Soulfly
07/03/2006 - Rolling Stone - Milano

Torna in Italia Max Cavalera con i suoi Soulfly a presentare il nuovo album Dark Ages. Dopo aver rilasciato un'intervista a RockLine.it nel pomeriggio, il gruppo brasiliano si esibisce dalle 21.15 coinvolgendo in un vortice estremo l'intera folla accorsa.


Appena entrato al Rolling Stone, sono rimasto stupito nel vedere che non c’era molta gente, per uno di quei concerti che, a mio avviso, non si poteva lasciar perdere. Per fortuna, di lì a qualche minuto, le mie impressioni sono state smentite. Man mano che si avvicinava la fatidica ora dell’inizio dello show (21.15 circa), la sala si riempiva sempre di più, fino ad essere completamente piena.

Dopo diversi minuti in cui il pubblico intonava a gran voce l’urlo “Soulfly! Solulfly!”, cade il buio assoluto e viene mandata in loop l’intro di Dark Ages. Un attimo di silenzio per poi vedere sotto i riflettori, i quattro componenti della band che, con l’arrivo per ultimo di Mr. Cavalera, partono subito alla grande con Babylon al famigerato grido: “Un, dos, tres!”. Inutile dire che i fans iniziano sin da subito, in un pogo massiccio e brutale che si protrarrà fino all’ultima song del concerto. I suoni e l’acustica, convincono sin da subito anche se, in alcuni passaggi, si fa fatica a distinguere la chitarra di Max, da quella del suo compagno Marc Rizzo. Finito il pezzo, ci si butta nel passato con Seek and Strike, dove il pubblico intona a gran voce ogni singola parola del testo, il tutto, ovviamente, seguito dall’immancabile capacità dell’intero gruppo di unire musica con spettacolo. E’ così che, a volte, passa in secondo piano il brano eseguito in quel momento, per lasciar spazio allo spettacolo vero e proprio. Cavalera continua a fare avanti e indietro sul palco e, ogni tanto, si diverte a bagnare il suo pubblico e, ahimè, i fotografi sottostanti, con un po’ di acqua. Immancabile è stata l’esecuzione di Roots Bloody Roots dove, i nostalgici dei Sepultura hanno probabilmente versato qualche lacrima in più, per i bei tempi passati. Con questa canzone c’è stato il delirio assoluto. Tutti quelli che erano sugli spalti, sono scesi giù in mezzo alla folla e dire che è stato stupendo, è poca cosa. Stesso discorso vale per Inner Self e Refuse/Resist in cui sia Max che Marc non hanno mai smesso di saltare da un punto all’altro dello stage.

Ovviamente, dopo tutto ciò, ci voleva un po’ di riposo per riprendersi ma, soprattutto, per ricaricare il porta plettri attaccato all’asta del leader Cavalera che, pare, si diverta a macellare i plettri con la sua rabbia scatenata sulle povere corde della sua ormai celebre chitarra brasiliana. Ecco quindi che viene fuori un bellissimo bridge di circa 10 minuti, in cui ogni singolo componente, suona un diverso tamburo. Ne scaturisce un’ondata sonora di stampo carioca che porta l’ascoltatore, direttamente in terra brasiliana. Manca però Max che fa il suo rientro, con al collo un mega tamburo. Deve farsi aiutare per suonarlo in modo appropriato e chi meglio se non uno dei suoi fans preso direttamente dal pubblico? E così vediamo che un giovane fortunato ha avuto la possibilità di salire sul palco per suonare per qualche istante fianco a fianco al suo idolo. Dopo questa breve parentesi, si ritorna alle sonorità brutali e trascinanti con cui si era iniziato, ed è quindi il momento di Tribe, No Hope = No Fear e di Bleed, grazie alle quali, il pubblico, va completamente fuori da tutti gli schemi. La botta finale la si ha con Primitive, I and I e, soprattutto, con Eye for an Eye, che si protrae per qualche minuto in più, solo per far sì che il sogno delirante di ogni singola persona presente, possa continuare ancora per un po’. Ultimato il pezzo, Cavalera ringrazia il pubblico di Milano per poi sparire dietro alle quinte e non farsi più vedere mentre, sul palco, rimane il batterista Joe Nunez, che distribuisce qualche solita bacchetta in un rito che ormai è diventato un must.

I suoni sono stati ben equilibrati soprattutto quelli della batteria, in cui risaltava il suono secco e tagliente della cassa. Lo stesso non si può dire delle due chitarre dato che, a volte, non si riusciva a capire bene chi facesse cosa. Tutto sommato, però, erano dei gran bei suoni che hanno trasmesso la giusta potenza che ci si aspettava da un’esibizione live del genere. Una nota di merito va al chitarrista Marc Rizzo che, per tutta la durata del concerto, non ha fatto altro che saltare da un punto all’altro del palco. Un discorso a parte, invece, bisogna fare per il grande Max Cavalera che, nonostante l’età, dimostra ogni volta di più di avere quella capacità più unica che rara di coinvolgere e trascinare il pubblico al 200%.

Setlist Soulfly:
Intro/Babylon, Seek ‘n Strike, Living Sacrifice, Roots Bloody Roots, Jumpdafuckup/Bring it, Born Again, Mars, Refuse/Resist, Execution Style, Corrosion Creeps, Arise Again, Carved Inside, Tribe, No Hope = No Fear, Bleed, Tree, Primitive, I and I, Inner Self, Frontlines, Eye for an Eye.

Report e foto - Matteo "Trendkill" Mainardi

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