Voto: 
6.5 / 10
Autore: 
Luca Chieregato
Etichetta: 
Lion Music/Frontiers
Anno: 
2008
Line-Up: 

- Lars Eric Mattsson - chitarra, basso, tastiere, voce
- Adrienn Antal - voce, backing vocals
- Björn Lodin - additional vocals
- Eddie Sledgehammer - batteria

Tracklist: 

1. Prelude to Life
2. I'm Coming Home
3. Dream Child
4. Killing Everything
5. This is Our Time
6. See the Dreamer Behold
7. Until Our Last Goodbye
8. Moonlight Dream
9. Heart of a Clown
10. Life in the Shadows
11. Heaven and Hell Unite
12. Goodbye

Mattson

Dream Child

Nuova uscita discografica per Lars Eric Mattsson, prolifico guitar hero finlandese. Come probabilmente molti sapranno, a differenza di diversi illustri colleghi, il musicista ha deciso di dedicare la propria arte non solo allo strumento, ma abbracciando a trecentosessanta gradi la musica che lo appassiona. Per cui, a prescindere dalla riuscita finale, i suoi prodotti difficilmente si sono attestati quali semplici esercizi di stile.

Non è da meno l'ultimo arrivato in ordine temporale; difatti Dream Child si presenta come un prodotto corposo dalle molteplici influenze stilistiche, nel quale l'abilità di Mattson si amalgama alle consuete sontuose orchestrazione, immerse in un contesto tipicamente heavy/prog sinfonico. Apparentemente nessuna innovazione lampante, eppure il neonato esibisce alcune novità di certo inedite per il combo finnico: dietro il microfono spiccano le soavi liriche della giovane Adrienn Antal, all'esordio assoluto come coprotagonista, seppur già apprezzata in passato come corista. A duettare con la fanciulla scorgiamo ancora una volta il veterano Björn Lodin, che sicuramente alcuni conosceranno per le sue apparizioni negli Astral Groove, Baltimoore, Six Feet Under e Vision, mentre i fan di vecchia data ricorderanno per la sua presenza in alcune precedenti pubblicazioni, ovvero Obsession (1998) e Another Dimension (2000). Nulla da eccepire circa la performance della cantante ungherese, convincente e dotata di un'ottima timbrica e di una tecnica lirica sopraffina, mai esasperata e sempre espressa al servizio della forma-canzone. Note appunto, che inevitabilmente flettono verso uno stile tanto inflazionato quanto inaspettato per il nostro eroe: le atmosfere si fanno più cupe, e alcune strutture riflettono da vicino gli stilemi gotici, cavallo di battaglia di molti front andati per la maggiore nel ventesimo secolo (basti pensare ai nostrani Lacuna Coil). La classe cristallina del chitarrista, unita alla maestria degli The Astral Orchestra ed alcuni arrangiamenti tipicamente folkloristici non bastano a far decollare composizioni in linea di massima fiacche e ridondanti. Estratti dell'album sono indubbiamente interessanti, basti ascoltare See The Dreamer Behold e Heaven And Hell Unite quali episodi più riusciti dell'intero lotto, ma nel complesso tutto suona come un dischetto semplicemente ben confezionato ma nel contempo latitante di idee.

Per quanto ascoltato sarebbe ingiusto bocciare il platter in analisi, promosso invece meritatamente con piena sufficienza; ma di contro, a fronte di tanta esperienza, potenzialità ed energie profuse, Dream Child finisce fatalmente per deludere.

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