Una piacevolissima giornata oggi a Londra, il sole estivo ha portato una temperatura gradevole e primaverile e il lungo pomeriggio musicale a Hyde Park si prospetta molto positivo. E’ il terzo ed ultimo giorno del Wireless Festival 2011, quello dedicato alla musica indie-rock, la parte meno commerciale di questa manifestazione, che ha visto, invece, Black Eyed Peas e Chemical Brothers mandare sold-out i due giorni precedenti. Oggi è un giorno storico per la musica inglese perché, dopo oltre nove anni, tornano a suonare in territorio britannico i Pulp, headliners di questa domenica, dopo il concerto di Barcelona al Primavera Sound e quello a sorpresa al Glastonbury Festival il weekend scorso.
Quando entro nell’enorme parco londinese però, non è nemmeno l’una e devo aspettare un’ora abbondante prima che le band inizino i loro show. Sul Pepsi Max Stage, il secondo palco del festival, i primi a suonare sono i Summer Camp, il frizzante duo indie-pop composto dalla tastierista Elizabeth Sankey e dal chitarrista Jeremy Warmsley, coppia sia sul lavoro che nella vita reale. I due ragazzi propongono alcuni pezzi dall’ EP Young e anche nuovo materiale estratto dal loro debutto in fase di registrazione e realizzato con l’aiuto economico da parte dei fan. La musica dei Summer Camp è leggera, spensierata e capace di far sognare gli ascoltatori, perfetta per iniziare la giornata in pieno relax.
Rimango sullo stesso stage, dove poco dopo suonano gli Yuck, che ho appena visto un paio di giorni prima in spiaggia all’Hana-Bi di Marina di Ravenna e ancora una volta la giovanissima band inglese dimostra che non è stata definita una delle migliori sorprese del 2011 per caso. Questi ragazzi sono senza dubbio migliorati molto rispetto agli inizi e hanno guadagnato una buona confidenza sul palco. Pezzi come l’iniziale Get Away o The Wall possiedono ritornelli incredibilmente catchy che conquistano immediatamente la già numerosa folla presente sotto la tenda, ma il momento più intenso è quando il cantante Daniel Blumberg intona Suicide Policeman, assolutamente dolce, toccante, quasi commovente.
Sempre sotto la stessa tenda, ascolto un paio di brani del cantante texano Roky Erickson, assoluta leggenda vivente del rock psichedelico e importante influenza per gente del calibro di Janis Joplin e dei Greatful Dead, tornato con un nuovo album nel 2010, dopo tantissimi anni di assenza, prima di spostarmi sul Main Stage per l’attesissimo concerto degli Horrors. I ragazzi provenienti dall’est londinese pubblicheranno il nuovo album Skying, appena leakato on-line, tra pochissimi giorni e questa è per loro una perfetta occasione per testarlo on the road. Il nuovo materiale è decisamente synth-oriented e personalmente non m’impressiona molto, forse proprio a causa del suono molto dispersivo del palco principale, per ora promuovo solo Still Life, ma un giudizio è rimandato alle tre date italiane in novembre.
Rimango ancora sul Main Stage dove è la volta degli svedesi Hives. E’ la prima volta che mi ritrovo davanti a questa autentica macchina da guerra musicale proveniente dalla Scandinavia: vestiti elegantissimi con tanto di tuba a-la-zio Paperone in testa, la band guidata dallo schizofrenico Howlin’ Pelle Almqvist porta uno scossone d’energia che tanto serviva a risvegliare dal torpore di metà pomeriggio gli animi di tutti i presenti. Chi si ricorda Tyrannosaurus Hives? Quella è la sintesi di ciò che ancora oggi questi svedesi propongono: un misto tra garage, punk e rock, dannatamente catchy; le canzoni sono quasi uguali, anche le più nuove, ma il segreto di questa band è un frontman che sa prendere per mano il pubblico dal primo all’ultimo minuto e lo sa trasportare dove vuole, la musica diventa un puro ornamento, nessuno si accorge delle continue ripetizioni dello stesso identico tema, tutti pensano a divertirsi e Almqvist e compagni dimostrano di essere ottimi intrattenitori. Il giudizio a livello musicale è impietoso, ma finisce, inevitabilmente, in secondo piano, per buona pace di tutti.
Ho bisogno di mangiare e di riposare e ammetto, pur con dispiacere, che ascolto solo distrattamente, disteso sul prato di fronte al palco principale, il set dei sempre ispirati TV On The Radio, orfani del bassista Gerard Smith, deceduto lo scorso aprile a causa di un tumore ai polmoni.
Dopo aver finalmente recuperato un po’ di energie torno al Pepsi Max Stage per lo show dei Foals: come è ovvio è praticamente impossibile entrare nella tenda a causa dell’enorme folla presente, ma anche da fuori si riesce a godere della musica di Yannis Philippakis & co. Il pubblico è in completo delirio, balla e canta con il gruppo, che nonostante debba tagliare la setlist a causa di problemi tecnici, offre comunque una gran prestazione: brani tratti da entrambi gli album, da Cassius passando per Spanish Sahara e Miami fino alla conclusiva Two Steps, Twice, tutte contengono, però, un’incredibile dose di energia, che la band di Oxford riesce a sprigionare sui presenti.
Sono le nove meno un quarto, è arrivato il momento che tutta la gente giunta qui a Londra da ogni parte del mondo attende con ansia: sul Main Stage stanno per salire i Pulp che stanno per riabbracciare la loro Inghilterra dopo tanto tempo. La tensione è visibile sui volti di tutto il pubblico, ma ben presto si trasformerà in adrenalina, divertimento, emozioni, ricordi. Il periodo del brit-pop è lontano, ma stasera tornerà nella mente di tantissime persone, anche di chi non l’ha mai vissuto e ha scoperto questa band solo anni più tardi, ma ha voluto ugualmente essere qui o di chi allora era poco più che un teenager ed oggi è a Hyde Park con moglie e bimbi piccoli.
I protagonisti sul palco sono in ottima forma, ma un signore in particolare sembra non sentire il passare degli anni: il suo nome è Jarvis Cocker. Lo ‘zio Jarv’ è ancora quel ragazzo che conoscevamo e che tutti avevamo amato negli anni ’90, fisicamente non sembra per nulla invecchiato, è ancora un grandissimo frontman, pieno di classe e stile, uno di quelli che sanno rubare interamente la scena e lasciare ai compagni, seppur sempre ottimi musicisti, solo un ruolo da comprimari. E’ la sua sera, è una specie di homecoming gig perché, sebbene i Pulp provengano da Sheffield nello Yorkshire, la maggior parte delle loro canzoni sono state scritte qui a Londra e allora è giusto ricordare e celebrare tutti insieme, siamo tutti qui per questo. Do You Remember The First Time? chiede il sempre elegante quarantottenne frontman e via, i cori partono e dureranno per tutta l’ora e mezzo di show, ma non è solo il pubblico a cantare e ballare, ma è lo stesso Jarvis a lasciarsi trascinare dalla speciale atmosfera della serata. La setlist è ricca di nostalgia: Bar Italia, Sorted For E’s And Wizz, Disco 2000, Mis-shapes, Babies, è una lunghissima serie di bellissimi momenti passati, ma incancellabili, che ritornano ad affiorare.
Quando arriva Common People è un’esplosione, è un delirio, è un boato, è il ritrovare tutte le energie perdute nel corso della giornata, il 1995 sembra essere ritornato lì per dieci lunghissimi, interminabili, deliranti, magnifici minuti. Si chiude così questa domenica, così diversa, ma così uguale ad altri giorni di parecchi anni fa. I Pulp hanno risposto presente a questa chiamata, il loro tour andrà avanti ancora per tutta l’estate, ma non sembra ci siano possibilità di rivederli di nuovo insieme alla fine di questo. Ancora una volta la nostra Italia è rimasta fuori dal loro giro e, a chi vuole gustarseli per un’ultima volta non rimane che la soluzione di prendere l’aereo o il treno e raggiungerli in una delle loro date europee.
SCALETTA PULP:
Do You Remember The First Time?, Pink Glove, Mile End, Mis-Shapes, Something Changed, Disco 2000, Sorted For The E’s & Wizz, F.E.E.L.I.N.G.C.A.L.L.E.D.L.O.V.E., I Spy, Babies, Underwear, This Is Hardcore, Sunrise, Bar Italia, Common People.