- Denis Bélanger - voce
- Denis D'Amour - chitarra, effetti
- Michel Langevin - batteria, percussioni
- Jason Newsted - basso
1. The Getaway
2. Dognation
3. Mr. Clean
4. After All
5. Odds & Frauds
6. Red My Mind
7. Silly Clones
8. No Angel
9. The X-Stream
10. Polaroids
11. Ghost-track acustica
Katorz
Difficile recensire Katorz, nuovo album dei Voivod, l’ultimo con il compianto Denis D’Amour, una delle menti, assieme a Langevin, di una delle più innovative ed importanti band metal degli ultimi 20 anni. Difficile perché si rischia di cadere nella banale celebrazione, solo perché il disco in questione esce dopo alcuni mesi dopo la scomparsa di Denis; bisogna stringere i denti ed essere onesti, anche perché siamo che convinti che Denis, da dove suona adesso, vuole questo. Già con The Getaway, l’opener, si ascolta un suono pesante e ruvido di chitarra, quasi al limite del grunge misto al nu-metal, anche se le rimtiche hanno sempre il sapore visionario dei Voivod, ma sono Voivod diversi. C’è molto molto punk in questo disco e molto alternative e ben poco del metal progressivo, sperimentale ed estremo alla quale la band ci aveva abituati, basti sentire un pezzo The X-Stream, punk’n’roll che più di così non si può.
Lo stesso drum-work di Langevin, supportato benissimo (questo va detto) da un Newsted in forma e corposo nell’uso del suo basso, risulta potente ma ancora più asciutto, in pezzi come Red My Mind, dell’omonimo e precedente lavoro. Infine la voce di Denis Belangier, pur rimanendo un trade-mark inconfondibile della band franco-canadese, appare molto monocorde, anch’essa influenzata dalla matrice punk, abbandonando le nenie cosmiche ed inquietanti di capolavori come Nothingface o quelle più melodiche e progressive di dischi come Angel Rat. Va detto che pezzi come la conclusiva Polaroids oppure Silly Clones, offrono intro atmosferiche pregne di snervante quiete e tensione che richiamano alla mente i fasti della band nordamericana e che l’efficacia e l’intensità con cui proprio la track di chiusura viene eseguita, ci propongono un disco sicuramente di un certo valore, ma rimane il fatto che, al di là del palese talento del four-piece canadese, dell’emozione con cui si parla di Denis che tra noi non suonerà più, bisogna essere in grado di ammettere che questo non è uno dei migliori dischi dei Voivod, se non, addirittura uno dei meno convincenti, nonostante la presenza di ghost-track di registrazioni in studio acustiche fatte dallo stesso D’Amour. Ma al di là di questo…grazie Denis ed arrivederci, in qualche galassia lontana.