrivati ad un discreto successo i britannici The Boxer Rebellion. Del febbraio 2011 è la loro terza fatica, il nuovissimo The Cold Still.
10 pezzi per circa 40 minuti d’ascolto, canzoni brevi e orecchiabili in cui la potente e pacata voce di
Nathan Nicholson ha la possibilità di spaziare in tutta libertà. La prima è
No Harm, indiscusso e indiscutibile picco dell’album che si mostra subito in tutta la sua implacabile bellezza, sostenuta da un’incalzante, profonda batteria che si colora presto di pochi accordi di pianoforte ripetuti. Vola alta e vibrante la voce di
Nicholson, mentre altri strumenti si uniscono pian piano all’ensemble, prima il basso dal sapore ancestrale, poi gli archi ventosi e le altre percussioni, in un climax che culmina su drammatici ululati e ritmi marziali e che si spegne in un acuto fischio sintetico. Il testimone passa a
Step Out of the Car, che già dai primi ritmati accordi di chitarra elettrica, distorta ed effettata ad arte, ricorda i
Blonde Redhead e il loro rock dalle sfumature shoegaze di
23, ma questo pezzo non convince molto: belle le strofe, poco credibile la transizione ad un ritornello che sembra quasi estraneo al resto della canzone, piacevole lo strumentale che però sembra indulgere un po’ troppo in facili citazioni.
D’altronde, non è questo il solo pezzo in cui le influenze del gruppo escono così palesemente allo scoperto: ancora più palesi sono le suggestioni che costituiscono le fondamenta di
Caught by the light, una bella ballata che si culla su controtempi appena jazzistici e coinvolgenti riff di chitarra acustica, che sembrano galleggiare sui ritmi di un mare appena sferzato da una brezza. La voce addolorata, a tratti in falsetto del cantante, così come le scelte melodiche richiamano con decisione i
Radiohead, in particolare quelli di
Ok Computer, mentre il monumentale finale è figlio della psichedelia atmosferica che ha reso celebri in tutto il mondo gli islandesi
Sigur Rós. Molto interessante è
Locked in The Basement, un altro picco dell’album, in cui una batteria sincopata duetta con costanti ticchettii che somigliano alle nacchere di una ballerina di flamenco. La melodia di chitarra, perfetta come sempre, fa da letto ideale per un cantato che rispetta le suggestioni mediterranee e si lancia in arabeggianti gorgheggi, mentre cori del tutto britannici si dispiegano sui ritornelli.
Cause For Alarm è particolare nei suoi battiti sommessi e le chitarre quasi monocordi, accompagnate da pochi tocchi delicati di pianoforte e da chitarre elettriche dai suoni vagamente dream.
Organ Song spicca tra le altre per l’insolita presenza, appunto, dell’organo, e la finale
Doubt, a tempo di valzer, si fa notare per la sua pacata dolcezza.
Con The Cold Still, i Boxer Rebellion danno prova di saper fare buona musica, ma non basta: nonostante la brevità dell’album, difficilmente si riesce a mantenere l’attenzione per tutto il tempo dell’ascolto fino alla fine, magari perché tra una canzone e l’altra, essendo le soluzioni melodiche trovate per ogni pezzo molto simili tra loro, risulta a volte quasi difficile fare una distinzione e la sensazione di “già sentito”, già ben presente per la somiglianza di questa produzione rispetto alla gran parte dell’indie rock contemporaneo, viene ingigantita dal fatto che sembra quasi di ascoltare la stessa canzone dopo aver inavvertitamente impostato il repeat. Le canzoni sono piacevoli, orecchiabili, e la produzione è impeccabilmente perfetta, ma l’ascolto occasionale basta a se stesso. A parte forse la già citata (e osannata) No Harm, non ci sono pezzi che si fanno ricordare, che si installano in testa e vanno in loop per settimane, e The Cold Still è un bell’album di musica ben fatta che scorre liscio nelle cuffie andandosene in sordina com’è arrivato senza lasciare molto di sé. Inconsistenza è la parola che viene in mente pensando all’ultimo lavoro dei Boxer Rebellion , un’inconsistenza (o una poca sostanza, se preferite) comprensibile per un debutto, pericolosa ma perdonabile per un secondo album, ma che al terzo album (come in questo caso) rischia di diventare cronica.