- Vintersorg (Andreas Hedlund) - Voce, Cori, Chitarra solista, ritmica ed acustica, Basso
Ospiti:
- Vargher – Tastiere, Programmazione Drum-Machine
- Cia Hedmark – Voce femminile in "Isjungfrun" e "Fångad Utav Nordens Själ"
- Andreas Frank - Chitarra solista in "För Kung Och Fosterland" e "Asatider"
- Nisse Johansson – Tastiere aggiuntive
1. Rundans
2. För Kung och Fosterland
3. Vildmarkens Förtrollande Stämmor
4. Till Fjälls
5. Urberget, Äldst av Troner
6. Hednad i Ulvermånens Tecken
7. Jökeln
8. Isjungfrun
9. Asatider
10. Fångad Utav Nordens Själ
Till Fjälls
"Till Fjälls, Till Fjälls där storm mig famnar
Till Fjälls, Till Fjälls vakad av ramnar"
"Verso le montagne, verso le montagne
dove le tempeste mi abbracciano
Verso le montagne, verso le montagne
guidato dai corvi"
Spontaneo, sincero, coinvolgente: è il canto che si propaga dall’innevata copertina e dal booklet letteralmente ricoperto di ghiacciai e monti, ma soprattutto dalle dieci perle di questo disco; è il canto di Andreas Hedlund (in arte Vintersorg), il canto di un guerriero che, richiamati i suoi compagni alla battaglia, si ferma a contemplare le bellezze della sua terra, trascurando le leggende folkloristiche degli Otyg per abbandonarsi alla descrizione della natura, istintivamente esaltando il lato più poetico ed invernale di quest'ultima.
Il Pagan Metal di “Till Fjälls” riprende il sentiero ghiacciato già segnato da “Hedniskhjärtad” , riproponendo le superbe aperture epiche pronte a spezzare le raggelanti e battagliere sfuriate Black Metal, unendo i distesi intermezzi acustici e le vocals femminili alla sua voce unica, potente ed evocativa, arrivando a realizzare quello che, ad oggi, è il miglior episodio dei Vintersorg “pagani”, dei Vintersorg pre-svolta avantgarde, dei Vintersorg tradizionalmente naturalistici: oltre a tutto ciò, anche uno dei dischi più ispirati della scena Folk-Viking-Pagan di fine millennio.
I tappeti di tastiere e le veloci chitarre di matrice Black eccellono nella creazione di melodie e riff, variando costantemente e permettendo alle vocals rimate di Andreas di prendere il proscenio e dare spettacolo sia durante le istintive accelerazioni (accompagnate solitamente da un gelido cantato in screaming) sia durante le parti rallentate e pompose, caratterizzate da un approccio vocale più caldo e solenne.
E’ così che nascono brani di intensità clamorosa, in continua evoluzione e dalle trovate sorprendenti: una di queste è l’inserimento di melodie tratte da “L’Antro del Re della Montagna” del compositore classico Edvard Grieg in “För Kung och Fosterland” (“per il Re e la Patria”), traccia in cui vengono dipinti in tutta la loro maestosità i paesaggi del Nord, descritti dagli occhi di fedeli soldati mentre giurano lealtà alla propria terra prima di scendere in battaglia. Episodi di questa caratura sono comuni per tutta la durata del cd, in cui lo stile rimane omogeneo ma non per questo povero di soluzioni soddisfacenti: di volta in volta vengono accentuati tratti vicini al Metal d’estrazione Folk (“Vildmarkens Förtrollande Stämmor”), Black (“Jökeln”, unico brano sottotono) o Epic (l’auto-celebrativa “Asatider”), lasciando alla sola “Hednad i Ulvermånens Tecken” il compito di estraniarsi dal registro stilistico generale – l’ultima traccia citata è una ballata breve e dolce, intimamente pagana, i cui unici protagonisti sono la voce solista, i tristi cori e un dimesso accompagnamento pianistico.
Particolare menzione meritano però due brani in particolare, per via della loro qualità stupefacenti: il primo di questi è la title track “Till Fjalls”, il brano più conosciuto di questo progetto. Il giro di piano iniziale, ripetuto prima lentamente e poi più rapidamente (un po’ come accade in “Black Diamond” degli Stratovarius, se mi passate un paragone blasfemo quanto efficace) è spina dorsale e scheletro cui si aggiungono chitarre fredde come il vento del Nord, una batteria indiavolata, una voce appassionata quanto superba, strofe clamorosamente evocative e poetiche, un ritornello immediato e di enorme impatto, una sezione acustica che spacca in due il brano ed infine una coda logorroica ma efficace per calmare le acque.
L’altra gemma del disco è l’ottava “Isjungfrun”, in cui il ruolo della ‘vergine di ghiaccio’ viene assunto da Cia Hedmark, violinista degli Otyg: è questo un brano-manifesto, talmente eclettico che potrebbe fare da biglietto da visita per tutto quanto il genere Pagan-Viking; una varietà vocale straordinaria (le soavi note dell’ugola delicatissima della Hedmark, i rugosi scream, le sostenute e sincere interpretazioni in clean vocals di Andreas) è solo la ciliegina sulla torta di un brano che, dopo un’introduzione acustica, alterna l’ombra della foresta alla luminosità dei ghiacciai, che unisce l’impetuosa e naturale bellezza dell’alba, cantata da un Vintersorg mai così sognante, con l’eleganza della notte del Nord e la grazia della sua principessa, i cui delicati cori sono un balsamo per le orecchie ed il cuore dell’ascoltatore.
“Till Fjälls” è l’ideale punto di partenza per chi vuole approfondire l’ascolto del Vintesorg ‘prima maniera’, nonché probabilmente il punto qualitativamente più alto mai raggiunto dallo stesso artista svedese in tutta la sua poliedrica carriera: pietra miliare del Viking Metal, inteso primariamente come genere musicale e non lirico, “Till Fjälls” è un fiero portabandiera, un araldo orgoglioso di un modo di intendere il Pagan-Viking Metal che negli ultimi anni ha forse perso smalto, troppo spesso cedendo il passo a facilotte venature Power o tetri tradizionalismi Black: molto, troppo spesso, il ‘compromesso’ raggiunto da “Till Fjälls” è ancora lontano dall’essere non addirittura superato, ma anche solo imitato con classe adeguata.