Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Gravenimage
Genere: 
Etichetta: 
Massacre Records/Audioglobe
Anno: 
2006
Line-Up: 

- Henrik Warschau - voce
- Sebastian Schmidt - chitarra
- Magnus Will - chitarra
- Martin Mußmann - basso
- Lisa Hinnersmann - violino, voce
- Philipp Wende - batteria
- Bernd Seestaedt - narratore

Tracklist: 

1. Haushoch turmten sich die Wellen...
2. Weltendammerung
3. Binnen weniger Monate...
4. Land der Nacht
5. Nehmt diese Opfer...
6. Die Elasaj
7. Noch in derselben Nacht...
8. Ein letztes Mal
9. Viele Monde...
10. Flammentanz
11. Viele lie?en ihr Leben
12. Leid und Qual
13. Noch ein Mond...
14. ...wenn das Ende naht
15. Er totete noch viele...
16. Der Hoffnung-Tod
17. Und irgendwann...
18. Ein stiller Schrei

WinterDome

Welten Dämmerung

Prima uscita discografica per i teutonici WinterDome, che dopo un lungo periodo di silenzio dal rilascio dell’EP Moravian (Or A God’s Dawn), vecchio ormai di otto anni, si lanciano in un ambizioso progetto dove musica e racconto epico si uniscono in un'unica opera in cui il metal orchestrale diventa strumento espressivo a servizio del racconto stesso.
Il gruppo originario di Hannover, nel corso delle diciotto tracce di Welten Dämmerung (letteralmente “Il Crepuscolo Del Mondo”), alterna al racconto parlato di un abile narratore, pezzi musicali in uno stile che ricerca le proprie influenze in un misto di elementi gothic metal di stampo Tristania, di death metal sinfonico alla Haggard, non disdegnando qualche passaggio più melodico e atmosferico.
I nostri hanno scelto come lingua il tedesco, e in effetti tutto il concept (perché di concept si tratta) è interpretato dalla voce incisiva e incalzante del narratore, che si alterna al cantante Henrik Warschan, altrettanto espressivo nel suo tagliente growl in lingua germanica, del resto perfetta a livello puramente fonetico per parlare di battaglie. E non solo. Perché il tedesco ha anche una sua particolare musicalità e liricità, che permette anche ai passaggi più melodici, in cui alla voce da basso di Henrik si affianca la voce della violinista Lisa Hinnersmann, di risultare densi di emozioni, o se non altro degnamente espressivi.

Purtroppo risulta difficile accostarsi e valutare appieno il contenuto dell’opera, date le difficoltà che si incontrano a interpretare i testi, almeno per chi non ha padronanza del tedesco, ed è un peccato perché, come già detto, la parte narrativa ha un peso enorme nell’ascolto: in fondo un quarto della durata complessiva del lavoro è occupata dal narratore, accompagnato solo da clangori di spade e scudi, da tuoni e rumori di frana, da gemiti e grida, ovviamente volti a rendere più avvincente la storia. Senza contare che, dalle informazione datemi, pare che i WinterDome abbiano pensato, tolkieniamente a tutto, vale a dire che il mondo in cui si svolge la loro epopea è estremamente dettagliato, presentando una propria religione, cultura e addirittura una lingua creata a tavolino. Storia che è trascritta, come per i Rhapsody, nella sua totalità sul booklet, che anche nelle sue illustrazioni dimostra la cura dei nostri per il dettaglio e l’adeguata presentazione della vicenda in tutti i suoi aspetti, anche grafici, con dei bellissimi disegni eseguiti magistralmente dal disegnatore in modo sfumato, tanto da sembrare schizzi incompleti, pezzi di storia che emergono e colpiscono l’immaginazione stimolandola, senza viziarla con disegni coloratissimi e dettagliati.

La nostra saga fantasy è magistralmente interpretata da ottimi musicisti, che si distinguono anche per una certa originalità nel songwriting, che non ricerca le orchestrazioni barocche e sfolgoranti del power metal sinfonico, ma procede ad un ritmo più serrato e lineare. Ogni pezzo è comunque snellito da parti più atmosferiche di tastiera, elettronica o violino, con l’uso di quest’ultimo che ricorda i Tristania nel loro tratto più morbido, come nell’esordio di Die Elasaj. Insomma l’epic metal incontra il gothic, forse perdendo qualcosa in quanto a carica espressiva, specialmente in relazione al tema proposto e, in generale, alla finalità dell’opera. Ad ogni modo il disco predilige un sound omogeneo e diretto, con una batteria cadenzata, le chitarre che, se non raramente, non si impongono con riff elaborati, lasciando che a guidare l’ascolto siano il violino e il pianoforte, oltre che le voci dei cantanti e del narratore. Ma in realtà ogni traccia è diversa dalle precedenti, tanto da sorprendere ogni volta per qualche piccola sorpresa, come assoli di una certa classe chitarristica, parti in cui sembra di sentire passaggi incredibilmente simili, a livello stilistico, ai già citati Rhapsody, o a realtà come My Dying Bride e vecchi Paradise Lost. Una buona arma sono le caratteristiche da ballata medievale che certi brani, la decima Flammentanz su tutte, presentano, con il violino della Hinnersmann che trasporta l’immaginazione in un mondo arcaico, proprio valendosi di sonorità che nell’immaginario si accostano giustamente all’antico.

Un esordio di una certa classe insomma, che mette le giuste premesse per uno sviluppo che si preannuncia interessante. La cosa importante è che i nostri potenzino ulteriormente l’impatto emotivo musicale, che band che si sono lanciate nello stesso tipo di progetti, come i Kamelot di Epica, o ancora più appropriatamente gli Haggard di Eppur Si Muove, hanno centrato perfettamente, tanto da trasmettere brividi e partecipazione anche senza prendere in esame i pur splendidi testi. Consigliato a tutti gli estimatori di fantasy, di sonorità che uniscono il violino al power-chord, e ancora di più a chi ha una buona conoscenza della lingua di Goethe: quest’ultimo si divertirà più di tutti.

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