- Eduardo Paulo - voce e chitarra
- Filipe Miguel - tastiere
- Guilhermino Martins - chitarra e voce
- Miguel Ângelo - basso
- Patrícia Rodrigues - voce
- Paulo Adelino - batteria e percussioni
1. Thick ‘n’ Blurry
2. L.
3. Hereafter Path
4. (Un)bearable Certainty
5. Pleasure Pursuit
6. the Shift
7. Last Of The Few
8. Pale Blue Perishes
9. Pervasive Healing
10. Nothing As It Seems
11. Awareness
Zoom Code
I portoghesi ThatoSchizO, dopo aver ottenuto il contratto con la nostrana My Kingdom Music, giungono con Zoom Code al quarto capitolo della loro carriera discografica, caratterizzata dalla ricerca di un sound originale e personale.
Il disco in questione presenta infatti una miscela abbastanza particolare tra un classico death metal melodico di scuola svedese e un’attenzione per ritmiche e tastiere complesse e articolate di chiara derivazione prog metal, completata dall’uso di tre toni vocali diversi: growl, cori puliti maschili, e la voce femminile che aggiunge una certa impronta “gothic” alle composizioni.
Un peccato che, come accade in molti casi, questa molto apprezzabile ricerca di un sound particolare non corrisponda ad un’altrettanto buona resa dei pezzi, decisamente più semplice quando si decide di “andare sul classico”; le canzoni dei ThanatoSchizO mancano infatti di mordente, e nonostante la produzione molto professionale valorizzi a pieno la potenza di ritmiche e chitarre distorte perdono decisamente sul versante vocale, che appare spesso e volentieri poco in linea con la musica e poco coinvolgente e emozionante.
Si nota inoltre come, pur accostate in modo originale, le parti che compongono i brani di Zoom Code appaiono piuttosto banali, dai riff ennesima scopiazzatura di Slaughter Of The Soul degli At The Gates alle parti melodiche, riprese da vari gruppi della scena prog o power. Se la fusione di queste due componenti essenziali dà vita ad una serie di brani non proprio esaltanti come Thick ‘n’ Blurry o Pleasure Pursuit, le cose vanno decisamente meglio quando la band inserisce sperimentazioni meno sentite, come gli effetti elettronici industrial in The Shift, Last Of The Few e Pleasure Pursuit, e soprattutto i ritmi folk e orientaleggianti che stupiscono e coinvolgono l’ascoltatore: l’intermezzo di archi in L, gli azzeccatissimi accordi di fisarmonica in Hereafter Path, il sax nella conclusiva Awareness.
Dunque, Zoom Code appare come un album riuscito per metà, dove affiorano qua e là spunti molto interessanti (soprattutto le già citate parti folk) e in generale si capta una chiara volontà di suonare “qualcosa di diverso”. Che dire, apprezziamo l’intenzione, ma non ci siamo ancora.