- Kaj Michelsson - basso, voce
- Jani Luttinen - chitarra
- Wellu Helenius - batteria
- Sakari Lempinen - chitarra
1. Suicide Manual
2. Rejected
3. One More Way 04. Downward Groove
5. Instrumental
6. The Elbow of Zeus
7. Good For Nothing
8. Mindless Wrecking Progress
9. Death-A-Holic
10. Nailgun
Death-A-Holic
Che la Finlandia sia una nazione prolifera di metal band dedite al death melodico non è certo una novità; capitanate infatti dai Children Of Bodom, combo di caratura internazionale, nel corso degli ultimi anni sul suolo scandinavo si è visto il nascere di decine e decine di realtà quali Norhter, Kalmah, Wintersun e Omnium Gatherum, tanto per citarne alcune. La Finlandia, tuttavia, da i natali ad una band che non ha mai davvero sfondato all'estero, i The Wake. Formatisi nel 1998 con un altro nome, il combo ha una gavetta di più di cinque anni prima di essere notato dalla Spikefarm, la sezione della Spinefarm gestita da Sami Tenetz, ex Thy Serpent (stesso scopritore di Alexi Laiho e degli Inearthed, NdR). Dopo dunque l'esordio nel 2003, i Finnici bissano nel 2005 con Death-A-Holic, piccolo capolavoro che per una serie di motivi, come accennavo in precedenza, non riuscirà mai "a dar a cesare cio che è di Cesare".
La compagine di Kaj si rifà a dettami di puro gothemburg, a differenza delle altre realtà finlandesi che suonano più classiche e articolate, anche per mezzo della tastiera, strumento assente nel combo di Karjaa. Durante lo scorrere dei brani si ha davvero la sensazione di trovarsi di fronte ad un gruppo svedese, che vede in Arch Enemy (periodo Liiva), Dark Tranquillity e The Duskfall i principali modelli.
Veniamo ai dettagli della release; l'album si apre fulmineo, grazie alle due canzoni di punta Suicide Manual e Rejected: la prima traccia rappresenta il dogma dei The Wake, riff stretti e assimilabili, ben sostenuti ritmicamente dal drummer Helenius, che sfociano poi nel classico guitar solo di matrice svedese, dal sound, e dall'impatto, collaudato. Nella successiva traccia, che non sconvolge quanto già detto riguardo la precedente, l'assolo risulta meno originale, anzi, non c'è da stupirsi se un certo Michael Amott ne richiedesse la paternità. Il discorso originalità è forse una pecca del combo, esattamente come quello della varietà; le canzoni che si susseguono non si discostano particolarmente tra loro, ma questo fattore non è da giudicare negativamente, ma addirittura l'opposto.
Per una cinquantina di minuti scarsi i The Wake ci propongono un death melodico di assoluta ottima fattura, riconducibile ai canoni tradizionali svedesi e per questo facile da ascoltare, capire ed apprezzare.Tuttavia questo potrebbe risultare un arma a doppio taglio, in quanto i non incalliti proseliti del gothemburg di una band come loro riescono a farne assolutamente senza; questo è uno dei problemi principali sulla fortuna della band (stesso identico problema capitato agli svedesi Withering Surface, NdR), ovvero il fatto di produrre un sound talmente mirato e unico da passare per monotono se non si è degli "intenditori". Non mancano comunque segnali positivi in questo Death-A-Holic, come la quinta traccia Instrumental, dove le note sostituiscono le parole, creando davvero azzeccate soluzioni, per un pezzo di ottima caratura. Superata la metà del disco, si ritorna ai riff gothemburg e alle batterie incalzanti, corrose dalla voce di Kaj e dai duetti di Sakari e Jani alle chitarre. A chiudere il full Nailgun, brano ispirato, o dedicato, agli In Flames; ne basti sentire brevemente l'introduzione per riconoscerne il tocco.
C'è da dire che a celare la band nel panorama internazionale oltre al fattore originalità c'è anche stata una concorrenza smisurata in quanto ad album blasonati usciti negli stessi mesi: nel 2005 infatti escono Are You Dead Yet? dei Children Of Bodom, Character dei Dark Tranquillity, Stabbing The Drama dei Soilwork e Doomsday Machine degli Arch Enemy.
Riassumendo, all'album va assolutamente prestato ascolto, è un diamante grezzo non originalissimo ma di ottima fattura. Tuttavia la band ha comunicato ufficialmente il proprio scioglimento, quindi sarà difficile risentirli all'opera