Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Gioele Nasi
Genere: 
Etichetta: 
Moonfog Productions
Anno: 
1995
Line-Up: 

- Satyr (Sigurd Wongraven) - Voce, Cori, Chitarre, Basso, Effetti, Sintetizzatori aggiuntivi, Munnharpe

- Ihsahn (Vegard Sverre Tveitan) - Pianoforte, Sintetizzatori

- Hans K.K. Sørensen - Batteria, Percussioni



Tracklist: 



1. Det Var En Gang Et Menneske (16:33)

2. Over Ødemark (03:12)

3. Opp Under Fjellet Toner En Sang (01:24)

4. Tiden Er En Stenlagt Grav (08:07)

5. Fra Fjelltronen (03:21)

Wongraven

Fjelltronen

Musica dalle tinte atmosferiche e medievali, copertina firmata Theodore Kittelsen, Satyr nel momento più sfolgorante della propria parabola artistica: è questo il progetto Wongraven, che ha avuto come sua unica rappresentazione questo full length datato 1995, Fjelltronen (‘il trono della montagna’).
Un disco che si erge fra i molti tentativi, da parte degli artisti Black del periodo, di realizzare un disco di musica Ambient: Mortiis lo faceva già da qualche anno con la sua band principale e con vari progetti paralleli (tra cui i fenomenali Fata Morgana), Vikernes inseriva brani di questo tipo nei suoi dischi e avrebbe successivamente adottato questa formula per i suoi –scarsi– dischi post-"Filosofem", Fenriz sperimentava in questo campo con i suoi Neptune Towers, Ildjarn l’avrebbe fatto di lì a poco con il doppio album “Landscapes”.

Sigurd “Satyr” Wongraven, all’apice –artisticamente parlando- della sua carriera (in quel momento i Satyricon pubblicavano i migliori dischi della loro storia e il progetto Storm stava per incidere uno dei più passionali dischi di Folk Metal mai registrati), decide quindi di scendere anch’egli in campo con un progetto di musica Ambient, d’atmosfera; chiamato accanto a sé un altro “grande” della scena Black del periodo, Ihsahn degli Emperor, per farsi aiutare nelle parti di pianoforte, tastiera e sintetizzatori, e completata la line-up con il misconosciuto Hans K.K. Sørensen alle percussioni, Satyr realizza un disco che mostra la sua vena più calma e introspettiva, voltando le spalle alla furia Black che caratterizzava la sua band madre, e ampliando invece a dismisura le ambientazioni atmosferiche e naturalistiche che costituivano una parte minoritaria nel suono dei Satyricon.

“Fjelltronen” è un affascinante e godibile affresco, pensato per chi ama perdersi nei paesaggi del grande Nord: un Nord riportato in musica privilegiando le tinte della tradizione e della nostalgia, presentato quindi nella sua versione più medievale, fredda, misteriosa: “Fjelltronen” non è un capolavoro di chissà quali dimensioni né pretende di nascondersi dietro chissà quali riscoperte ideologico/culturali, e non voglio presentarvelo come il disco Ambient definitivo: ma è un disco capace di rapire l’ascoltatore e di metterlo di fronte a quei maestosi paesaggi che la Natura offre, e tanto basta per renderlo appetibile all’acquisto per tutti gli amanti di queste sonorità prettamente scandinave.
Come da copione, protagoniste della recita sono le tastiere di Ihsahn e Satyr, che costruiscono sia il tappeto atmosferico che le melodie portanti di ogni singola traccia; a contendere loro il ruolo di dominatrici sono il pianoforte di Ihsahn, indiscutibile sovrano nella breve e sognante “Over Ødemark”, e la tonante voce di Satyr, indicativamente abbastanza simile a quella usata negli Storm, ma riadattata in una versione più declamatoria, corale e maestosa; a completare il quadro sono le percussioni di Sørensen, sempre puntuali nell’enfatizzare i momenti più grandiosi o nell’accompagnare discretamente le melodie più intime.

Masterpiece del disco è senza dubbio l’iniziale “Det Var En Gang Et Menneske”, che copre da sola metà della durata totale del disco, un quarto d’ora di sogni e ricordi, in cui Satyr dà il meglio di sé, tracciando un sentiero che l’ascoltatore segue, catturato dalla sua voce e dalle tastiere magnetiche e sognanti: particolarmente efficace è il settimo minuto, in cui un dolcissimo ma malinconico arpeggio di chitarra acustica introduce un coro possente, mentre le tastiere riprendono, a poco a poco, il predominio sulla scena con mosse lente ed avvolgenti: uno dei momenti più emozionanti del lavoro.
La seconda metà del disco trascorre calma e introspettiva, e meritano una segnalazione sia la già citata “Over Ødemark”, ipnotica e con un ottimo lavoro di pianoforte e cori, che la quinta, favolosa, quasi-titletrack “Fra Fjelltronen”, con le migliori melodie di tastiera di tutto il disco e un buon lavoro percussionistico: sono brividi che arrivano da altri tempi, e che ho ritrovato con una chiarezza così esplicita (seppur in forma diversa) solo nei primi dischi dei conterranei Ulver.

Disco che può essere apprezzato solo da un pubblico estremamente ristretto, ma comunque troppo spesso dimenticato e svalutato, “Fjelltronen” è invece una prova efficace e ben composta, molto più coinvolgente e interessante di altre produzioni simili (ma meno elaborate) venute fuori da quella scena: dopo i primi, seminali e fondamentali lavori di Haavard Elefsen (dei sopraccitati Mortiis e Fata Morgana), questo è il disco che consiglierei a chi volesse addentrarsi in quella serie di lavori di musica atmosferica che furono partoriti dalle menti dei vari leaders della scena Black Metal norvegese dei primi anni ’90.
Nota finale: sono caldamente raccomandati un ambiente silenzioso, oscurità, cuffie e predisposizione all’ascolto. Al resto, nella mezz’ora successiva, penseranno Satyr, Ihsahn e Sørensen.
Avvolgente.

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