Deep Purple + Fire Trails
02/03/2006 - Palalido - Milano
Il 2 marzo 2006 sarà ricordato come una data fondamentale nella storia del Palalido di Milano: gli storici Deep Purple approdano nuovamente a Milano, accolti da una folla entusiasta e numerosissima. Di supporto gli altrettanto ottimi Fire Trails, portabandiera italiani capitanati dal carismatico Pino Scotto.
Incredibile ma vero nel 2006, con una storia di diversi decenni alle spalle, i signori dell’Hard Rock, i “profondo porpora”, riescono ancora a riempire palazzetti capienti come il Palalido di Milano, dopo esser riusciti ad ammaliare più di due generazioni con le proprie composizioni.
Il concerto di questo tour, secondo eseguito in Italia, dopo quello di Roma, dei Deep Purple, viene preceduto dall’esibizione di un’ottima band di spalla, i Fire Trails di Pino Scotto. Il gruppo italiano, che vanta un ottimo chitarrista come Steve Angarthal, esecutore di assoli da manuale, ha coinvolto adeguatamente buona parte del parterre del Palalido per trenta minuti circa di un Hard’n’Heavy intenso. Le song eseguite avevano come comun denominatore il secondo album uscito per la band, ossia Third Moon.
Fra i brani eseguiti colpiscono maggiormente la grinta di Figther e l’emozione che suscita la cavalcata classica intitolata Silent Heroes, dedicata da Pino agli eroi dell’antimafia.
Scotto alla voce non sbaglia una virgola e il suo stile è quello di sempre, sporco e da vero rocker… chi lo apprezza avrà applaudito, chi non lo sopporta non avrà certo cambiato idea dopo questo show.
Peccato solo per i suoni; infatti, se la chitarra sfavillante di Steve si sentiva più che bene lo stesso non si può dire per la tastiera di Larsen Premoli, troppo in ombra. In ogni caso l’apparizione dei Fire Trails di spalla ai Deep Purple è un bel risultato per la band italiana e il responso del pubblico è apparso più che positivo.
Il concerto di questo tour, secondo eseguito in Italia, dopo quello di Roma, dei Deep Purple, viene preceduto dall’esibizione di un’ottima band di spalla, i Fire Trails di Pino Scotto. Il gruppo italiano, che vanta un ottimo chitarrista come Steve Angarthal, esecutore di assoli da manuale, ha coinvolto adeguatamente buona parte del parterre del Palalido per trenta minuti circa di un Hard’n’Heavy intenso. Le song eseguite avevano come comun denominatore il secondo album uscito per la band, ossia Third Moon.
Fra i brani eseguiti colpiscono maggiormente la grinta di Figther e l’emozione che suscita la cavalcata classica intitolata Silent Heroes, dedicata da Pino agli eroi dell’antimafia.
Scotto alla voce non sbaglia una virgola e il suo stile è quello di sempre, sporco e da vero rocker… chi lo apprezza avrà applaudito, chi non lo sopporta non avrà certo cambiato idea dopo questo show.
Peccato solo per i suoni; infatti, se la chitarra sfavillante di Steve si sentiva più che bene lo stesso non si può dire per la tastiera di Larsen Premoli, troppo in ombra. In ogni caso l’apparizione dei Fire Trails di spalla ai Deep Purple è un bel risultato per la band italiana e il responso del pubblico è apparso più che positivo.
Dopo circa mezzora di attesa, conclusi i preparativi sul palco è l’ora dei Deep Purple che escono accompagnati da filmati e luci sfavillanti, che la faranno da padrone per tutto il corso dello show, donando uno spettacolo visivo di buon livello, unito ad una sound egregio. Lo show del gruppo inglese ha come cardine primario l’ultimo album uscito, ossia Rapture Of Deep Purple, da cui vengono tratti moltissimi pezzi; inoltre grande spazio viene dato anche al classico Machine Head, di cui nel finale vengono eseguiti tre pezzi immortali uno di fila all’altro, per la precisione Space Truckin, Highway Star e Smoke On The Water.
Non si riesce però a comprendere come mai con una discografia abnorme come quella della band inglese i nostri abbiano scelto di focalizzarsi quasi interamente su due LP e questa forse rimane l’unica vera critica al concerto di questa magica serata. I battenti si aprono proprio su Machine Head con una versione eclatante di Pictures Of Home; si passa poi al periodo più recente con Things I Never Said (primo dei tanti estratti dall’ultimo album) per proseguire con la carica rokkettara di Ted The Mechanic (da Perpendicular).
Dopo i primi brani appare evidente l’ottima forma di Ian Gillan che, presentatosi vestito di nero con maglietta e calzoni, come sempre rimane a piedi nudi sul palco del Palalido. Da brividi la sua interpretazione su Rapture Of Deep Purple, sulla leggendaria Perfect Stranger e su Mary Long, alla faccia di chi dice che ormai il vecchio Ian sia alla frutta!
Altra grande sorpresa è Roger Glover, che si muove con il suo basso come un ragazzino e spesso risulta completamente “preso” da ciò che sta suonando; bellissimo il breve assolo su Smoke On The Water.
Non si riesce però a comprendere come mai con una discografia abnorme come quella della band inglese i nostri abbiano scelto di focalizzarsi quasi interamente su due LP e questa forse rimane l’unica vera critica al concerto di questa magica serata. I battenti si aprono proprio su Machine Head con una versione eclatante di Pictures Of Home; si passa poi al periodo più recente con Things I Never Said (primo dei tanti estratti dall’ultimo album) per proseguire con la carica rokkettara di Ted The Mechanic (da Perpendicular).
Dopo i primi brani appare evidente l’ottima forma di Ian Gillan che, presentatosi vestito di nero con maglietta e calzoni, come sempre rimane a piedi nudi sul palco del Palalido. Da brividi la sua interpretazione su Rapture Of Deep Purple, sulla leggendaria Perfect Stranger e su Mary Long, alla faccia di chi dice che ormai il vecchio Ian sia alla frutta!
Altra grande sorpresa è Roger Glover, che si muove con il suo basso come un ragazzino e spesso risulta completamente “preso” da ciò che sta suonando; bellissimo il breve assolo su Smoke On The Water.
Il concerto ha fatto nel frattempo registrare alcune ottime sorprese come l’esecuzione dell’inaspettata Living Wreck (da In Rock). Poi i pezzi da Rapture Of Deep Purple non si contano più, partendo dalla titletrack e passando per l’ottima Wrong Man (presentata da Ian che parla del protagonista sfortunato del pezzo) ed ancora per Before Time Began e Junkyard Blues (uno dei pochi brani sottotono).
Meritano una parentesi i piacevolissimi assoli di Morse e Airey; il chitarrista coinvolge tutti con una performance che non scade mai nel tecnicismo fine a se stesso e spesso incrocia le plettrate del suo strumento con gli altri e dà prova di gusto e spirito live.
Don Airey alla tastiera ha stupito ancor di più, utilizzando una gamma di soluzioni sonore molto ricca, passando da passaggi classici a parti rock e abbozzando anche alcuni estratti dai temi più importanti di Guerre Stellari nonché dall’intro di Mr Crawley di Ozzy.
Quando tutto sembra finito i nostri tornano ancora sul palco per salutare il pubblico con due ottimi bis, Hush (in cui si ritaglia il suo momento anche il durissimo Ian Piace con un breve ma intenso assolo) e una tellurica Black Night, cantata da tutto il pubblico.
L’uscita della band è accompagnata da un simpatico filmato in cui i membri dei Deep Purple, ad uno ad uno, entrano e vengono stipati in una cassa che verrà poi imballata con la strumentazione.
Se i Deep Purple hanno ancora questa carica possiamo star certi che vedremo ancora dei bellissimo concerti come quello di questa serata.
Meritano una parentesi i piacevolissimi assoli di Morse e Airey; il chitarrista coinvolge tutti con una performance che non scade mai nel tecnicismo fine a se stesso e spesso incrocia le plettrate del suo strumento con gli altri e dà prova di gusto e spirito live.
Don Airey alla tastiera ha stupito ancor di più, utilizzando una gamma di soluzioni sonore molto ricca, passando da passaggi classici a parti rock e abbozzando anche alcuni estratti dai temi più importanti di Guerre Stellari nonché dall’intro di Mr Crawley di Ozzy.
Quando tutto sembra finito i nostri tornano ancora sul palco per salutare il pubblico con due ottimi bis, Hush (in cui si ritaglia il suo momento anche il durissimo Ian Piace con un breve ma intenso assolo) e una tellurica Black Night, cantata da tutto il pubblico.
L’uscita della band è accompagnata da un simpatico filmato in cui i membri dei Deep Purple, ad uno ad uno, entrano e vengono stipati in una cassa che verrà poi imballata con la strumentazione.
Se i Deep Purple hanno ancora questa carica possiamo star certi che vedremo ancora dei bellissimo concerti come quello di questa serata.
Foto e report - Leonardo "Crusader" Cammi