- Ulf Theodor Schwadorf (Markus Stock) - chitarra, basso, tastiera
- Allen B. Konstanz (Tobias Schönemann) - voce, batteria, tastiera
1. The Drama Of The Wicked(02:12)
2. Secrecies In Darkness (04:25)
3. Carpathia (05:15)
4. Dreams In The Witchhouse (05:38)
5. Sister Najade (The Tarn By The Firs)(04:47)
6. The Curse Of Arabia (05:21)
7. Kutulu! (04:41)
8. The Charm Is Done (09:38)
Carpathia
Giunti al secondo album di studio, i The Vision Bleak di Konstanz e Schwadorf compiono il grande salto di qualità: se nella prima release si potevano già ammirare alcuni spunti sinfonici di stampo orrorifico dall’atmosfera malvagia, in Carpathia tali soluzioni vengono amplificate e trovano risposte ancora più valide. Il sottotitolo dell’opera, A Dramatic Poem, già spiega il contesto in cui i due musicisti tedeschi svilupperanno gli otto capitoli in cui il lavoro è diviso: il concept concepito tratta di un uomo d’affari che ha ricevuto in eredità dalla sua famiglia alcuni possedimenti nella misteriosa regione della Carpazia e tutto l’album è un viaggio che corre parallelamente alle esperienze del protagonista, su cui è caduta una maledizione che lo renderà posseduto.
Malefico ed arcano è l’alone tessuto nelle diverse tracce di Carpathia, un Gothic ricco di elementi sinfonici, lirici, che non disdegnano spesso un approccio tendente a sonorità Black atmosferico. Il concept, strutturato come una tragedia, dopo l’apertura di The Drama Of The Wicked, si abbandona ai timbri incisivi di Secrecies In Darkness, ritmato episodio dove le tastiere d’archi in sottofondo conferiscono una dimensione mistica ed inquietante al tempo stesso: la voce clean è determinata, poetica e quasi lirica, definendo delle linee fredde ed agghiaccianti.
Gli interventi della voce femminile rendono il lavoro ancora più vario ed elaborato nella sua originalità di base, mentre le distorsioni delle chitarre diventano a tratti acide e roboanti nel loro vorticoso incedere.
La parte strumentale delle tastiere rimane comunque il punto di forza del disco, come dimostrano capitoli come la title-track o Dreams In The Witch-House, entrambe pienamente adatte al carattere Horror Metal dei The Vision Bleak.
Come già in The Deathship Has A New Captain, i temi di pianoforte scandiscono il ritmo di alcune composizioni: questo tratto è visibile nella splendida Sister Naiade (The Tarn By The Firs), in cui l’andamento della batteria rende ancora più angosciante il timbro della band; sono questi i pezzi dove emerge l’influenza del Gothic Rock degli anni Ottanta, anche perché la voce di Konstantz si fa oscura e penetrante, simile al tono del grande Eldritch dei Sisters Of Mercy.
Non manca un certo feeling orientale in The Curse Of Arabia, pur filtrato dalle usuali risposte gotiche e avant-gardistiche delle chitarre, che fanno avvicinare i The Vision Bleak a celebri acts come Therion e Arcturus.
Veloce e inarrestabile è l’altrettanto coinvolgente Kutulu!, irruente ed aggressiva nel suo riffing, quanto soave e sospesa nell’inserimento della voce lirica femminile: la parte centrale dalle tendenze primitive ed etniche è sicuramente un aspetto inatteso, che sorprende l’ascoltatore, rapito dal personale stile dei The Vision Bleak.
Il compito di concludere l’album è affidato a The Charm Is Done, complesso pezzo che intreccia ispirazioni e generi musicali diversi (non trascurando neppure un certo mood Death), pur conservando l’assetto spaventoso e teatrale che ha intriso l’intero Carpathia.
Non rimane pertanto che esprimere un giudizio positivo riguardo al secondo full-lenght del duo tedesco nato sulle ceneri degli Empyrium, perché il progetto è in grado di costituire una realtà nuova e particolare in un panorama estremo ormai dilaniato da proposte tutte simili fra loro.
Un plauso va in definitiva anche alla Prophecy Records che ha creduto in Schwadorf nonostante lo scioglimento degli Empyrium: la genialità del compositore teutonico emerge difatti chiara ed evidente in Carpathia, opera che non deluderà di certo i fans più accaniti di Gothic ed Avantgarde.