Pain Of Salvation
27/02/2007 - Rolling Stone - Milano
Ogni concerto dei Pain Of Salvation si esprime in un costante fluire di emozioni che trasportano gli ascoltatori nella ricercata musica concepita da Daniel Gildenlöw e compagni: la data di martedì 27 febbraio al Rolling Stone a Milano ha visto la rinnovata (per la dipartita del bassista Kristoffer Gildenlöw) formazione svedese esibirsi davanti ad un pubblico non numerosissimo, ma certamente desideroso di potersi abbandonare a quasi due ore di musica progressiva.




I cancelli aprono alle 19 e l’avvio del concerto è previsto per le 20 con l'esibizione del “misterioso” gruppo spalla non presentato prima della data. Come si era previsto da settimane, il ruolo di gruppo spalla non è stato ricoperto da nessun artista o formazione e quindi solo alle 21 i Pain Of Salvation fanno il loro trionfale ingresso sul palco milanese, applauditi a gran voce dai presenti.
Luci abbaglianti e riff di chitarra dal sapore Faith No More introducono la title-track del nuovo album Scarsick, tuonante pezzo in cui i cinque svedesi (compreso quindi lo stesso batterista) tessono linee vocali folli ma assai convincenti. Da subito si nota il miglioramento dell’intreccio corale dei Pain Of Salvation, il nuovo punto di forza della band, poiché al timbro caratteristico ed espressivo di Daniel, supportato già dal suo nuovo determinato mood Crossover, si uniscono le voci del simpatico bassista Simon Anderson e dell’eccellente chitarrista Johan Hallgren.
Sempre da Scarsick i Pain Of Salvation proseguono con America, melodico episodio dal ritmo originale, capace di coinvolgere tutti gli spettatori, trascinandoli all’interno della nuova dimensione Pain Of Salvation; sebbene si siano registrate alcune incertezze da parte del batterista Johan Langell, non al massimo della sua forma, la canzone procede egregiamente, per lasciare spazio poi al repertorio della storia discografica della band di Eskilstuna. Ecco quindi in serie ! (Foreword) e Nightmist da Entropia, in cui ha potuto distinguersi Simon Anderson per le veloci linee di basso e dove Daniel ha raggiunto livelli vocali elevatissimi. Era alquanto inaspettata la proposizione del binomio Handful Of Nothing – New Year’s Eve, direttamente dal sorprendente One Hour By The Concrete Lake del 1999. In particolare, da New Year’s Eve prenderà forma un momento centrale dello spettacolo dei Pain Of Salvation, che vedrà il susseguirsi di episodi ricchi di drammaticità per la storia del quintetto: in ordine velocemente Daniel presenta, con numerose variazioni o di tonalità o di stile, le eccezionali Ashes (una delle migliori della serata sia per suoni che per il feeling meccanico in grado di trasmettere) e Undertow (totalmente sconvolta nella sua forma originaria) o le intime This Heart Of Mine e Song For The Innocent (quest’ultima interpretata nella versione del live acustico registrato su 12:5).
E se Chain Sling ha portato il Rolling Stone a riscoprire meandri spagnoleggianti e molto ritmati, Diffidentia, unico brano tratto da BE nella scaletta meneghina, forse ha rappresentato il capitolo più sottotono della serata. Nonostante l’evidente errore di Langell nell’attacco di Flame To The Moth, la traccia è proseguita con l’aggressività mostrata sull’album, rappresentando uno dei pezzi più incisivi dell’intera setlist. Disco Queen, che trasforma il locale in un’inusuale sala da ballo, viene annunciata come ultima canzone della serata, ma gli spettatori già sanno che i Pain Of Salvation non possono lasciare i propri fans senza uno “storico” saluto.
Quando Daniel e compagni tornano dopo una breve pausa sul palco, il concerto viene chiuso con una versione inedita e alquanto introspettiva dell’Alleluia, ben accolta e cantata a gran voce nel ritornello dai presenti, la commovente Cribcaged (da Scarsick), forse inserita come dedica al figlio di Gildenlöw e l’immensa Used, che dà l’arrivederci al caloroso pubblico italiano.

Si chiude così non solo la data milanese ma anche la serie delle tappe italiane dei Pain Of Salvation, che il 28, giorno successivo, si sono intrattenuti con il fan club ufficiale italiano per il Pain Of Salvation Party 2007: se a questo si aggiunge la disponibilità della band a far scattare le fotografie dal pubblico presente al Rolling Stone, evento assai raro nelle esibizioni live contemporanee dei gruppi più celebri, si comprende l’estremo attaccamento di Daniel nei confronti dei propri fans e non solo del guadagno che può derivare da ogni singola data.
Abbiamo così ritrovato i Pain Of Salvation non al massimo della propria forma, sebbene Gildenlöw sia ulteriormente migliorato dal punto di vista vocale, ma capaci di trasformarsi, come di consueto, nei poeti che hanno dato vita a storici album come The Perfect Element I e Remedy Lane, nei cantori di una realtà cruda e spesso tragica, nella band Progressive (e non solo) che ha cambiato il panorama mondiale fin dalla pubblicazione di Entropia.

Edoardo "Opeth" Baldini

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