Geoff Tate – vocals, horns
Michael Wilton – guitars
Ed Jackson – bass
Scott Rockenfield – drums
1. Sliver
2. Unafraid
3. Hundred Mile Stare
4. At 30,000 FT
5. A Dead Man’s Words
6. The Killer
7. Middle Of Hell
8. If I Were King
9. Man Down!
10. Remember Me
11. Home Again
12. The Voice
American Soldier
Si può tranquillamente affermare, senza rischio di smentita, che ci troviamo dinanzi ad una delle uscite più attese del 2009: i Queensryche, ormai diretti dal rigido timone di Geoff Tate, dopo aver ultimato le proprie energie con il sequel del mai tanto premiato Operation Mindcrime e dopo un rapido passaggio nel mondo delle cover, sono tornati sulla scena con un nuovo concept album, stavolta ben lontano dal giallo di Sister Mary. American Soldier il titolo, il racconto della guerra vista direttamente dagli occhi di un soldato, scevra da condizionamenti mediatici e da commenti razionali fatti da giornalisti o figure istituzionali.
Il concept si presenta sicuramente interessante e piacevole. Peraltro una sua valutazione non può prescindere dall’evoluzione continua che la band di Seattle ha vissuto: alla luce infatti delle mutevoli forme di heavy proposte dai Nostri, American Soldier non rappresenta alcun passo coraggioso verso sonorità innovative e questo è bene specificarlo per chiunque si aspetti un ennesimo cambiamento di rotta.A ben vedere l’album rappresenta un’intelligente e fisiologica fusione tra la maturazione raggiunta dalla band (Operation Mindcrime Pt.II) e la sua capacità di creare musiche introspettive e complesse da lasciar senza fiato solo gli ascoltatori più attenti e profondi (Promise Land). L’ “exemplum perfectum” è dato da At 30,000 FT che nelle sue strofe iniziali accarezza la piacevolezza della musica d’atmosfera, intricata e suadente, (davvero toccante l’interpretazione di Tate) caratteristica emblematica della “Terra Promessa” osannata quindici anni or sono, mentre nel ritornello e nella seconda parte giunge inevitabile il nuovo approccio, quello le cui note ci hanno consegnato il cadavere di Dr.X.
Il songwriting non è per nulla banale anche se talvolta si soffre la mancanza di un chitarrista che faccia la differenza con dei riff che innalzino il valore dell’album (per l’occasione è stato ripescato Kelly Gray ma miracoli alla DeGarmo sono ormai una reminiscenza storica) e l’impostazione musicale è molto Tate-centrica: la voce è l’elemento principale e spesso si cerca di rimediare alla lacuna suddetta tramite l’inserimento di effetti, aspetto per altro non nuovo nella tradizione queensrychiana.
Il tutto crea un effetto altalenante nelle sensazioni sprigionate da American Soldier: in alcuni tratti si perde mordente (Middle Of Hell, If I Were King), in altri invece è molto più piacevole apprezzare la proposta musicale (Sliver, Unafraid, Man Down!) nonostante non sia più la band a 360° a dedicarsi al lavoro di composizione ed ideazione ma il tutto sia partorito dalla mente di Geoff coadiuvato dal produttore Slater.
Un album che farà discutere e che sicuramente non troverà pareri concordi. Consigliato per gli appassionati degli album su citati, meno per i sostenitori di sonorità legate agli esordi della band.