0. A Call to Arms
1. Nantes
2. A Sunday Smile
3. Guyamas Sonora
4. La Banlieue
5. Cliquot
6. The Penalty
7. Forks and Knives (La Fête)
8. In the Mausoleum
9. Un Dernier Verre (Pour la Route)
10. Cherbourg
11. St. Apollonia
12. The Flying Club Cup
The Flying Club Cup
“The Flying Club Cup” è il secondo disco dei Beirut, il progetto di Zach Condon salito l’anno scorso alla ribalta delle cronache 'indie' grazie al sorprendente debutto “The Gulag Orkestar”, un disco capace di stupire un po’ tutti con il suo –forse un po’ calcolato, forse un po’ naif, ma sicuramente piacevolissimo– fascino dai sapori balcanici ed etnici. Pur confermando grossomodo lo stile musicale e il registro stilistico che hanno fin qui contraddistinto i Beirut, in questa nuova occasione Zach s’allontana (saggiamente) dai panorami est-europei della metà del secolo scorso che tanta fortuna gli avevano portato, tornando ad inizio Novecento per scoprire altre ambientazioni, più vicine all’Europa occidentale ed in particolare alla Francia: se prima ci potevamo immaginare Condon & Co. strimpellanti su una strada dei quartieri ebraici di Praga o Budapest, con “The Flying Club Cup” non sarà difficile visualizzare i Beirut come un ensemble di musicisti tzigani itineranti per i quartieri di Parigi o Marsiglia.
Ad esaltare l’aspetto ‘visivo’ del suo progetto è infatti lo stesso Condon, che ha organizzato a Brooklyn una serie di riprese risultate nella realizzazione di un videoclip per ogni brano del disco (tutti visualizzabili al link indicato in fondo alla recensione): che i Beirut si aggirino per le rovine di un palazzo abbandonato, che gironzolino per un parcheggio, che suonino sul bordo di un canale o entrino in una fumosa sala da biliardo, l’effetto è assolutamente convincente, e le registrazioni ‘live’ (ogni brano è registrato in presa diretta con la band spesso in movimento) donano ulteriore charme alle composizioni di uno Zach Condon estremamente ispirato a livello vocale: le melodie, sognanti e affascinanti, create del suo canto sono una delle caratteristiche più soddisfacenti e positive non solo dei video, ma di tutto “The Flying Club Cup”, e sono spesso responsabili della buona –o cattiva– riuscita di un brano. Il ricco campionario di strumenti (ottoni, fisarmoniche, grancasse, mandolini, violini, sonagli, eccetera) arricchisce l’atmosfera e riempie il suono, rendendolo corposo e sfaccettato, ma non si propone mai in primissimo piano con armonie vincenti, e spetta pertanto, nella maggior parte dei casi, alla voce il compito di guidare l’orchestra, caratterizzando in modo definitivo ogni brano.
Notiamo allora che quando Zach si permette interpretazioni troppo lamentose e stanche (nell’orientaleggiante “In the Mausoleum”), lascia il campo a sample cinematografici (la parte centrale di “Nantes”) o è assente (“La Banlieue”) il disco cala di tono in modo netto, mentre arriva a livelli toccanti negli attimi in cui le corde di Zach vibrano nel modo giusto: è il caso del duetto con l’ukulele che apre “The Penalty”, o della clamorosa melodia che introduce “Guyamas Sonora” (armonia poi ribadita da una poderosa sezione di fiati), o del taglio solare e gioioso imposto ad alcuni tratti di “Forks and Knives” – tutti momenti di magia che appagano l’ascoltatore e permettono anche una più attenta fruizione delle sempre ben dosate melodie strumentali d’accompagnamento, basate preferibilmente su tempi terzinati languidamente trascinati (la conciliante e distesa “A Sunday Smile”), sebbene non si disdegnino anche momenti di maggiore vivacità.
Il fascinoso tocco retrò, finto-polveroso, che grazia le atmosfere di “The Flying Club Cup” non potrà che ingolosire chi già aveva amato “The Gulag Orkestar”: il nuovo disco di Zach si mantiene (quasi) sugli stessi livelli del debutto (a mancare è soprattutto l’effetto sorpresa, nonostante la virata ‘tematica’ francese si sia rivelata un buon diversivo), confermando Beirut come una delle realtà più piacevoli, peculiari ed abbordabili del momento; “The Flying Club Cup” sarà un pasto saporito per tutti gli indie-kids in cerca di Pop-songs dalle tinte ‘etniche’, dagli arrangiamenti ricchi –ma non leziosi– e dotate di una fluida vena melodica Folk.
LINKS PER L’ASCOLTO
- Live-video di ogni canzone