Roberto De Micheli – guitars
Alberto Bravin – keyboards
Paolo Marchesich – drums
Alessandro Sala – bass
Riccardo de Vito – vocals
1. Hero
2. Feast
3. The Birth, The Death, Trance By The River
4. Burning Times (Never Forget)
5. Violet
6. C.W.A. Prelude (Instrumental)
7. Col War Apocalypse
8. Twilight
9. Memento
The Day After Flower
Quello del progressive è un mondo strano. Longevo, antico, costruito su delle basi molto solide e interamente avvolto da un cielo blu notte, un cielo che sta lì a trasmettere il senso di gigantesca onnipresenza sui terreni che esso stesso avvolge e ciò nella stessa misura in cui questo genere attraversa i diversi periodi che si sono succeduti in un intera vita di musica. E la sua vastità è al contempo segno delle infinite influenze di cui esso è ispirato su cui fanno luce, chi in modo più limpido chi più pacato, le stelle che vi abitano.
Ne esistono alcune che, timide, stentano a mostrarsi all’occhio umano ed invece altre che seppur giovanissime brillano di luce propria tanto da irradiare un angolo di Terra. Anni or sono, nel lontano 2006, era stato il momento della stella Progressive Experience che con X era riuscita a farsi spazio tra le altre, un anno prima era stato il turno dei Circus Maximus che con il loro primo capitolo avevano l’onere di conferire un’aria più calda al loro prog metal scandinavo, mentre osservando lontano si percepisce ancora il riflesso chiarore dei Thy Majestie che ad inizio millennio avevano offerto energia con il loro affascinante Hastings 1066. Adesso è il momento della stella Sinestesia.
La band triestina alla sua seconda prova si prefigge come obiettivo tangibile (sulla base del proprio nome) ma audace l’intenzione di fondere anime diverse dello spettro musicale e seppur il loro trademark risulti marcatamente prog metal è inevitabile scontrarsi con una melodia offerta a ricche dosi, perno delle prime due tracce del viaggio chiamato The Day After Flower. Ma si avverte un salto che con The Birth, The Death, Trance By The River e la successiva Burning Times permette ai Nostri connazionali di mettere in scena tutta la propria arte, in nessun istante indebolita da un calo o da una mancanza di idee, bensì costantemente rafforzata da una fusione dei suoni assolutamente trasversale. Non servono lenti multifocali né progressive (scusate il banale riferimento) per ammirare la bellezza e lo spessore di Cold War Apocalypse e del suo preludio strumentale, fitto di arrangiamenti e di maestria che si barcamena con un’agiatezza spiazzante tra metal, hard rock e progressive, il tutto senza alcuno scossone ma disegnando un lungo e resistente fil rouge, collante dei diversi pezzi del mosaico. Al pari delle precedenti è Twilight, mentre con la conclusiva Memento si apprezza l’intenzione di proporre un cantato in italiano sotto note dal tessuto esterofilo: risultato molto godibile ma, come si dice in alcune situazioni, si potrebbe fare di meglio.
Una band dalle elevate potenzialità e siamo certi che, anche grazie alle ali protettrici di Franz Di Ciocco leader della PFM e direttore dell’etichetta Immaginifica, in futuro sarà in grado di regalarci la vista di altri spettacolari panorami.
Una curiosità: il bassista Alessandro Sala è famoso ai più per aver partecipato e vinto il reality La Pupa e il Secchione.