Sold out all’Alcatraz di Milano per una serata all’insegna del metal melodico: sul palco troviamo infatti, per la loro unica data italiana, gli headliners finlandesi Sonata Arctica, che promuovono l’ultimo album Unia, e la gothic metal band olandese Epica, forte del successo dell’ultimo The Divine Conspiracy; aprono la serata gli svedesi Ride The Sky.
Tenendo fede all’ottima organizzazione che solitamente contraddistingue i live dell’Alcatraz, i concerti cominciano in perfetto orario, e ai cancelli tutto procede regolare nonostante la grande quantità di fan che riempiono il locale milanese. All’ingresso troviamo però una spiacevole sorpresa ad attenderci: non contenti delle norme di sicurezza adottate in molti locali che permettono di introdurre bottiglie di plastica a condizione che venga rimosso il tappo, gli organizzatori del concerto hanno deciso di sequestrare indiscriminatamente tutte le bottiglie di acqua, che molti dei fan hanno portato coscienti dei prezzi esorbitanti dei locali milanesi.
Ora, se si può essere d’accordo sul fatto che qualcuno sia disposto a pagare il biglietto solo per tirare una bottiglia in testa a Tony Kakko e compagnia, ciò non giustifica il fatto che tutta la gente rimasta senza acqua sia costretta a prenderla al bancone a prezzi allucinanti; andando avanti di questo passo, mi chiedo se tra poco non si metterà anche il bagno a pagamento...dunque, va bene la sicurezza, ma forse, parlando in generale per tutti i locali live, ci si sta approfittando davvero troppo degli spettatori dei concerti.
L’apertura della serata è affidata ai tedeschi Ride The Sky, progetto heavy/power nato dalla mente del drummer Uli Kusch, vecchia conoscenza della scena power europea con la presenza dietro le pelli di Helloween, Masterplan e Gamma Ray, e dei fratelli Bjorn e Benny Jansson, voce e chitarra dei Tears Of Anger, e lanciato dalla Nuclear Blast con l’album d’esordio appena uscito, New Protection. La mezz’ora a disposizione della band passa sostanzialmente senza infamia e senza lode: la musica dei Ride The Sky è infatti discreta e in un certo senso originale, ma, complici gli assoli interminabili del mancato sosia di Steve Vai Benny Jansson, neanche particolarmente esaltante, e una buona presenza sul palco è compensata dall’immagine montata e terribilmente pacchiana dei fratelli Jonsson.
Un telo scenografico ripreso dall’artwork di The Divine Conspiracy preannuncia l’arrivo degli Epica sul palco dell’Alcatraz; la band olandese, che ha la sua immagine nella stupenda e talentuosa cantante Simone Simons, ha stupito i suoi fan e il pubblico gothic metal in generale con l’uscita dell’ultimo album, da molti considerato come il punto più alto della loro carriera, che vede un approccio musicale decisamente più heavy e aggressivo rispetto al passato.
Dunque, scordiamoci le ballate gothic e i brani atmosferici: questa sera gli Epica sono qui per spaccare, e, pur nel poco tempo a loro disposizione, lo faranno alla grande.
Indigo, intro del nuovo album, annuncia ad un pubblico trepidante l’arrivo della band olandese, che stabilisce da subito un ottimo rapporto con il pubblico grazie ad una coinvolgente presenza scenica, e di certo aiutata dagli ottimi effetti di luce e dalla presenza di Simone, che non si può evitare di definire una delle cantanti più belle e di classe in ambito metal; ciò nonostante, risulta un poco fastidioso l’atteggiamento della cantante di andarsene dal palco non appena finite le sue parti, ma del resto c’è chi se lo può permettere...
Si comincia subito con il nuovo materiale della band, e la potente e coinvolgente The Obsessive Devotion, opener di The Divine Conspiracy, cattura e coinvolge a dovere il pubblico; la qualità del suono, ad eccezione delle prime file (problema che purtroppo si riscontra quasi sempre all’Alcatraz così come in molti altri locali) è davvero pulita ed impeccabile, e l’esecuzione della band ricalca quasi perfettamente la qualità dello studio; in particolare stupisce piacevolmente la voce di Simone, stupenda e veramente emozionante nonostante necessiti di un paio di brani per raggiungere la piena forma, mentre il chitarrista Mark Jansen se la cava piuttosto bene nello scream e nel growl.
La scaletta segue un ordine piuttosto semplice, e dopo la opener vengono eseguiti due brani per ogni album della band: Sensorium e Cry For The Moon da Phantom Agony, Fools Of Damnation e Sancta Tierra dall’ultimo disco e per concludere Quietus e la lunga suite Consign To Oblivion dall’album omonimo. Come già detto, sembra che la strada intrapresa nell’ultimo platter rappresenti il nuovo spirito della band olandese, e i classici sono eseguiti con un piglio decisamente più heavy degli originali, fattore che se magari deluderà un poco i fan di vecchia data assicura la perfetta riuscita di un concerto davvero coinvolgente: tre quarti d’ora spesi benissimo che lasciano un pubblico (una parte del quale è venuto all’Alcatraz solo per gli Epica) veramente entusiasta, e assicurano alla band il concerto più riuscito della serata.
Giunge infine il tempo per gli headliners della serata: i Sonata Arctica, band finlandese che può candidarsi, assieme ad altri nomi come Cradle Of Filth e HIM, al titolo di band più odiata in campo metal, a causa di un approccio non propriamente ortodosso al genere metal, nel quale la band pretende di collocarsi, che non disdegna ingenti introduzioni melodiche e soluzioni piuttosto votate al mainstream.
Nonostante questo, e anzi proprio per questo, i Sonata Arctica dispongono di un seguito di fan davvero sostanzioso, come testimoniato dal sold-out della serata e dalla grande dedizione che molti dei presenti dimostrano di avere nei confronti della band, che giunge a Milano in seguito alla recente uscita dell’ultimo album Unia.
Ma passiamo ai fatti: i Sonata Arctica hanno sempre avuto una reputazione di band scarsa in sede live, almeno fino all’uscita del CD live For The Sake Of Revenge, che dimostrava invece un gruppo decisamente a suo agio sul palco; in realtà, le cose sono vere entrambe. Infatti, l’esibizione dei Sonata Arctica si rivela buona dal punto di vista qualitativo, in quanto tutti i brani sono ben eseguiti e fedeli alla versione da studio, e anche il singer Tony Kakko regge perfettamente un’ora e mezzo di concerto senza alcun cedimento (nonostante le tonalità vocali vengono abbassate in alcuni frangenti). La scaletta si rivela inoltre piuttosto oculata, rispettando i desideri di tutti i fan grazie ad un attaccamento non esagerato all’ultimo album (dal quale vengono riproposte la opener In Black And White, Paid In Full, Caleb e It Won’t Fade) e una vasta panoramica sui classici della band.
Il vero problema è che i Sonata Arctica, nonostante l’ottima scenografia luminosa e non, si dimostrano totalmente incapaci di tenere il palco: impalati (a partire dal tastierista Henrik Klingenberg, che trascorre la maggior parte del concerto immobile sul posto nonostante la trovata della tastiera a tracolla), noiosi, scialbi, sembrano quasi fuori luogo su un palco nel ruolo di metal band idolatrata dalla folla, e offrono all’occhio davvero un brutto spettacolo; fa eccezione il cantante Tony Kakko, che compensa le mosse ridicole e raccapriccianti durante i brani con stacchi divertenti tra una canzone e l’altra (su tutti la “batteria umana” e lo sketch “Bellissima città Milano, piena di attrazioni storiche e artistiche” - boato del pubblico - “Ok, mi sa che non avete capito quello che ho detto!”). Per fortuna, la maggior parte del pubblico non ha certo bisogno di essere incitato o coinvolto, in quanto dimostra un attaccamento invidiabile alla band, quasi da popstar, cantando a gran voce ogni singola canzone; chi invece non conosceva bene il gruppo o era venuto principalmente per vedere i gruppi di apertura, si trova invece alle prese con un’interminabile ora e mezza decisamente monotona e poco coinvolgente, che non fa altro che peggiorare l’opinione della band su disco.
In conclusione, ancora una volta la durata del concerto non giustifica la validità della band sul palco, ma tutto sommato non si può parlare di una delusione: i fan della band di sicuro saranno entusiasti del grande calore espresso da tutto il pubblico, mentre i meno votati al culto della band finlandese probabilmente sapevano cosa aspettarsi da una band come i Sonata Arctica, che come si è visto c’entra ben poco oramai con il metal in generale, e non ha nessun bisogno di sforzarsi in sede live per accattivarsi il favore del pubblico.
SETLIST: In Black And White, Paid In Full, Victoria's Secret, Broken, 8th Commandment, Tallulah, Fullmoon, Caleb, Black Sheep, It Won't Fade, Graveimage, San Sebastian, My Land, Don't Say A Word, The Cage, Vodka
Lorenzo "Glorfindel89" Iotti