La vera sorpresa della serata era ovviamente sulla bocca di tutti: i W.A.S.P. avrebbero riproposto per intero il loro storico capolavoro The Crimson Idol ripercorrendo in una sorta di musical la storia del famoso Jonathan che lotta contro il suo infinito bisogno di affetto colmato in parte dal suo amore per la musica. Nessuna pecca, nessuna titubanza, la precisione esecutiva dei quattro è stata la perla illuminante della serata, pregiata se si considera la performance vocale davvero ineccepibile di Blackie (molto più carismatica e preponderante rispetto alle versioni live contenute nello stesso album) alla luce anche della sua veneranda longevità di scena sui palchi di tutto il mondo. The Titanic Overture ha segnato il delirio d’apertura del pubblico ma solo con The Invisibile Boy il canto è partito all’unisono e la folla si è tramutata da mare in tempesta; Arena Of Pleasure viveva ancora di questa grande adrenalina che è rimasta nell’aria fino a chiusura spettacolo ma i punti più alti, almeno fino al primo stop&go, sono stati raggiunti grazie alla tiratissima Chainsaw Charlie (Murders in the New Morgue) che ha letteralmente trascinato tutti i fan presenti e la quanto mai profonda e romantica (anche se intrisa di dolore dietro il significato dei testi) The Idol. Assolutamente egregia la performance del chitarrista Doug Blair, ispiratissimo negli assoli ed instancabile quella degli altri componenti che hanno tenuto botta senza fermarsi per un attimo (lo show, comprensivo dei pezzi extra è durato non più di 90 minuti).
Di certo non sarà ricordato come uno degli spettacoli più ricchi e scenici degli W.A.S.P. visto che è mancato qualsiasi siparietto di indole “sexual perverts” (esempio: il maiale finto sgozzato in pubblico con tanto di sangue schizzante) e lo stesso Blackie non ha impiegato alcuna forma convenzionale di contatto con il pubblico, ma ha eseguito per benino i suoi pezzi, si è scatenato al momento delle foto della stampa e…fine. A mancare sono stati, oltre al classico “microfono a manubrio”, anche la riproduzione delle immagini da supporto allo show, girate durante il tour originario del ’92 e tanto promesse nei comunicati delle settimane precedenti. Insomma è stato un concerto nel senso più semplicistico del termine.
Il tempo di una pausa ed il ritorno ai fasti del passato continua. E’ stato il momento della carichissima L.O.V.E. Machine seguita, come se non bastasse, dalla immortale Wild Child e dalla storica song di chiusura concerto Blind In Texas, che ha contribuito a stendere i presenti. Queste tre gemme hanno portato con loro tutta la forza dei W.A.S.P. anni ’80 con più maturità ma non con meno potenza, e tra le ultime due c’è stato anche tempo di un estratto dall’ultimo album, Dominator, per far capire che di mordente in casa W.A.S.P. ce n’è ancora da vendere.
In breve, possiamo dire senza timore di essere smentiti che i nostri rappresentano ad oggi una tra le poche band della scena ottantiana ancora in piena forma nonostante gli anni, ma davvero peccato per tutto ciò che poteva trasformare un concerto bellissimo in uno show immemorabile, e che non lascerà di certo soddisfatti i fan più esigenti.
Marcello "TL1000R" Zinno