- Evol (Mimmo Cinieri) - voce, chitarra
- Xiao Wei - voce
1. Once Upon A Lie
2. Thin Eye
3. The Battle
4. Kami
5. Train D’Amour
6. Zhonguo
7. Sweeyly Sad
8. Sweetly Sad (Water Version)
Train D'Amour
Le parole di presentazione allegate a Train D’Amour sono brevi ma sufficienti a preparare l’ascoltatore a questa sorta di esperimento condotto da Evol, voce e chitarra, e da Xiao Wei, voce femminile che compare in tre dei sette episodi qui contenuti.
Particolarità che distingue questo album da ciò che abitualmente gira negli stereo della maggior parte di noi è, prima di tutto, il fatto di essere stato concepito e registrato in una sola settimana dedicando un unico giorno ad ogni canzone.
Ma ciò che immediatamente colpisce non appena trascorsi i primi secondi della traccia d’apertura, è la qualità grezza, lo-fi e assolutamente “casereccia” che avvolge l’intero lavoro come carta stagnola bruciacchiata, relegando l’esclusiva di impugnare le redini dell’ispirazione al solo istinto.
Once Upon A Lie apre i battenti con il suo incedere cantilenante e lamentoso, con passi scoordinati e sempre più lenti, mentre una chitarra spoglia e cruda accompagna la voce velenosa di Evol, che abbandona ogni tipo di struttura cantautoriale per dileguarsi nel continuo mutare della canzone, aprendosi alla melodia solo negli ultimi, distesi secondi.
Il minimalismo ombroso ed a volte indecifrabile di cui si fa portavoce il primo pezzo ci abbandona, anche se solo parzialmente, in Thin Eye, che con le sue dita schioccate a tenere il tempo e la sua chitarra sospettosa e sincopata accenna un tappeto melodico su cui compare la voce di Xiao Wei, rendendo il tutto più vivace e meno amaro.
The Battle rantola nella cenere dei suoi accordi lenti e malinconici, mentre il cantato di Evol,che sembra strisciare sulle note suonate dalla chitarra stanca, non fa altro che accentuare quella sensazione di vuoto e apatia che trasmette il pezzo, una ballata nera e appassita.
L’atmosfera sembra cambiare ancora grazie a Xiao Wei e alla melodia sconnessa e disordinata di Kami, a metà strada tra una filastrocca dagli echi mediorientali e una sequenza improvvisata di accordi e parole che cadono gli uni sulle altre come mattoncini di tetris, senza riuscire ad incastrarsi perfettamente, creando un pezzo squilibrato ed imprevedibile.
Fortunatamente Train D’Amour , quinto pezzo della tracklist, incorpora una melodia pensata e discretamente orecchiabile, cosa che lo distingue dal concept generale attorno al quale ruota il disco: gli accordi profondi ed annebbiati dal chorus consentono di creare una canzone veloce e torbida, melodica e (relativamente) movimentata che invita a proseguire l’ascolto di ciò che rimane.
La melodia è di nuovo protagonista con Zhonguo, desolata, triste e cantata a due voci, sembra elevarsi qualitativamente al di sopra degli altri pezzi, sfoggiando un breve e semplice assolo ed una linea di voce che sembra richiamare un accompagnamento “etnico” con bonghi e mandolini a colorire la scena, purtroppo assenti in questa interpretazione così istintiva e spoglia della forma canzone.
Termina il disco Sweetly Sad, che non azzarda nulla di nuovo, semplicemente sembra un ulteriore maturazione delle composizioni precedenti,aggiungendo qualche cambio d’atmosfera e di tempo in più, avvicinandosi alla stabilità di canzoni più solide e ragionate.
Assolutamente privo di pretese di alcun tipo, questo Train D’amour si risolve come un esperimento estivo ben riuscito, che si eleva facilmente al di sopra delle possibili aspettative del suo autore, non stupendo particolarmente ma rivelandosi piacevole in ben più di un occasione.
Dopo un ascolto più attento si può inoltre notare come la qualità melodica e compositiva delle singole canzoni si incrementi man mano che si prosegue lungo la tracklist, riuscendo ad introdurre ogni volta una serie di piccolezze, di particolari, di soluzioni che esprimono un qualche tipo di, anche se minima, evoluzione.
Purtroppo la opprimente qualità “home recording” del tutto renderà questo disco poco digeribile a chi è troppo schiavo della pulizia del suono a tutti i costi. I fruscii, le interferenze e i rumori di sottofondo sono parte integrante del lavoro, ricordando un approccio in stile Beat Happening che cercano di coverizzare Last Lullaby dei Queens Of the Stone Age, grazie alla fusione di una voce profonda ed espressiva con accordi dissonanti e volutamente sporcati da un ingombrante Lo-Fi.
Inoltre i toni monocromatici ed angoscianti delle atmosfere evocate rischiano di appesantire troppo lo stile, perdendosi in un oscuro pessimismo musicale che rischia di nascondere la qualità della musica.
Non per tutti, ma chi deciderà di dare un’ occasione a questo disco rischia di rimanere piacevolmente sorpreso.