Giunti al terzo capitolo, ‘Gioco Di Società’, gli Offlaga Disco Pax tornano in tour e noi abbiamo presenziato alla data veronese di Interzona per vedere da vicino cosa ha ancora da dire uno dei gruppi italiani più insoliti degli ultimi anni.
Nuovi personaggi e nuove storie si affacciano all’orizzonte, ma la sensazione non è certamente quella di ‘nuovo che avanza’: semmai è un calo della percentuale di ironia e di sorrisi a denti stretti ciò che risalta. Voluto, ovviamente, e per stessa ammissione di Max Collini che non cerca più frasi ad effetto e neanche lancia i wafer Tatranky o chewing-gum al cinnamon in mezzo al pubblico.
Se quelle erano le uniche ‘concessioni’ ad un live degli ODP, si capisce che oggi una loro esibizione non è molto differente da un ascolto solitario del cd, mantenendo per tutta la durata dello show una algidità kraftwerkiana che sembra funzionale al racconto.
Forse l’intento degli ODP è proprio quello di andare a colmare quel vuoto pseudo-letterario lasciato nella musica indipendente italiana da gente come Emidio Clementi o Giovanni Lindo Ferretti (Parlo Da Solo sembra un outtrack del suo C.O.D.E.X,) , quella capacità narrativa appannaggio di una certa generazione di scrittori nostrani partita dagli anni ottanta.
Ascoltare un brano come Palazzo Masdoni è abbastanza esemplificativo del clima del nuovo album: dimesso. Il crogiolarsi nel ricordo di un tempo che non è più. Tulipani è forse tra le più belle dell’ultimo lavoro ed introduce il personaggio di Johan ed il suo stoicismo (ndr. Johan Van Der Velde, ciclista olandese) in una tappa del Giro D’Italia del 1988. Respinti all’uscio è la storiella minima di provincia di un’Italia in fiamme vista dagli occhi curiosi e già disincantati di adolescenti che furono, mentre fuori i Police impazzano.
Poi c’è Piccola Storia Ultras con Collini che tira fuori un libro della Reggiana Calcio e lo mostra al pubblico veronese sottolineando il suo coraggio nel farlo in questa sede e Desistenza con ‘Marlboro senza R’ che ‘mena’ come un ossesso prima il corpo e poi le velleità piccolo-borghesi del giovane artista per una questione di affitto.
Non è necessario citarle tutte perché è già chiara la linea narrativa improntata ad una certa malinconia.
La musica, quel mix di elettronica glitch e new-wave, anch’essa funzionale alla narrazione, è sempre molto ben congegnata e se in certi passaggi, almeno dal vivo, i nostri decidessero di sostituire quelle meste derive chitarristiche post-rock (che possono ricordare certe soundtrack di Teho Teardo o certe pieghe Notwist) con maggiori accenti synth-pop da creare un paradossale e grottesco effetto’ dance’ (che già in lavori precedenti era possibile rintracciare in tracce come Robespierre o Onomastica..), credo che le proposte future degli Offlaga potrebbero essere più intriganti e divertenti, offrendo loro uno possibilità di evoluzione senza per questo snaturare il loro ego, mantenendo quindi la stessa capacità dal punto di vista ‘autoriale’.
Credo però che questo a loro non interessi.