Isis
05/06/2007 - Transilvania - Milano
I californiani Isis, fautori di un post metal folle e sperimentale, contaminato da atmosfere oppressive tipicamente Core, si esibiscono al Transilvania di Milano per la prima data italiana del loro tour europeo, il primo dall’uscita dell’ultimo full lenght In The Absence Of Truth, accompagnati dai conterranei Oxbow.




La serata comincia piuttosto presto, con un locale ancora abbastanza vuoto, con l’esibizione degli Oxbow, four piece americano dedito ad un metal moderno, inusuale e sperimentale. Francamente mi sfugge il motivo per cui una band di questo genere abbia ricevuto l’onore di accompagnare gli Isis nel corso del loro tour; gli Oxbow paiono infatti come una sorta di mal riuscita caricatura degli headliners della serata: un gruppo talmente alla ricerca di disarmonie e trovate post-core da perdere qualsiasi significato e coinvolgimento emotivo. Se già musicalmente la band non eccelle, lo show, incentrato soprattutto sui gemiti piatti e sul progressivo e insensatamente autocelebrativo spogliarello del singer Eugene Robinson, si dimostra a dir poco di cattivo gusto; gli Oxbow riescono comunque ad assicurarsi una fetta di ammiratori che seguono con interesse la band, pur lasciando un’impressione generale decisamente negativa.

E’ passata solamente mezz’ora quando gli Isis fanno la loro apparizione sul piccolo palco di un Transilvania oramai piuttosto pieno; è dunque da subito sottolineata la grande professionalità della band, che, pur proponendo una musica decisamente complessa dal punto di vista strumentale, non si concede i lunghi e spesso fastidiosi sound check che di norma accompagnano i concerti di gruppi famosi e non.
La prima canzone proposta è anche la opener dell’ultimo disco della band, In The Absence Of Truth, la psichedelica Wrist Of Kings, caratterizzata da un incedere ripetitivo e surreale dal sapore post rock; è subito messo in primo piano il drumming di Aaron Harris, capace di sostenere alla perfezione la struttura delle composizioni tra repentini stacchi e tempi complessi. Già dall’intro strumentale della canzone, la band riesce infatti a creare un’atmosfera onirica e decadente capace di catturare tutti i presenti, e merito di distorsioni calibrate alla perfezione e di un suono pieno che valorizza la funzione di tutti gli strumenti creando un’alchimia unica. Allo stesso modo il tutto è amalgamato con la voce di uno spiritato Aaron Turner, che sebbene leggermente inferiore alla prova su disco si rivela coinvolgente ed emozionante nel clean così come nello straziante lamento core.
Si prosegue con la traccia successiva dell’ultimo album, Not In Rivers, But In Drops, resa alla perfezione nel suo mood fluido e scorrevole e nei suoi cambi di atmosfera, per poi tornare ai tempi di Panopticon con la pacifica ed eterea Backlit, ancora più straziante che su disco nelle sue distorsioni post core, e la meravigliosa In Fiction, perfetta nel suo alternarsi di atmosfere sognanti e massicce, con un Turner coinvolto più che mai.
La band passa nuovamente ad esplorare l’ultimo album, con la stupenda Dulcinea, dove se da un lato si perdono i sottili giochi di chitarra nel finale, quasi inudibili live, ancora una volta è il drumming dalle reminescenze tooliane di Harris a trascinare i presenti in un’esperienza unica a tu per tu con la musica di questa grande band; dopo l’intermezzo di sintetizzatore All Out Of Time, All Into Space, è poi la volta della sofferta e atmosferica Holy Tears, anch’essa tratta da In The Absence Of Truth.
Il concerto si conclude con un’altra perla della discografia dei nostri, la opener di Oceanic, The Beginning And The End, complessa, drammatica e coinvolgente. Si chiude con il “Thank you” di Turner, la prima parola detta dal cantante dall’inizio del concerto al di fuori naturalmente dei testi delle canzoni, un’ora e un quarto trascorsa in un nulla, completamente immersi nella musica del quintetto californiano. Il rapporto della band con il pubblico è pressochè nullo, ma non se ne sente la necessità, poichè gli Isis riescono a trasmettere tutto con la loro musica, ed infatti una folla incantata e decisamente soddisfatta chiede a gran voce il ritorno sul palco del gruppo, che dopo un intermezzo improvvisato sulla scia di quello che sembra essere il “nuovo sound” della band (vedi l’andatura dinamica e fluida di Not In Rivers But In Drops e Dulcinea) concede ai presenti una Celestial psicologicamente devastante, più pulita e decisamente migliore della versione su disco e degna conclusione di una scaletta quasi perfetta.

Finisce così una serata magica, anche se forse un po’ troppo breve, che mette in luce come gli Isis siano senza dubbio una band coinvolgente e di gran classe, capace di creare live come su disco atmosfere uniche.

Lorenzo “Glorfindel89” Iotti

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