- Paolo Larese - Voce, chitarra
- Gianni Gottardo - Drums, Synth, Programmazione
- Cristian Milani - Chitarre, Synth, Tastiere, Cori, Programmazione
- Filippo Testolina - Basso
- Giulio Farigliosi - Tastiere, Synth, Programmazione
1. L’imbarazzo Della Seconda Scelta
2. Ego
3. Lividi
4. Please
5. Ogniqualvolta
6. Neutrale
7. Nice Day
8. Pas Q
9. L’Uomo Con La Porta
10. Anestetico
Lividi
Nascono nel Febbraio 2001 a Padova ed inizialmente si fanno chiamare Fujiko. Dopo un demo, diverse date live e l’incontro con la piccola etichetta Blackcoffee Records, la band cambia il nome in Yumiko e comincia la produzione del proprio debutto ufficiale: Lividi.
L’amalgama electro-pop proposta non si discosta molto dal sound proposto dai Depeche Mode più commerciali, benché le sperimentazioni quasi-industrial di quest’ultimi vengano ignorate a favore di strati di chitarroni distorti ed un impostazione più diretta. L’influenza, comunque, è palese ed emerge ovunque.
Il cantato in italiano unito a bizzarrie sintetiche e programming mi ricorda invece i Bluvertigo, soprattutto grazie all’estetica “darkeggiante” che il gruppo propone a livello puramente musicale, pescando a piene mani dagli anni ’80 senza dimenticare l’alternative rock moderno.
I brani sono tutti molto curati e puliti, ma il loro essere così perfetti li rende spesso freddi e distanti, troppo dipendenti da artifici da sintetizzatore ed improntati su di una “orecchiabilità a tutti costi” : voci in primissimo piano e ritornelli con rime onnipresenti che confezionano tutte le canzoni come possibili singoli, a scapito di episodi più profondi e riflessivi, da apprezzare sulla lunga distanza.
La struttura classica da canzone pop basata sull’alternarsi di strofe in secondo piano rispetto all’impatto melodico/strumentale dei ritornelli viene rispettata quasi sempre, e spesso viene quasi il dubbio che gli Yumiko siano quasi più associabili a band come La Crus piuttosto che ai Depeche Mode, ovviamente velocizzati, aiutati da distorsori e melodie più catchy, e proposti attraversi questi suoni che di analogico hanno ben poco.
Impossibile comunque negare che le potenzialità commerciali di un brano come L’imbarazzo della seconda scelta (forse miglior episodio della tracklist) siano decisamente imponenti e difficilmente ignorabili, senza dimenticare che con le successive Ego e Lividi, si crea una sequenza di radiofonicissimi singoli che si auto-installano con una rapidità mostruosa nella memoria di chi apprezza in particolar modo questo genere di pop-rock deviato da malessere sintetico.
Batterie che suonano come drum-machines e viceversa, archi, chitarre e un basso mai protagonista assoluto ma totalmente necessario, intessono un corposo tappeto sonoro dal quale è possibile separare mentalmente ogni singolo strumento, mentre una voce sempre ben intonata e pulita disegna armonie solide e ricordabili, creando, in alcune canzoni un equilibrio “commercialmente” perfetto. Tuttavia, anche se nel discorso sono coinvolti diversi elementi che potrebbero portarvi ad accostare gli Yumiko ai Subsonica, toglietevelo subito dalla testa perché, mentre la band di Torino si è progressivamente spostata verso una dimensione più disco senza perdere la propria personalità (che piaccia o non piaccia), i primi si sbilanciano senza possibilità di ritorno verso il pop da classifica in stile Negramaro travestito con un elettronica talvolta invadente, con suoni che potrebbero risultare “repellenti” a tutti quegli ascoltatori che associano il rock a suoni rudi, grezzi, sporchi e all’imprevedibilità durante i live.
Forse l’unico, ingombrante, difetto di questa band è proprio l’eccessiva artificiosità delle canzoni, l’impostazione troppo “telefonata” e prevedibile di ogni brano, tutto suonato, registrato e soprattutto programmato bene, seguendo patterns precostruiti applicati a differenti melodie.
Commercialmente potrebbe essere esplosivo grazie alle convincenti melodie, ma a livello puramente stilistico e musicale non introduce assolutamente nulla di nuovo, anzi.